Cassazione 11

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 4 agosto 2015, n. 16364

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15488-2009 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), rappresentato e difeso da se stesso ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso il suo studio;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS) studio legale (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), come da procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1610/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/01/2015 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che conclude per l’inammissibilita’ del ricorso e, in subordine, per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’avv. (OMISSIS) impugna la sentenza della Corte di Appello di Napoli, depositata il 05.05.08, non notificata, che ha accolto l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Benevento, che aveva sostanzialmente accolto la sua domanda nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS).

2. Il ricorrente precisa di aver convenuto in giudizio, l’11.07.2002, innanzi al Tribunale di Benevento, Sezione Distaccata di Guardia Sanframondi, i signori (OMISSIS) e (OMISSIS) per ottenerne il pagamento della somma di euro 6.961,71, oltre accessori, dovuta per competenze per l’attivita’ professionale svolta con i giudizi promossi contro l’Agenzia per la Promozione e lo Sviluppo del Mezzogiorno innanzi alla Corte di Appello di Napoli e al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Napoli.

2.1- I convenuti contestavano la pretesa, non essendo dovuto il compenso in ragione della carenza di diligenza dimostrata nell’espletamento dell’attivita’.

Deceduto (OMISSIS), il processo veniva proseguito nei confronti dei suoi eredi, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS).

2.2 – Con sentenza n. 22/05 emessa in data 08.03.05 il Giudice Unico del Tribunale di Benevento, Sezione Distaccata di Guardia Sanframondi, accoglieva in parte la domanda e condannava i convenuti al pagamento della somma di euro. 5.085,36 oltre accessori, compensando per la meta’ le spese del giudizio.

3. La Corte territoriale, adita dai signori (OMISSIS) – (OMISSIS) per lamentare il mancato riconoscimento della colpa professionale dell’Avv. (OMISSIS), accoglieva in parte l’impugnazione, riducendo l’importo dovuto a euro 1.427,51, riconoscendo l’assenza di diligenza del professionista per tutta l’attivita’ svolta dalla proposizione della domanda (2 dicembre 1989) sino alla pronuncia di incompetenza resa dalla Carte di cassazione nel giugno-agosto 1992, posto che “al momento della proposizione, da parte del difensore in parola, della domanda dinanzi alla Corte di appello quale giudice di primo grado sia con riguardo all’opposizione alla stima, che alla pretesa moratoria per appropriazione acquisitiva in dipendenza dell’esecuzione dell’opera pubblica dianzi indicata, era assolutamente pacifico il principio secondo cui la competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche, prevista dalla lettera d) del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 copre tutta la gamma delle spettanze indennitarie derivanti da occupazione totale o parziale, permanente o temporanea, di un fondo, effettuata per la costruzione o la manutenzione di un’opera idraulica, senza che sia possibile distinguere tra occupazioni formalmente e sostanzialmente legittime ed occupazioni prive dei requisiti di legittimita’, rientrando nella previsione normativa le controversie concernenti sia la determinazione dell’indennita’ di espropriazione, sia il risarcimento dei danni per occupazione sine titulo ovvero illegittimamente protrattasi oltre i termini di legge senza l’adozione di un provvedimento espropriativo. Peraltro, nel caso di specie si versava con tutta evidenza nel caso di opera idraulica, inerendo l’espropriazione e l’occupazione alla costruzione dell’invaso di (OMISSIS) sul fiume (OMISSIS)”.

4. Il ricorrente formula due motivi. Resistono con controricorso gli intimati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso.

1.1 – Col primo motivo di ricorso si deduce: “violazione e falsa applicazione articolo 1176 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 – applicabilita’ alla fattispecie articolo 2236 c.c.”.

Sostiene il ricorrente che “la questione della competenza non era cosi’ pacifica nel 1989 quando e’ stata proposta la causa perche’ in generale la materia delle espropriazioni e’ stata notoriamente oggetto di molti interventi legislativi e giurisprudenziali che hanno inciso anche sulla competenza”. Si trattava di materia complessa, caratterizzata da “incertezza” sia del normativo, anche per effetto delle “numerosissime leggi… intervenute”, che di quello giurisprudenziale, stante “il ripetuto intervento delle Sezioni Unite della Cassazione”, anche quanto all’individuazione della competenza. La fattispecie in esame, quindi, sempre secondo parte ricorrente, “non era affatto di semplice soluzione, specialmente nel 1989 anche perche’ la natura dell’opera e’ emersa solo nel corso del giudizio con il deposito degli atti da parte della convenuta Agenzia per la Promozione dello Sviluppo nel Mezzogiorno”. Di conseguenza, doveva essere applicato l’articolo 2236 cod. civ.. La stessa Agenzia della Promozione dello Sviluppo nel Mezzogiorno, convenuta, non aveva sollevato alcuna eccezione al riguardo.

Rileva ancora il ricorrente che “in ben due altre sentenze emesse dalla stessa Corte di Appello di Napoli relative a identici giudizi sempre patrocinati dall’avv. (OMISSIS), che hanno avuto lo stesso iter, la decisione e’ stata completamente opposta… (sentenze nn. 3120/07 e 2599/08)”.

Il ricorrente conclude il motivo, ribadendo che “la questione trattata era di particolare complessita’ con la conseguenza che doveva applicarsi il piu’ restrittivo criterio del dolo o colpa grave di cui all’articolo 2236 c.c. ai fini della valutazione della responsabilita’ professionale” e formula i seguenti quesiti: “dica la Corte se nella fattispecie in esame l’attivita’ professionale posta in essere dall’avv. (OMISSIS), con riferimento alla fase del giudizio espletata innanzi alla Corte di Appello di Napoli, comportasse la risoluzione di problemi tecnici di speciale difficolta’ e, quindi, se alla fattispecie de quo si doveva applicare l’articolo 2236 c.c. in luogo della norma di cui all’articolo 1176 c.c., comma 2, applicata dalla Corte di Appello; 2) in caso di risposta affermativa dica la Corte se nella fattispecie in esame possa ritenersi sussistente il dolo o la colpa grave previsti dall’articolo 2236 c.c. ai fini della responsabilita’ professionale”.

1.2 – Col secondo motivo di ricorso si deduce: “errata e falsa applicazione articolo 1176 c.c., comma 2 in relazione all’articolo 360 c.c.”.

Rileva il ricorrente che, anche a voler applicare l’articolo 1176 cod. civ., “non si puo’ assolutamente ravvisare tale colpa lieve poiche’ non vi e’ stata alcuna negligente da parte dell’Avv. (OMISSIS)”. Infatti, “la materia oggetto della controversia sottoposta all’attenzione dell’Avv. (OMISSIS) all’epoca del 1989, era sicuramente complessa anche sotto il profilo, della competenza ed e’ quindi in relazione a tale complessita’ che doveva essere valutata la diligenza da applicarsi alla fattispecie”. Inoltre, “in ben due altre sentenze per giudizi promossi da (OMISSIS) e (OMISSIS), emesse dalla stessa Corte di Appello di Napoli relative a identici giudizi sempre patrocinati dall’avv. (OMISSIS), la decisione e stata completamente opposta…(sentenze nn. 3120/07 e 2599/08)”. In ogni caso, “la Corte di Appello nella sua valutazione ha omesso di considerare un fatto fondamentale e cioe’ che la natura idraulica dell’opera pubblica e’ emersa solo nel corso del giudizio di opposizione alla stima proposta innanzi alla Corte di Appello”.

Secondo parte ricorrente, la Corte di Appello ha errato nel ritenere “assodata la circostanza che la natura idraulica dell’opera idraulica fosse conosciuta prima della presentazione della citazione innanzi alla Corte di Appello, ma cio’ non e’ affatto vero, come risulta chiaramente dalla sentenza che ha pronunciato l’incompetenza”.

Viene formulato il seguente quesito: “dica la Corte se, nel caso concreto, tenuto conto della complessita’ della materia espropriativa per i motivi esposti nonche’ della circostanza, risultante dagli atti che la natura idraulica dell’opera pubblica e’ emersa nel corso del giudizio di opposizione alla stima innanzi alla Corte di Appello, con il deposito della documentazione da parte dell’Agenda convenuta, pur applicando l’articolo 1176 c.c., comma 2 che prevede un dovere di diligenza professionale media esigibile, tale dovere possa ritenersi non violato o, invece, come sostiene la Corte di Appello nella sentenza impugnata, la questione della competenza per la controversia sottoposta all’attenzione dell’Avv. (OMISSIS), fosse pacifica e non comportava la soluzione di una questione difficile ma, al contrario, molto semplice con la conseguente violazione del dovere di diligenza”.

2. Il ricorso e’ in parte inammissibile e in parte infondato e va rigettato.

2.1 – Infatti, il ricorso presenta plurimi aspetti di inammissibilita’, relativi alla mancata chiara e sintetica esposizione dei fatti (violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 3), non essendo sufficiente a tal fine la mera riproduzione all’interno del ricorso degli atti e della sentenza di appello (SU 5698 del 2012), e, quanto al primo motivo, per la novita’ della questione proposta e per un quesito inammissibile perche’ generico e sostanzialmente prospettante un inammissibile interpello alla Corte.

2.2 – Il ricorso e’ comunque infondato, come si e’ detto, anche quanto al secondo motivo, posto che, sulla questione giuridica da esaminarsi dal professionista, risultano plurimi precedenti di questa Corte, consolidati nel tempo, idonei ad indirizzare adeguatamente il professionista e tali da escludere la complessita’ della questione stessa (vedasi Cass. 1964 n. 1488, Cass. 1986 n. 620, Cass. 1985 n. 4114, Cass. 1993 n. 4704, Cass. 1999 nn. 7016 e 9277, Cass. 2008 n. 13358). Ne’ puo’ valorizzarsi, in senso favorevole al ricorrente, l’argomento, pure speso in questa sede, secondo cui gli elementi di fatto, necessari per risolvere la questione di competenza, sarebbero emersi per la prima volta in conseguenza delle difese dell’avvocatura, perche’ la questione, nei termini sufficienti alla sua soluzione, risultava gia’ correttamente e sufficientemente esposta negli atti posti in essere dal professionista.

3. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 1.500,00 (millecinquecento) euro per compensi e 200,00 (duecento) euro per spese, oltre accessori di legge.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *