Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 5 ottobre 2015, n. 39885
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENTILE Mario – Presidente
Dott. GALLO Domenico – Consigliere
Dott. TADDEI M. B. – rel. Consigliere
Dott. RAGO Geppino – Consigliere
Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 269/2011 della Corte d’appello di Cagliari, 2 sezione penale,del 26.11.2012 depositata il 02.09.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. GIALANELLA Antonio, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione per il capo e) per (OMISSIS) e l’inammissibilita’ del ricorso, per il resto, per entrambi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari, confermava la sentenza del Tribunale di Oristano, in data 30.04.2010, che aveva condannato, alla pena di giustizia, (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita’, il primo, di socio e amministratore unico della (OMISSIS) srl, fino al 03.11.2004 e da tale data Presidente del Consiglio di amministrazione ed il secondo di socio e membro del Consiglio di amministrazione della (OMISSIS) srl dal 03.11.2004,per i reati di seguito indicati.
Tutti, (capo D):
del delitto previsto dall’articolo 640 bis c.p., perche’ in concorso tra loro (e con (OMISSIS), deceduto), (OMISSIS) quale socio e amministratore unico della (OMISSIS) srl fino al 3.11.2004 e da tale data Presidente del Consiglio di amministrazione; (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) quali soci e membri del Consiglio di amministrazione della (OMISSIS) srl dal 3.11.2004 (unitamente a (OMISSIS), deceduto), dopo aver presentato in data 30/10/00 una domanda di finanziamento ex Legge n. 488 del 1992 per la costruzione in (OMISSIS) di uno stabilimento per l’imbottigliamento di acqua minerale, dopo che il Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato con decreto n. 99052 del 9/4/01 aveva deliberato in via provvisoria la concessione di un contributo in conto impianti per lire 5.718.600.000 (euro 2.953.410,42), subordinando tale erogazione sia ad un aumento del capitale sociale preesistente (lire 20.000.000) a lire 4.800.000.000, sia all’attestazione da parte della societa’ richiedente di tutte le spese progressivamente sostenute per la realizzazione dell’impianto in questione, con artefici e raggiri consistiti nel presentare agli organi preposti al controllo:
– documentazione varia (tra cui verbale di assemblea ordinaria del 1/10/01, nella quale veniva deliberato l’aumento del capitale sociale anzidetto anche mediante conversione delle anticipazioni dei soci) attestante l’aumento del capitale sociale a complessive lire 4.800.000.000 a mezzo versamento dei soci, quando in realta’ i versamenti realmente eseguiti dai soci senza essere agli stessi restituiti immediatamente dopo ammontano a soli euro 25.718,99;
– autocertificazioni del 18/2/02, 18/2/03, 19/2/04, 19/2/05 e 7/4/05 attestanti falsamente l’effettivo aumento del capitale sociale e le spese sostenute per la realizzazione dell’impianto, come meglio precisato al capo che segue;
– autocertificazione rilasciata da (OMISSIS) del 17/2/05 (sostitutiva di atto di notorieta’), in cui veniva attestato che al 15/2/05 la (OMISSIS) aveva acquistato e/o realizzato direttamente beni e sostenuto spese per un importo complessivo al netto di IVA di euro 3.453.336,33 (lire 6.686.591.536), quando in realta’ le opere realizzate e le relative spese effettivamente sostenute ammontavano al massimo alla data del 15/2/05 ad euro 783.336,33, in modo da ottenere la seconda rata del contributo come di seguito specificato;
– autocertificazione rilasciata da (OMISSIS) del 7/4/05 (sostitutiva di atto di notorieta’), in cui veniva attestato che al 26/6/03 la (OMISSIS) aveva acquistato e/o realizzato direttamente beni e sostenuto spese per un importo complessivo al netto di IVA di euro 1.725.480,14, quando in realta’ le opere realizzate e le relative spese effettivamente sostenute ammontavano al massimo alla data del 26/6/03 ad euro 115.480,14, in modo da ottenere (insieme ad altra documentazione) la proroga del termine ultimo di investimento;
– copia delle fatture indicate ai capi a) e b) falsamente attestanti i lavori eseguiti e le opere realizzate per complessivi euro 2.670.000,00 e cosi’ inducendo in errore i funzionari preposti al controllo, che procedevano all’erogazione del contributo secondo le modalita’ di seguito specificate, procuravano alla (OMISSIS) srl un ingiusto profitto per complessivi euro 1.968.940,28 pari alle prime due rate di contributo ottenuto rispettivamente il 15.2.2002 e 15.7.2005 con conseguente danno patrimoniale per il Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato. In Nuoro fino al 15.7.2005 il solo (OMISSIS), anche del:
capo E), reato di cui all’articolo 81 cpv. c.p., articolo 61 c.p., n. 2) e articolo 483 c.p. in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76, perche’, con piu’ atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso e al fine di commettere il reato indicato al capo e) falsamente attestava in dichiarazioni sostitutive di certificazione rilasciate a funzionari della (OMISSIS) preposti al controllo dell’erogazione del contributo indicato sempre al capo e): in data 18/2/02 che l’ammontare del capitale della (OMISSIS) versato nell’esercizio 2001 ammontava a lire 1.499:800.000;
in data 18/2/03 che nell’esercizio 2002 l’ammontare del capitale versato della (OMISSIS) ammontava a euro 852.050,53 e gli investimenti realizzati ammontavano a euro 1.175.480,14;
in data 19/2/04 che nell’esercizio 2003 l’ammontare del capitale versato della (OMISSIS) ammontava a euro 852.050,53 e gli investimenti realizzati ammontavano a euro 1.845.480,14;
in data 7/4/05 che al 26/6/03 la (OMISSIS) aveva acquistato e/o realizzato direttamente beni e sostenuto spese per un importo complessivo al netto di IVA di euro 1.725.480,14.
In (OMISSIS).
1.1 Avverso tale sentenza propongono ricorso gli imputati per mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo a motivo:
avvocato (OMISSIS) per (OMISSIS):
a) la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) per il mancato esame del motivo di appello sub c) relativo alla realizzazione dell’impianto;
b) la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione alla mancata derubricazione del reato a norma dell’articolo 316 ter c.p..
avvocato (OMISSIS) per (OMISSIS):
a) la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera c) in relazione all’articolo 525, articolo 544, comma 3, articoli 548 e 179 in relazione all’articolo 178 c.p.p., lettera c) essendo stata depositata la motivazione della sentenza oltre i termini di legge.
b) la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione agli articoli 640 e 640 bis c.p.. La circostanza fattuale della completa realizzazione dell’insediamento industriale, con tutte le relative dotazioni, comporta l’assenza del conseguimento di un ingiusto profitto e,di conseguenza esclude la sussistenza del reato.
c) la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) attesa la mancanza di dolo del reato di truffa;
d) la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e) attesa la carenza di motivazione in ordine all’apporto causale riconducibile alla condotta del (OMISSIS);
e) la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) per non aver considerato il completamento dell’opera nella determinazione della pena e della mancata concessione delle attenuanti generiche.
f) prescrizione del reato, maturata nelle more del deposito della motivazione della sentenza.
2. I ricorsi sono inammissibili.
2.1 E’ inammissibile il ricorso dell’avvocato (OMISSIS) perche’ i motivi dedotti sono del tutto avulsi dal contesto motivazionale della sentenza impugnata.
2.2 A nulla rileva, infatti, che l’impianto sia stato realizzato rispetto ai fatti contestati ed accertati, che, come si legge nel provvedimento impugnato, si sostanziano nell’aver ottenuto il finanziamento a fondo perduto “inserendo,quale documentazione dell’aumento di capitale, documenti contabili non rappresentativi delle reali operazioni di capitale e quale documentazione delle spese sostenute e dell’avanzamento lavori, fatture relative ad opere che,invece, non erano state realizzate o comunque erano state realizzate in termini diversi da quelli indicati nelle stesse fatture utilizzate nell’ambito del procedimento amministrativo”.
In particolare la Corte rileva che gli imputati conseguirono la prima delle due tranches del finanziamento simulando un aumento di capitale corrispondente a quello richiesto dal regolamento del finanziamento.
2.3 La Corte ha ritenuto che la simulazione dell’aumento di capitale non fu soltanto una semplice dichiarazione mendace ma fu un elemento essenziale di una operazione articolata e artificiosa senza la quale la societa’ non avrebbe potuto conseguire il finanziamento, che, conseguito sulla base delle dichiarazioni e della falsa documentazione di avvenuta esecuzione dei lavori, costitui’ il profitto ingiusto della truffa. (vedi pagg. 16 e sgg. della sentenza impugnata).
2.4 La doglianza dedotta in ricorso si risolve nella ulteriore proposizione di argomenti difensivi, gia’ adeguatamente presi in esame e confutati nella sentenza impugnata e incentrati su considerazioni di fatto, non suscettibili di valutazione in un giudizio di legittimita’; rileva, pertanto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che la mancanza e la manifesta illogicita’ della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicche’ dedurre tale vizio in sede di legittimita’ significa dimostrare che il testo del provvedimento e’ manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non gia’ opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica” (Cass. pen., Sez. un., 19 giugno 1996, Di Francesco).
2.5 Esula, infatti, dai poteri della corte di legittimita’ quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, potendo e dovendo, invece, la Corte accertare se quest’ultimo abbia dato adeguatamente conto, attraverso l’iter argomentativo seguito, delle ragioni che l’hanno indotto ad emettere il provvedimento.
2.6 Cio’ vale anche per il secondo motivo di ricorso che postula la diversa qualificazione del fatto illecito nei termini dell’articolo 316 ter c.p.p..
La Corte ha trattato ampiamente l’argomento a pag. 17 evidenziando,in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che trova conferma nella sentenza delle Sezioni Unite, n. 16568 del 2007, che l’elemento discriminante delle due ipotesi delittuose si sostanzia nell’induzione in errore e solo qualora l’erogazione consegua alla mera presentazione di una dichiarazione mendace senza costituire l’effetto dell’induzione in errore dell’ente erogante circa i presupposti che la legittimano, ricorre la fattispecie prevista dall’articolo 316 ter cod. pen..
2.7 Per la mancata correlazione con le argomentazioni illustrate in sentenza il ricorso si apprezza per la inammissibile genericita’, in ottemperanza alla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui: “La mancanza di specificita’ del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericita’, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita’ conducente, a mente dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all’inammissibilita’” (per tutte: sent. n. 256 del 1997 rv 210157 -conformi, RV 206507; RV 192556; RV 212610).
2.8 Anche il ricorso (OMISSIS) e’ inammissibile.
2.9 In ordine al primo motivo, si rileva, in termini di nomofilachia, che questa Corte gia’ si e’ pronunciata in ordine alla violazione del termine per il deposito della sentenza escludendo che,per il mancato rispetto di tale termine, si configuri la nullita’ del provvedimento o la sua inutilizzabilita’ o inammissibilita’. Nel ricorso si sottolinea che il deposito della motivazione della sentenza e’ intervenuto dopo diciotto mesi dalla pronuncia e si sostiene che cio’ comporterebbe, se non la nullita’, almeno la inutilizzabilita’ o l’inammissibilita’ della sentenza stessa, dato che un ritardo cosi’ consistente viene a mortificare il diritto della difesa, che non puo’ piu’ ricordare con precisione quanto accaduto. La Corte ha pero’ ritenuto che la violazione da parte del giudice del termine per il deposito della sentenza, stabilito dall’articolo 544 cod. proc. pen., puo’ avere conseguenze di altro genere, ma non determina la nullita’ del provvedimento, ne’ tanto meno la sua inutilizzabilita’ o inammissibilita’. Il regime delle cause di patologia del provvedimento e’ caratterizzato dalla tipicita’ e dalla tassativita’ e tra di esse non e’ compreso il deposito tardivo della motivazione della sentenza.
2.10 Sulle considerazioni svolte con il secondo motivo valgono le argomentazioni gia’ sviluppate al punto 2.2., cui si rimanda.
2.11 Il terzo motivo e’ manifestamente infondato: la Corte di merito ha ritenuto che le falsita’ contestate siano servite a realizzare l’intento truffaldino di conseguire il finanziamento a fondo perduto, che, in mancanza dei presupposti contabili attestati dalla falsa documentazione non sarebbe stato corrisposto e che, in questa situazione, non ha rilevanza la circostanza fattuale che l’opificio e’ stato realizzato secondo l’iniziale progetto.
2.12 Manifestamente infondato e’ anche il quarto motivo avendo posto in rilievo la Corte non solo la responsabilita’ del (OMISSIS) derivante dalla posizione di facente parte del Consiglio di amministrazione che delibero’, il 1.1.2005, tra l’altro, l’aumento di capitale, ma anche il riversamento ai soci delle somme utilizzate per l’aumento (pag. 16).
2.13 Inammissibile e’ l’ultimo motivo che postula una valutazione dei fatti diversa da quella della Corte di merito e piu’ favorevole all’imputato.
2.14 L’inammissibilita’ del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).
3. I ricorsi, per i motivi che precedono vanno dichiarati inammissibili; ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonche’ – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ – al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
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