Cassazione 11

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 31 agosto 2015, n. 35780
 

Fatto e diritto

L’avvocato G.F., nell’interesse di R.V. e G.A., personalmente, ricorrono avverso la sentenza indicata in epigrafe , che ha riformato solo in punto di pena la sentenza del Gup del Tribunale di Nola di condanna di G. e R., alla pena di giustizia per i reati di seguito indicati:
R.V.
A) Del delitto di cui agli artt. 81 cpv, 110 e 629 comma 2 c.p., perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso. agendo anche in concorso e riunione con G. costringeva A.S. e F.B., con l’implicita minaccia della perdita definitiva dei beni di seguito indicati, a consegnargli, ricavandone correlativo ingiusto profitto: la somma di € 600 per ottenere la restituzione dell’autovettura Fiat Panda tg. XX 149 XX rubata loro il 29.5.13 (consegna dell denaro avvenuta in Pomigliano d’Arco la sera del 31.5.13)La somma di 200 per ottenere la restituzione di un curriculum vitae di F.B. e di un paio di pattini rollerblade che erano stati sottratti alle persone offese con l’auto di cui sopra (consegna dei denaro avvenuta in Pomigliano d’Arco la sera del 6.6.13 e caduta sotto la diretta percezione dei Carabinieri, che interveniv trio arrestando il R.). In Pomigliano d’Arco nelle date sopra indicate.Con la recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale ex art. 99 commi 2, 4 e S c.p.
G.A.
del delitto di cui agli artt. 81 cpv, 110 e 629 comma 2 c.p., perché con più azioni esecutive del medesimo del medesimo disegno criminoso, agendo in concorso e riunione con R.V., costringeva A.S. e F.B., con l’implicita minaccia della perdita definitiva dei beni di seguito indicati, a consegnare, ricavandone correlativo ingiusto profitto, la somma di € 200 per ottenere la restituzione di un ‘curriculum vitae di F.B. e di un paio di pattini rollerblade che erano stati sottratti alle persone offese unitamente alla Fiat Panda tg. XX 149 XX (già restituita dal R. il 31.5.13 dietro pagamento della somma di 600 euro). In particolare il G.:
verso le 17,05 del 6.6.13, alla guida della Fiat Punto tg. XX 206 XX, si portava con il R. presso il luogo di lavoro di F.B. e le rappresentava che c’era la possibilità di riconsegnarle, previo pagamento, i pattini e i documenti presenti nell’autovettura in precedenza rubatale in quanto “li avevano conservati”,verso le 18,10 successive, sempre alla guida della Punto tg. AC 206 VE, si portava con il R. presso la villa comunale di Pomigliano d’Arco, dove il R. aveva concordato con L’A. la consegna del denaro e si dava alla fuga allorquando il R., sceso dall’auto e ricevuta dall’A. la somma di 200 euro, veniva arrestato in flagranza di reato dai Carabinieri.In Pomigliano d’Arco il 6 giugno 2013.Con la recidiva infraquinquennale ex art. 99 comma 2 n. 2 c.p.
1.1 Deduce R. che la qualificazione giuridica data ai fatti dalla Corte di merito in termini di estorsione, non è corretta perché non si è tenuto conto che R. ha agito come intermediario, col solo intendimento di far rientrare le vittime in possesso dei propri beni e pertanto senza alcun dolo estorsivo. Illegittimamente non è stata accolta la richiesta di abbreviato condizionato all’escussione delle persone offese,che avrebbero sicuramente confermato che R. aveva agito al solo scopo di far ritrovare l’autovettura;non sono state indicate le prove che giustificano l’affermazione di responsabilità del R.; immotivata è anche la valutazione di equivalenza delle attenuanti e l’esclusione dell’attenuante di cui all’art. 114 cod.pen.
1.2 G. lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno nonostante l’offerta della somma ad una delle vittime come da quest’ultima richiesta e la mancata riduzione della pena.
2.Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati e perciò devono essere dichiarati inammissibili.
2.1 I motivi di ricorso sono inammissibili perché mera reiterazione di quelli già prospettati in appello, già valutati e rigettati dalla Corte di merito con una motivazione congrua ed esaustiva priva,comunque1di vizi evidenti. 2.2 Quanto al ricorso R., La Corte di merito ha evidenziato, che correttamente il GUP , secondo la qualificata giurisprudenza di questa Corte, aveva rigettato la richiesta di abbreviato condizionato ad un nuovo esame delle persone offese,già escusse in fase di indagini preliminari, atteso il carattere integrativo e non sostitutivo che l’art. 438, comma quinto, cod. proc. pen., attribuisce all’attività istruttoria nel contraddittorio delle parti.
2.3 Il ruolo di intermediario di R., nella vicenda estorsiva, è stato escluso,nei fatti, dalla Corte e del tutto correttamente posto che secondo la giurisprudenza, non controversa dì legittimità ai fini dell’integrazione dei concorso di persone nel reato di estorsione è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l’intermediario, nelle trattative per la determinazione della somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana.
2.4 Proprio tale aspetto è stato escluso dalla Corte che, richiamando la decisione del primo giudice, ha evidenziato come i tabulati telefonici attestano le chiamate fatte dal R. alle vittime e non il contrario, a riprova di un interessamento sicuramente dell’imputato al contatto con le vittime e comunque la Corte dopo aver riepilogato tutta la vicenda estorsiva e i ripetuti contatti sempre avuti dalle vittime con il R., ha categoricamente escluso per il R. il ruolo di intermediario «alla luce del suo pieno coinvolgimento sia nell’incipit sia nell’iter delle richieste estorsive”(pag. 6), circostanze di fatto che hanno indotto la Corte anche ad escludere ogni possibilità di riconoscere un attenuato concorso nella vicenda.
2.5 La Corte di merito ha già valutato anche la possibilità di riconoscere l’attenuante del risarcimento del danno , escludendola sulla base di un giudizio di merito che questa Corte non può rivedere e di principi giurisprudenziali di legittimità non controversi e consolidati, che questo collegio condivide.
2.6 La Corte napoletana ha respinto la doglianza dell’appellante, affermando che ” …come già espresso dal giudice di primo grado, al somma offerta quale risarcimento del danno non appare assolutamente un adeguato ristoro per i danni morali e materiali subiti dalla F. ed in ogni caso si concorda con il giudizio espresso in primo grado di ambigua modalità di documentazione della avvenuta consegna della somma peraltro ad una sola persona offesa…”. 2.7 Il giudice di merito ha ritenuto pertanto inadeguato il quantum offerto; non adeguatamente provata la consegna della somma ed,infine, ha rilevato che il risarcimento del danno non era stato integrale perché non ha riguardato solo i danni cagionati alla F.. Riguardo quest’ultimo aspetto va subito precisato che, diversamente da quanto afferma il ricorrente, egli è stato giudicato e condannato, in concorso con R. anche per estorsione relativa alla restituzione dell’autovettura, come all’evidenza emerge dalla lettura dei puntualissimi capi di accusa.
2.8 Ciò posto, secondo il dettato dell’art.62 n.6 cod.pen., per beneficiare dell’attenuante , è necessario che il risarcimento sia volontario , effettuato prima del giudizio di primo grado e che la riparazione del danno sia integrale vale a dire compendiante risarcimento e, se possibile, restituzione) ed effettiva. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è annosaa e consolidata nel ritenere che ai fini della configurabilità della circostanza attenuante , il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo, quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso, ivi compreso il danno morale cagionato alla parte lesa dal reo per ciascuno dei reati commessi, e la valutazione in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che può anche disattendere, con adeguata motivazione, ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa. (n.702 del 2000 rv 217887; n.6479 del 2011 rv 249391; n.34380 del 2011 Rv. 251508) tanto che questa Corte, proprio a conferma della necessità dell’integralità della riparazione ha anche deciso che il Giudice dei merito deve esaminare la realtà della solutio in rapporto alla consistenza del debito, senza assegnare valore satisfattivo alle formule apposte in sede di conclusione di una transazione, che non esplica effetti preclusivi sull’indagine del giudice di merito. (cfr. Cass. sent. n. 5484/ 1991 e n. 11207/ l’994).
3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili: ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della Cassa delle ammende dì una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in curo 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro mille,ciascuno, alla Cassa delle ammende

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *