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Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 30 aprile 2014, n. 9556


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente
Dott. MANNA Felice – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) ((OMISSIS)), rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), presso lo studio del quale in (OMISSIS), e’ elettivamente domiciliato;
– ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 8966 del 2012, depositata in cancelleria il 3 maggio 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 aprile 2014 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso tempestivamente depositato presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Roma, (OMISSIS) proponeva opposizione avverso il verbale di accertamento con il quale gli veniva contestata la violazione dell’articolo 7 C.d.S., commi 1 e articolo 14 C.d.S. (accesso ad una zona a traffico limitato in assenza della prescritta autorizzazione), e gli si ingiungeva il pagamento della sanzione amministrativa di euro 85,05.

Il ricorrente deduceva l’illegittimita’ del provvedimento impugnato sostenendo che l’autoveicolo era in realta’ autorizzato da un provvedimento comunale (n. 909 rilasciato in data 10 marzo 2009), in quanto mezzo per l’esercizio del servizio pubblico per trasporto di persone mediante autovettura da noleggio con conducente (NCC).

Il Giudice di Pace accoglieva il ricorso, annullando il verbale impugnato, e liquidava le spese di giudizio nella misura di euro 80,00.

In relazione a tale statuizione il ricorrente impugnava la sentenza dinnanzi al Tribunale di Roma, dolendosi del fatto che le spese fossero state liquidate in un importo inferiore sia a quanto richiesto nella nota spese depositata (euro 378,64), sia ai limiti minimi tariffari inderogabili di cui al Decreto Ministeriale n. 127 del 2004 (euro 283,64). Chiedeva pertanto la riforma parziale della sentenza e la condanna del convenuto Comune di Roma al pagamento delle spese secondo la nota spese depositata o quantomeno nel rispetto dei minimi tariffari, oltre che la condanna alla rifusione delle spese del grado d’appello.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 8966 del 2012 depositata il 3 maggio 2012, accoglieva l’appello e aumentava di euro 5,05 l’importo delle spese liquidate all’appellante; compensava le spese del grado, ravvisandone giusti motivi nel fatto che la somma liquidata era esigua e che la novella normativa dell’articolo 91 cod. proc. civ., era intervenuta quando l’appello era stato gia’ introdotto.

Avverso tale sentenza, il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Roma Capitale (gia’ Comune di Roma) non ha svolto difese in questa fase.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente solleva questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 91 cod. proc. civ., comma 4, cosi’ come introdotto dal Decreto Legge 22 dicembre 2011, n. 212, articolo 13, comma 1, convertito dalla Legge 12 febbraio 2012, n. 10, per l’eventualita’ in cui non si dovesse pervenire alla non applicazione, ratione temporis, della disposizione stessa nel presente giudizio.

Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il ricorrente sostiene che la limitazione dell’ammontare della liquidazione delle spese al valore della domanda implicherebbe una compressione del diritto alla difesa, inviolabile ex articolo 24 Cost.. Infatti, pur non essendo necessaria, nelle controversie di competenza del giudice di pace di valore inferiore ad euro 1.100,00, l’assistenza di un legale (ex articolo 82 cod. proc. civ., comma 1), apporre tale limite alla possibile liquidazione delle spese significherebbe imporre contestualmente alla parte di rinunciare tout court al suo diritto alla difesa tecnica, in quanto le si negherebbe la possibilita’ di un rimborso delle spese effettivamente sostenute.

Quanto alla rilevanza della questione, il ricorrente sostiene che la stessa sarebbe evidente nel caso in cui si ritenesse applicabile l’articolo 91 cod. proc. civ., comma 4, nel caso di specie, pur se il presente giudizio e’ iniziato prima della introduzione della disposizione citata. Osserva altresi’ che il giudice d’appello, pur riconoscendo la fondatezza della domanda e pur adeguandosi al criterio della soccombenza nella determinazione del regime delle spese, ha tuttavia applicato la normativa della cui legittimita’ costituzionale il ricorrente dubita, finendo per liquidare le spese in misura strettamente commisurata all’importo del valore della controversia.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione del Decreto Ministeriale 8 aprile 2004, n. 127, articolo 1, dell’articolo 4, cap. 1, e delle tariffe ad esso allegate in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., n. 3, per avere, il giudice di merito, illegittimamente derogato ai limiti minimi tariffari ivi previsti.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli articoli 91, 92 cod. proc. civ., articolo 118 disp. att. cod. proc. civ., articolo 132 cod. proc. civ., comma 2, n. 4 e articolo 111 Cost., dolendosi del fatto che il Tribunale abbia compensato le spese del giudizio di appello. Mancherebbe infatti l’espressa motivazione, richiesta dall’articolo 92 cod. proc. civ., sia in riferimento all’indicazione degli eventuali “giusti motivi” (come previsto dalla formulazione del 2006), sia circa le “gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione” (come previsto nel 2009) idonei a giustificare la compensazione.

4. Con il quarto ed ultimo motivo, il ricorrente prospetta la violazione dell’articolo 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, del punto 31 del Capitolo 5 della CCJE del 17.11.2010 e punto 15 della Magna Carta dei Giudici Europei, in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., n. 3, in quanto il diritto alle spese sarebbe da considerarsi bene nel senso tutelato dal Protocollo addizionale, e la sua compressione costituirebbe dunque una violazione delle norme e dei principi comunitari.

5. Il primo motivo di ricorso e’ fondato.

Il ricorrente eccepisce la illegittimita’ dell’articolo 91 cod. proc. civ., comma 4, introdotto dal Decreto Legge 22 dicembre 2011, n. 212, articolo 13, comma 1, convertito dalla Legge 12 febbraio 2012, n. 10, per l’eventualita’ in cui questa Corte ritenga la disposizione stessa applicabile nel caso di specie.

Il Collegio ritiene, tuttavia, che la disposizione in questione non sia applicabile nel presente giudizio, avente ad oggetto un’opposizione a verbale di accertamento di violazione del codice della strada, e che, quindi, la sollevata questione di legittimita’ costituzionale sia irrilevante.

5.1. L’articolo 91 cod. proc. civ., comma 4, dispone che “nelle cause previste dall’articolo 82, comma 1, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda”.

Ai sensi dell’articolo 82 cod. proc. civ., comma 1, “davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede euro 1.100”.

Risulta, dunque, evidente che la disposizione di cui all’articolo 91 cod. proc. civ., comma 4, si riferisce alle controversie che, per ragioni di valore, sono attribuite alla giurisdizione equitativa del giudice di pace. In tal senso, rileva l’articolo 113 cod. proc. civ., comma 2, a norma del quale “il giudice di pace decide secondo equita’ le cause il cui valore non eccede millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalita’ di cui all’articolo 1342 cod. civ.”.

Chiarito, dunque, l’ambito di applicazione dell’articolo 91 cod. proc. civ., comma 4, non puo’ non rilevarsi che, ai sensi dell’articolo 23, undicesimo comma, ultima parte, della Legge 24 novembre 1981, n. 689, applicabile ratione temporis, atteso che il giudizio di opposizione e’ iniziato in primo grado nel 2009, “nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l’articolo 113 cod. proc. civ., comma 2”.

Ne consegue che ha errato il Tribunale nel ritenere applicabile il citato articolo 91 cod. proc. civ., comma 4, ad una controversia che, per esplicita previsione legislativa, a prescindere dal suo valore, e’ soggetta alla regole di giudizio secondo diritto.

5.2. La situazione non muta nella disciplina introdotta dal Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150 (applicabile ai giudizi iniziati dopo il 6 ottobre 2011), il quale, all’articolo 6, comma 12 (“Dell’opposizione ad ordinanza-ingiunzione”) e al comma 10 dell’articolo 7 (“Dell’opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada”), riproduce la disposizione di cui alla Legge n. 689 del 1981, articolo 23, comma 11, stabilendo, rispettivamente, che “Nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l’articolo 113, secondo comma, del codice di procedura civile” (articolo 6, comma 12) e che “Non si applica l’articolo 113 cod. proc. civ., comma 2” (articolo 7, comma 10).

5.3. Si deve solo aggiungere che la distinzione che discende dalla interpretazione dell’articolo 91 cod. proc. civ., comma 4, qui affermata, non puo’ ritenersi lesiva degli evocati principi costituzionali. La previsione di una limitazione alla liquidazione delle spese nel caso di giurisdizione equitativa del giudice di pace appare rispondente alla possibilita’, riconosciuta alle parti dall’articolo 82 cod. proc. civ., comma 1, di stare in giudizio di persona e alla presunta non complessita’ tecnica delle relative controversie. La esclusione della detta limitazione per i giudizi di opposizione a ordinanza-ingiunzione o a verbale di accertamento di violazione del codice della strada, pur se di competenza del giudice di pace e pur se di importo ricompreso entro i 1.100,00 Euro, trova invece giustificazione in cio’ che tali controversie postulano un giudizio secondo diritto; in tali giudizi, quindi, pur se e’ prevista la possibilita’ sia dell’opponente che dell’amministrazione di stare in giudizio di persona (Legge n. 689 del 1981, articolo 23, comma 4; Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 6, comma 9 e articolo 7, comma 8), la difesa tecnica appare in ogni caso giustificata, se non indispensabile, tenuto conto della complessita’ delle questioni che possono essere prospettate anche da provvedimenti sanzionatori di importo inferiore a 1.100,00 Euro.

6. Il primo motivo di ricorso va quindi accolto, con conseguente assorbimento degli altri motivi.

La causa deve essere rinviata al Tribunale di Roma perche’, in persona di diverso magistrato, proceda a nuovo esame del gravame proposto facendo applicazione del seguente principio di diritto: “l’articolo 91 cod. proc. civ., comma 4, introdotto dal Decreto Legge 22 dicembre 2011, n. 212, articolo 13, comma 1, convertito dalla Legge 12 febbraio 2012, n. 10, a tenore del quale, nelle cause previste dall’articolo 82, comma 1, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda, opera esclusivamente nelle controversie devolute alla giurisdizione equitativa del giudice di pace e quindi non si applica alle controversie di opposizione ad ordinanza-ingiunzione e di opposizione a verbale di accertamento di violazioni del codice della strada”.

Al giudice di rinvio e’ demandata altresi’ la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa, la sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, al Tribunale di Roma in persona di diverso magistrato.

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