cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 4 agosto 2015, n. 16367

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente

Dott. MATERA Lina – Consigliere

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 24295/09) proposto da:

(OMISSIS), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce ai ricorso, dall’Avv.to (OMISSIS) del foro di (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO di via (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.to (OMISSIS) del foro di (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale apposta in calce al controricorso, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3396 depositata il 3 settembre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 24 marzo 2015 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito l’Avv.to (OMISSIS), per parte ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 5 febbraio 1998 il Condominio di via (OMISSIS) evocava, dinanzi al Tribunale di Roma, (OMISSIS) (condomina di via (OMISSIS)) per sentire accertare l’indebita annessione alla proprieta’ esclusiva della convenuta di una contigua porzione di lastrico solare condominiale della superficie di mq. 35,50, con conseguente emissione dell’ordine di immediato rilascio e con ripristino dell’originario stato dei luoghi illegittimamente alterato.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della convenuta, intervenuta (OMISSIS), che spiegava domanda nei confronti della (OMISSIS), il giudice adito, dichiarato inammissibile l’intervento, respingeva la domanda attorea.

In virtu’ di rituale appello interposto dal medesimo Condominio, la Corte di appello di Roma, nella resistenza della appellata, accoglieva il gravame e in riforma della decisione di prime cure, condannava l’appellata alla restituzione della porzione di lastrico solare di proprieta’ del Condominio di via (OMISSIS).

A sostegno della decisione adottata la corte territoriale – ritenuta sussistere autorizzazione dell’Amministratore a stare in giudizio, come da Delib. assembleare 23 settembre 1997 – evidenziava che il lastrico solare, per la sua funzione di assicurare la copertura dell’edificio, doveva considerarsi per presunzione di legge, ex articolo 1117 c.c., ricompreso nel novero dei beni di proprieta’ condominiale, salvo prova contraria (derivante dagli atti di acquisto), che nella specie non era stata fornita, non risultando neanche dal regolamento condominiale una diversa proprieta’ dell’area. Aggiungeva che al riguardo nessuna rilevanza poteva essere riconosciuta al regolamento del Condominio di via (OMISSIS), cui apparteneva l’appartamento di proprieta’ della convenuta, trattandosi di un Condominio diverso; del resto lo stesso atto di compravendita della convenuta segnava distintamente la separazione del bene di questa rispetto alla porzione di terrazzo appartenente all’edificio scala (OMISSIS). Ne’ alcuna incidenza poteva essere attribuita alla circostanza che al lastrico si accedesse esclusivamente dalla proprieta’ della (OMISSIS).

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), articolato su tre motivi, al quale ha resistito con controricorso il CONDOMINIO. La ricorrente in prossimita’ della pubblica udienza ha depositato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, e giusta il principio della c.d. “perpetuatio” dell’ufficio defensionale, di cui e’ espressione l’articolo 85 c.p.c., va rilevato che nessuna efficacia puo’ dispiegare nel processo di cassazione (peraltro caratterizzato da uno svolgimento per impulso d’ufficio) la sopravvenuta rinuncia alla procura, che uno dei difensori della parte ricorrente, l’Avv.to (OMISSIS), ha comunicato il 30 gennaio 2012 (cfr. Cass. n. 16121 del 2009; Cass. n. 4944 del 1997 e Cass. SS.UU. n. 11303 del 1995).

Cio’ posto, con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1117 c.c. in materia di parti comuni dell’edificio per avere la corte di merito fatto applicazione della presunzione di legge non conferente al caso di specie stante la esistenza di un atto pubblico di vendita che attesterebbe l’avvenuto trasferimento della proprieta’ del lastrico solare de quo. A conclusione del mezzo viene formulato il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se puo’ essere applicata la presunzione di cui all’articolo 1117 c.c. circa l’appartenenza del lastrico solare alle parti comuni dell’edificio in presenza di titolo contrario costituito da atto pubblico di compravendita e corredato da planimetrie catastali che qualificano il bene alienato come un unicum di proprieta’ esclusiva di un solo soggetto”.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione con riferimento alla valutazione delle risultanze probatorie conseguente alla violazione del diritto di proprieta’ della (OMISSIS) come accertato dall’atto pubblico di compravendita, per non essere il ragionamento seguito dal giudice di appello coerente con le risultanze istruttorie, non avendo tenuto conto, peraltro, che non esiste altro accesso al lastrico de quo se non dalla sua proprieta’, nonche’ altre circostanze di fatto e documenti decisivi al fine della attribuzione della proprieta’. I due motivi – da trattare congiuntamente per la loro evidente connessione argomentativa – non meritano accoglimento.

Costituisce un dato pacifico in causa che il lastrico solare per cui e’ controversia si trova ubicato in un blocco edilizio separato rispetto all’edificio in cui e’ sito l’appartamento della ricorrente e detta circostanza e’ stata adeguatamente valorizzata dalla corte distrettuale.

La figura del Condominio si caratterizza, secondo quanto risulta dell’articolo 1117 c.c., per la presenza, in uno stesso edificio, di piani o porzioni di piani di proprieta’ individuale. La definizione normativa va riferita, pertanto, all’edificio che presenta tali caratteri, a cui va circoscritto il fenomeno della proprieta’ condominiale. Data questa premessa, risulta evidente che l’estensione della proprieta’ condominiale ad edifici separati ed autonomi rispetto all’edificio in cui ha sede il Condominio puo’ essere giustificata soltanto in ragione di un titolo idoneo a far ricomprendere il relativo manufatto nella proprieta’ del Condominio medesimo. Con cio’ si vuoi dire che in tanto puo’ ritenersi che del Condominio faccia parte anche il manufatto da esso separato e distinto, in quanto vi sia un titolo di proprieta’ che qualifichi espressamente tale bene come appartenente ad altro Condominio. La relazione tra l’uno e l’altro va pertanto cercata e dimostrata nel titolo di proprieta’, vale a dire negli atti in cui, attraverso la vendita dei singoli appartamenti, il Condominio medesimo risulta costituito (in tal senso, Cass. n. 8012 del 2012).

Per contro, nessuna particolare rilevanza, a tal fine, puo’ essere ascritta alla planimetria catastale di cui risulterebbe corredato l’atto di compravendita della ricorrente, atteso che essa avrebbe potuto essere giustificata soltanto in forza della dimostrazione dell’appartenenza di detta area al Condominio nel cui ambito e’ ricompreso l’appartamento di proprieta’ della (OMISSIS), proprieta’ esclusa dal giudice distrettuale anche in base alla interpretazione del rogito di compravendita intervenuto nel 1995 tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS), nel quale non vi e’ alcun riferimento alla porzione de qua (v. pag. 6 della sentenza impugnata).

Per completezza argomentativa va aggiunto che la presunzione di proprieta’ condominiale del lastrico solare di copertura avrebbe potuto essere vinta solo con la dimostrazione di un titolo di acquisto originario successivo alla venuta ad esistenza del lastrico medesimo ovvero di un titolo proveniente da colui che aveva costituito il Condominio resistente, contenente la prima alienazione di una porzione di esso a soggetti diversi dai proprietari delle singole unita’ immobiliari o, infine, proveniente in epoca successiva da tutti i condomini (in tal senso v. Cass. n. 1568 del 1999).

Per le ragioni suesposte il giudice del gravame non ha riconosciuto – legittimamente – alcuna rilevanza alla circostanza che al lastrico de quo si acceda dalla sola proprieta’ della ricorrente, non meglio specificati gli ulteriori elementi fattuali e documentali che non sarebbero stati esaminati al fine dell’attribuzione della proprieta’.

Il terzo ed ultimo motivo – con il quale la ricorrente denuncia la violazione delle norme nella ripartizione delle spese processuali – e’ inammissibile, per la mancata formulazione del quesito di diritto.

L’onere della formulazione del “quesito di diritto” a conclusione di ciascun motivo del ricorso per cassazione con il quale si denuncino i vizi di violazione di legge di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 1 – 4), nonche’ l’analogo onere di formulazione del “momento di sintesi” a conclusione del motivo di ricorso con il quale si denunciano vizi motivazionali della sentenza impugnata ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (“chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”), sono prescritti a pena di inammissibilita’ dall’articolo 366 bis c.p.c., norma che e’ stata introdotta dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 6 e che trova applicazione ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2.3.2006 data di entrata in vigore dello stesso decreto e fino al 4.7.2009, data dalla quale opera la successiva abrogazione, disposta dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 47, comma 1, lettera d). La sentenza impugnata e’ stata depositata in data 3.9.2008 e dunque nella vigenza della predetta normativa.

In conclusione, il ricorso va rigettato, con la condanna della ricorrente alle spese, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi euro 3.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.

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