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Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 9 ottobre 2014, n. 21339

Svolgimento del processo

1) La controversia qui esaminata è venuta più volte all’esame di questa Corte.
La sentenza n. 25131 del 2008 di questa Corte ha così riassunto la vicenda: “Con Decreto del 9.10.2001 il giudice istruttore del Tribunale di Catania liquidava la somma di L. 14.800.000, oltre a L. 867.000, per spese al dottore G.G. , nominato consulente tecnico d’ufficio nella causa pendente tra il Fallimento della s.r.l. Cooperativa Eurocopes ed T.A. più altri con l’incarico in particolare di accertare la modalità di tenuta dei libri sociali e delle scritture contabili e la loro attendibilità, nonché di verificare la veridicità delle poste riportate nei bilanci.
A seguito di ricorso L. 8 luglio 1980, n. 319, ex art. 11, da parte del G. il Tribunale di Catania, in riforma dell’impugnato decreto, con ordinanza del 31.12.2002 ha liquidato in favore del ricorrente la somma di L. 21.621.600, oltre accessori e spese come riconosciuti nel provvedimento impugnato”.
La Corte di Cassazione pronunciando sul ricorso ex art. 111 Cost. proposto dal G. , ha così statuito: “accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio al Tribunale di Catania in diversa composizione”.
Il motivo accolto censurava l’ordinanza impugnata per aver erroneamente liquidato all’esponente un compenso unico per tutti i bilanci esaminati (ovvero L. 1.970.000) sulle attività e L. 2.085.000 sui ricavi), laddove avrebbe dovuto determinare, così come richiesto, un compenso per ogni bilancio esaminato.
1.1) Il tribunale di Catania, giudice di rinvio, con ordinanza del 30 dicembre 2009 ha ritenuto che fossero ormai passate in giudicato le statuizioni relative alle spese e agli onorari ex art. 2 dpr 352/88 già liquidati in 6.495,48 Euro.
Ha ritenuto di dover applicare le aliquote di cui all’art. 4 del dpr cit. nella media tra il minimo e il massimo dell’onorario, risultando così dovuti onorari per complessivi 13.273,46 Euro.
Sulle due somme ha applicato un aumento del 30%.
G. ha proposto nuovo ricorso per cassazione, notificato il 22 gennaio 2011.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
1.2) Assegnata al relatore nel dicembre 2011, la causa è stata avviata a trattazione camerale presso la sesta sezione civile con relazione preliminare.
In esito ad adunanza camerale del 24 aprile 2013, l’ordinanza n. 12156/13 della Sesta sezione, sottosezione seconda, ha disposto ex art. 331 c.p.c. il rinnovo della notificazione del ricorso a quattro soggetti intimati.
Depositati atti a cura del ricorrente, la cancelleria della Sesta sezione ha attestato che alla data dell’11 febbraio 2014 non risultava depositato alcun controricorso.
Trasmessa alla Seconda sezione, la causa è stata trattata in pubblica udienza, in vista della quale la difesa del ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

2) Come riassunto nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., parte ricorrente ha documentato l’avvenuta notifica iniziale o il successivo adempimento dell’ordine di rinnovazione del contraddittorio (perfezionato anche con riguardo all’istituto bancario succeduto al Banco di Sicilia), ditalché è da ritenere perfezionata la formazione del contraddittorio.
3) Con il primo motivo dell’odierno ricorso per cassazione, il ricorrente si duole del fatto che il tribunale di Catania, nel liquidare gli emolumenti per i singoli bilanci si sia attenuto alla media tra il minimo e il massimo ed abbia poi applicato l’aumento nella misura del 30%.
Sostiene che sia stata in tal modo falsamente applicata la normativa – art. 2 dpr 352/88 e 5 L. 319/80 – che consente di attribuire l’aumento ex art. 5 solo ove sia stato previamente applicato il massimo della percentuale prevista per il compenso della prestazione.
Il rilievo è fondato nei limiti di cui si dirà.
Va premesso che la norma di cui all’art. 5 L. 319/80 è stata soppressa nel 2002, ma è ratione temporis applicabile, trattandosi di remunerare una consulenza conclusa nel 1998.
Va poi ricordato e confermato l’orientamente giurisprudenziale secondo cui ai fini dell’applicabilità della disposizione di cui all’art. 5 citato, occorre che il -basso di importanza e di difficoltà della prestazione, che la legge prescrive debba essere “eccezionale”, sia necessariamente maggiore rispetto a quello che deve essere compensato con l’attribuzione degli onorari nella misura massima (Cass. 7632/06).
Ne consegue che è errata l’applicazione dell’aumento (che può essere anche parziale, cfr Cass.2027/10) predetto, qualora non sia stato attribuito il compenso massimo previsto dal decreto.
3.1) Va chiarito che l’aumento del 30% applicato dal provvedimento impugnato non è da considerare già acquisito in aggiunta alla liquidazione del compenso base, essendo venuto meno il suo presupposto e dovendo essere riconsiderato il compenso dovuto, con adeguamento a quanto già statuito dalla prima sentenza della Corte Suprema.
Va ancora aggiunto, solo per completezza, che la sentenza 25131/08 si è occupata, nell’esaminare il secondo motivo del ricorso G. , dell’aumento di cui all’art. 5, ma lo ha fatto sotto diverso aspetto.
Era stata infatti lamentata dal ricorrente la mancata attribuzione dell’aumento di cui all’art. 5 nella misura massima e la Corte aveva respinto la doglianza trattandosi di esercizio di potere discrezionale insindacabile in sede di legittimità.
Era però rimesso al giudice di rinvio il compito di riliquidare il compenso, con le facoltà di cui all’art. 5.
3.2) Il giudice di rinvio dovrà quindi valutare se applicarlo, dopo aver nuovamente liquidato il compenso spettante al consulente odierno ricorrente.
Va pertanto enunciato il seguente principio di diritto: “L’aumento previsto dall’art. 5 L. 319/80, a mente del quale per le prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà gli onorari possono essere aumentati fino al doppio” può essere applicato, anche in misura parziale, qualora ne ricorrano i presupposti, soltanto se sia stato riconosciuto al consulente il compenso massimo determinato sulla base delle tabelle allegate al dpr 352/88”.
4) Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione delle disposizioni sulla liquidazione sulle spese. La censura mette in evidenza una contraddizione tra quanto esposto in dispositivo, ove le spese del procedimento sono state dichiarate “irripetibili” e quanto statuito in motivazione, ove si legge che le spese di tutti i gradi di giudizio dovevano seguire “la soccombenza”.
Il motivo è da ritenere assorbito dalla decisione assunta quanto alla prima censura.
Infatti, a seguito del necessario rinvio al tribunale di Catania, detto ufficio dovrà procedere a nuova liquidazione del compenso al consulente, con corretta applicazione sia di quanto statuito da Cass. 25131/03 in ordine ai bilanci da considerare, sia del principio di diritto oggi ribadito.
La liquidazione delle spese di causa dipenderà quindi dall’esito complessivo del giudizio di merito e potrà essere nuovamente formulata.
Il tribunale di Catania, in nuova composizione collegiale, provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al tribunale di Catania, in diversa composizione collegiale, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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