Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 2 febbraio 2016, n. 1990
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. MATERA Lina – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24409-2009 proposto da:
(OMISSIS) & C SNC (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS) (OMISSIS), in persona dell’Amministratore p.t. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo STUDIO LEGALE (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SRL, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 136/2009 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 25/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/12/2015 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del resistente che ha chiesto di riportarsi agli scritti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa che ha concluso per l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La societa’ (OMISSIS) snc proponeva appello avverso la sentenza, n. 464 del 2007 del Tribunale di Trento con la quale era stata condannata a risarcire i danni al Condominio (OMISSIS) ed ad alcuni condomini per gravi difetti nell’edificio e negli appartamenti venduti.
In particolare, la sentenza veniva censurata per avere erroneamente ritenuto la (OMISSIS) costruttrice dell’immobile e non soltanto venditrice e, conseguentemente, applicata la disposizione di cui all’articolo 1669 codice civile.
Irrilevante ai fini dell’applicazione della normativa invocata dal Condominio e dai Condomini era la circostanza che essa societa’ aveva quale committente dell’esecuzione dei lavori dato incarico a quattro imprese, nominato il direttore dei lavori perche’ non aveva mantenuto quel potere di controllo che costituiva ragione dell’attribuzione, nonche’ al committente della responsabilita’ propria del costruttore. Irrilevante era, altresi’, la circostanza che il progetto era stato predisposto su cura ed iniziativa della societa’ (OMISSIS) perche’ il progetto era stato realizzato in via autonoma da un professionista.
La sentenza era altresi’ erronea perche’ non aveva accolto l’eccezione di decadenza sollevata tempestivamente dalla societa’. La denuncia era conseguentemente avvenuta tardivamente. La sentenza si era basta sulla consulenza tecnica tuttavia tale perizia era fondata su mere ipotesi contraddette dal perito di parte. In particolare non era possibile che le infiltrazioni di acqua potessero passare attraverso la soletta in cemento armato dei balconi. In ogni caso, il condominio non era legittimato a chiedere il risarcimento per i costi da sostenere per la sistemazione dei singoli balconi che erano di esclusiva proprieta’.
Si costituivano in giudizio il Condominio (OMISSIS), (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Espletata la necessaria istruttoria, la corte di Trento con sentenza n. 136 del 2009 respingeva l’appello e confermava la sentenza di primo grado, condannava l’appellante al pagamento delle spese giudiziale del grado.
Secondo la Corte di Trento, andavano esclusi dagli atti del giudizio i documenti presentati tardivamente dalla societa’, (OMISSIS) dai quali sarebbe risultato, secondo la societa’ appellante che la conoscenza effettiva dei vizi risaliva ad alcuni anni prima. Pertanto nel giudizio de quo non vi era prova che la conoscenza dei vizi non fosse riconducibile al tempo della comunicazione della perizia (OMISSIS) come sosteneva la parte appellata. Ad avviso della Corte distrettuale societa’ (OMISSIS) aveva mantenuto nella realizzazione dell’edificio un ruolo di tale ed assoluta preminenza che la allontanava decisamente dalla figura del committente, per identificarlo pienamente con la figura ben piu’ conosciuta dalla giurisprudenza quale venditore costruttore (indiretto).
La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta da (OMISSIS) Due Due snc di Zeni Maurizio e C. con ricorso affidato a due motivi. Il Condominio (OMISSIS) ha resistito con controricorso. (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
All’udienza del 26 marzo 2015 questa Corte rinviava la causa a nuovo ruolo, assegnando all’amministratore termine per la produzione della Delib. condominiale che autorizzava l’amministratore a stare in giudizio. Tale onere risultava soddisfatto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.= Con il primo motivo del ricorso la societa’ (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione di diritto in relazione all’articolo 345 codice procedura civile, comma 3. Avrebbe errato la Corte distrettuale, secondo la ricorrente, nell’aver escluso dai documenti del processo, il verbale dell’assemblea condominiale del 22 luglio 1999 perche’ non depositato unitamente all’atto di appello ma in una udienza successiva, perche’ non ha tenuto conto: a) che il divieto di cui all’articolo 345, comma 3 (nella versione successiva alla novella del 1990 ed anteriore alla modifica apportata dalla Legge n. 69 del 2009 concerneva esclusivamente le prove costituende e non anche i documenti. Cio’ risulterebbe confermato dalla modifica apportata dal comma 18 della Legge n. 69 del 2009, articolo 46 che estende il divieto di produrre nuovi documenti in grado di appello confermando pertanto che, gia’ prima la produzione di nuovi documenti nel grado di appello fosse possibile.
b) La Corte distrettuale non avrebbe considerato, sempre secondo la ricorrente, dell’orientamento di questa Corte espresso in numerose sentenze secondo il quale in grado di appello i nuovi documenti possono essere prodotti sino alla rimessione della causa al Collegio.
c) E, comunque, la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto che la ratio sottesa al divieto di produzione di nuove prove sarebbe quella di garantire il contraddittoria e la celerita’ del processo, nel caso concreto la produzione del verbale del 22 luglio 1999 all’udienza dell’8 luglio 2008 non aveva impedito l’immediata e completa instaurazione del contraddittorio ne’ ostacolato la celerita’ del processo senza dire che il documento era perfettamente conosciuto da controparte.
d) In caso in cui si dovesse ritenere tardiva la produzione del documenti di cui si dice, secondo il ricorrente, sarebbe, comunque, necessario tenere conto, dell’indispensabilita’ del documento ai fini del giudizio.
Pertanto, conclude la ricorrente, dica la Corte di Cassazione:
a) se l’inammissibilita’ di nuovi mezzi di prova in grado di appello di cui all’articolo 345 codice procedura civile, comma 3 nella sua formulazione anteriore alla modifica introdotta dalla Legge n. 69 del 2009, articolo 46, comma 18 concerne soltanto le prove costituende avverso si estende anche a documenti.
b) se la produzione in grado di appello di un documento indispensabile ai fini della decisione non contestualmente al deposito dell’atto di citazione di appello ma in una udienza successiva (e comunque prima che le conclusioni siano precisate e la causa sia trattenuta in decisione, debba ritenersi tempestiva essendo la produzione in giudizio ammissibile sino alla rimessione della causa al Collegio.
c) Se nella fattispecie in esame in cui il documento indispensabile ai fini della decisione della causa (verbale assemblea condominio (OMISSIS) del 22 luglio 1999) da un lato non e’ stato prodotto contestualmente al deposito dell’atto di citazione di appello, ma in udienza successiva (comunque prima che la causa fosse trattenuta in decisione) dall’altro era gia’ nota a controparte sin dal primo grado del giudizio, sia con riguardo al suo contenuto che alla rilevanza giuridica che ad esso attribuiva l’appellante ai fini della decisione della presente causa, la produzione non contestuale al deposito dell’atto di citazione di appello debba, comunque, ritenersi tempestiva non essendo, comunque, state, per le ragioni sopra esposte; pregiudicate ne’ le esigenze di celerita’ del processo ne’ la completa ed immediata instaurazione del contraddittorio.
1.1.= Il motivo e’ infondato.
La decisione della Corte distrettuale, qui impugnata, va confermata perche’ ha correttamente applicato la normativa di cui all’articolo 345 codice procedura civile cosi’ come chiarita e interpretata da Corte in piu’ occasioni e, intanto, dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8203 del 2005, che qui si conferma in ogni sua indicazione ed implicazione. Come e’ stato chiarito dalla Sezioni Unite di questa Corte: nel rito ordinario, con riguardo alla produzione di nuovi documenti in grado di appello, l’articolo 345 codice procedura civile, comma 3 va interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilita’ di mezzi di prova nuovi (la cui ammissione, cioe’, non sia stata richiesta in precedenza) e anche delle produzioni documentali indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola. In particolare ha chiarito questa Corte, ai sensi dell’articolo 345 codice procedura civile, la produzione di documenti “nuovi” e’ subordinata a due essenziali condizioni: ai che essi siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione degli stessi nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado (a meno che la loro formazione non sia successiva e la loro produzione non sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo); b) che il giudice ritiene che gli stessi (documenti) siano indispensabili per la decisione.
Ora, nel caso in esame, la ricorrente non ha osservato nessuno dei principi qui esposti: sia perche’ non ha prodotto il documento di cui si dice con l’atto di appello, sia perche’ non ha dato prova di essere stata nell’impossibilita’ di produrlo in tempo utile. Ne’ e’ sostenibile che la produzione tardiva del documento de quo non abbia, comunque, arrecato un vulnus al contraddittorio perche’ proprio la tardiva produzione ha, in via di fatto, impedito alla parte interessata di controbattere sull’asserita decisivita’ del documento, considerato nel suo esatto contenuto. E, cio’, ancor di piu’, ove si tiene conto che il Condominio ha opposto la mancata produzione senza ammettere neppure l’esistenza del documento, di cui si dice, cosi’ come riportato e riferito dall’appellante con il suo atto di appello.
Correttamente, poi, la Corte di appello considerata la tardivita’ della produzione ha tralasciato di verificare l’eventuale indispensabilita’ del documento ai fini della decisione perche’ tale requisito e’, come bene ha chiarito la sentenza delle Sezioni unite, appena richiamata, subordinato alla corretta produzione del documento, cioe’ sempre che il documento sia stato unitamente all’atto df’appello.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’articolo 1130 codice civile, n. 4 e articolo 1117 codice civile. La ricorrente eccepisce il difetto di legittimazione ad agire dell’amministratore condominiali – per il ristoro dei danni concernenti i poggioli dell’edificio essendo questi parti non comuni, bensi’ di proprieta’ esclusiva costituenti le singole porzioni materiali. In particolare, la ricorrente ritiene errata la pronuncia impugnata laddove con riguardo agli interventi ritenuti necessari ad eliminare i vizi lamentati non ha operato distinzione alcuna tra parti del poggiolo (frontalini e faccia inferiore della soletta) ritenute comuni in quanto assolventi anche ad un funzione estetica e quindi inerenti al decoro dell’edificio e parti non comuni ma pacificamente di proprieta’ esclusiva in quanto costituenti un prolungamento della corrispondente unita’ immobiliare.
Pertanto, conclude la ricorrente dica la Corte di Cassazione se, anche in relazione alle parti di proprieta’ esclusiva dei singoli condomini (pavimentazione o faccia superiore) oltre che con riguardo a quelle comuni (frontalini e faccia inferiore delle solette), sussista o meno la legittimazione ad agire ex articolo 1669 codice civile dell’amministratore del condominio ai sensi dell’articolo 1130 codice civile, n. 4.
2.1.= Il motivo e’ infondato.
Anche in ordine al profilo della legittimazione attiva del condominio, la sentenza impugnata merita di essere confermata per quanto risulta perfettamente uniformata ai principi espressi da questa Corte in altre occasioni. Al riguardo e’ sufficiente osservare che: l’articolo 1130 codice civile, n. 4. Che attribuisce all’amministratore del condominio il potere di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni, deve interpretarsi estensivamente, per cui rientrano nel novero degli atti conservativi che, possono essere compiuti dall’amministratore, anche quegli atti che pur interessando parti individuali si rendono necessari per intervenire sulle parti comuni.
Pertanto, i rilievi della ricorrente secondo cui andrebbero stralciati gli interventi da effettuare sulle parti esclusive dei balconi, non possono trovare accoglimento, perche’ gli interventi sulle parti esclusive dei balconi sono la necessaria conseguenza degli interventi sulle parti comuni degli stessi. La ricorrente, in altri termini, non tiene conto che alcune parti dei balconi, anche aggettanti (frontali e la parte inferiore) e gli stessi balconi aggettanti, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole, debbono considerarsi beni comuni e, pertanto, come e’ agevole intendere l’eliminazione di un eventuale danno nelle parti individuali non sarebbe neppure possibile senza interessare le parti comuni e viceversa.
2.1.a) E, tuttavia, a parte questa considerazione, la legittimazione attiva del Condominio, secondo la Corte distrettuale era, comunque, dovuta al fatto che le infiltrazioni, cioe’, i danni da eliminare, riguardavano proprio le parti dei balconi che costituivano bene condominiale perche’ avevano una chiara funzione estetica complessiva del condominio. Al riguardo, e’ sufficiente ribadire quanto e’ stato gia’ detto da questa Corte, in altra occasione e, cioe’, che in tema di condominio negli edifici e con riferimento ai rapporti tra la generalita’ dei condomini, i balconi aggettanti, costituendo un “prolungamento” della corrispondente unita’ immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa; soltanto i rivestimenti e gli elementi ivi della parte frontale e di quella inferiore si debbono considerare beni comuni a tutti, quando si inseriscono, COME nel caso in esame, nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (tra le altre cfr. Cass. n. 6624 del 30/04/2012).
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del principio della soccombenza ex articolo 91 codice procedura civile. condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in euro 5.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge.
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