Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 23 marzo 2015, n. 12140

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENTILE Mario – Presidente

Dott. FIANDANESE Franco – Consigliere

Dott. RAGO Geppino – Consigliere

Dott. ALMA Marco Maria – Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 33/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA, del 01/03/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

sentite le conclusioni del PG Dott. GIALANELLA Antonio, che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale del riesame di Reggio Calabria; rilevata la regolarita’ degli avvisi di rito.

RITENUTO IN FATTO

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, adito ex articolo 309 c.p.p., ha confermato il decreto con il quale in data 22 gennaio 2014 il GIP del Tribunale della stessa citta’ aveva disposto, nei confronti di (OMISSIS), in atti generalizzato, indagato per concorso in estorsione aggravata Legge n. 203 del 1991, ex articolo 7 e continuata, ai sensi della Legge n. 356 del 1992, articolo 12-sexies, il sequestro preventivo dei beni dettagliatamente indicati a f. 1 del provvedimento impugnato.

Contro tale provvedimento, l’indagato (con l’ausilio di un avvocato iscritto all’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

– violazione dell’articolo 8 c.p.p. e articolo 629 c.p., con vizio di motivazione (lamentando l’incompetenza territoriale del GIP);

– violazione dell’articolo 321 c.p.p. e Legge n. 356 del 1992, articolo 12-sexies, con vizio di motivazione (lamentando che non si sarebbe tenuto conto, nella valutazione dei beni posseduti e nel calcolo dell’entita’ della ritenuta sproporzione tra redditi leciti e patrimonio disponibile, dei proventi dell’attivita’ economica svolta dall’indagato, senza tenere infine conto dell’impossibilita’ di computare proventi di evasione fiscale, secondo quanto di recente chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione).

All’odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell’articolo 127 c.p.p., si e’ proceduto al controllo della regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ in parte fondato.

1. Il primo motivo e’ generico e comunque manifestamente infondato.

1.1. E’ generico, atteso che il ricorrente, nel contestare la competenza territoriale del GIP procedente, ritiene competente il GIP del luogo dal quale la p.o. invio’ i tra vaglia postali dei quali si parla nel corpo delle imputazioni provvisorie, senza peraltro indicarlo in ricorso.

1.2. E’ comunque manifestamente infondato, atteso che le decisioni giurisprudenziali citate dal ricorrente riguardano casi nei quali la consegna della somma di denaro estorta aveva avuto luogo direttamente a mani del beneficiario, non come nel caso in esame attraverso l’invio di vaglia postali, per effetto della cui mera spedizione il soggetto attivo, o comunque il terzo beneficiario, non ha ancora incassato nulla.

2. Il secondo motivo e’ fondato.

2.1. Come affermato dal Tribunale del riesame in motivazione (f. 24), la difesa aveva censurato la mancata considerazione della attivita’ economica nel complesso svolta dal ricorrente, e dei suoi proventi, “a prescindere dal fatto che vi sia stata regolare e completa denuncia a fini fiscali”.

A tale rilievo il Tribunale, pur mostrandosi consapevole dell’esistenza sul punto di un contrasto di giurisprudenza, ha replicato dichiarando di aderire all’orientamento per il quale “e’ legittimo il provvedimento di confisca di beni del prevenuto che ne giustifichi il possesso, dichiarando di averli acquistati con i proventi del reato di evasione fiscale”.

Tuttavia, con sentenza n. 33451 del 29 maggio 2014, come corretta in data 13 novembre 2014 (nota alla data della decisione impugnata soltanto attraverso la notizia di decisione, riportata nel provvedimento impugnato, ma insufficiente ai fini de quibus, poiche’ di necessita’ riferita soltanto alla “confisca di prevenzione”, oggetto di rimessione, non anche a quella disposta Legge n. 356 del 1992, ex articolo 12-sexies), le Sezioni Unite di questa Corte, nell’affermare che, “ai fini della confisca di cui alla Legge n. 575 del 1965, articolo 2-ter (attualmente Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 24), per individuare il presupposto della sproporzione tra i beni posseduti e le attivita’ economiche del soggetto, non deve tenersi conto anche dei proventi dell’evasione fiscale”, con la conseguenza che la sproporzione tra i beni posseduti e le attivita’ economiche del proposto non puo’ essere giustificata adducendo proventi da evasione fiscale, atteso che le disposizioni sulla confisca mirano a sottrarre alla disponibilita’ dell’interessato tutti i beni che siano frutto di attivita’ illecite o ne costituiscano il reimpiego, senza distinguere se tali attivita’ siano o meno di tipo mafioso, hanno, peraltro, in motivazione, evidenziato le differenze sussistenti con il diverso istituto della confisca ex articolo 12-sexies cit., rispetto alla quale sono giunte a conclusioni diverse, osservando quanto segue:

“La differente struttura normativa delle due confische e’ di tutto rilievo. In particolare, quella ex articolo 12-sexies e’ legata alla commissione di alcuni reati, mentre l’accertata commissione di reati non e’ presupposto necessario per il giudizio di pericolosita’; la confisca c.d. allargata e’ legata alla non giustificabilita’ della provenienza delle utilita’ ed alla sproporzione rispetto ai redditi dichiarati o alla propria attivita’ economica, quella di prevenzione aggiunge (profilo estraneo alla confisca ex articolo 12-sexies) in alternativa (“ovvero quando”) la riconducibilita’ dei beni, sulla base di sufficienti indizi, al frutto di attivita’ illecite ed al reimpiego delle stesse (“beni (…) che siano il frutto di attivita’ illecite e ne costituiscano il reimpiego”).

E si e’ ritenuto coerente con l’evidenziata diversita’ della struttura normativa dei due istituti, “che per la confisca ex articolo 12-sexies, che prevede che il requisito della sproporzione debba essere confrontato con il “reddito dichiarato” o con la “propria attivita’ economica”, si possa tener conto dei redditi, derivati da attivita’ lecita, sottratti al fisco (perche’ comunque rientranti nella propria “attivita’ economica)” (…). Coerente peraltro e’, sempre con riferimento alla diversa struttura normativa della specifica previsione, che tale approdo non possa essere applicabile alla confisca di prevenzione per la quale rileva – e dunque non e’ deducibile a discarico – anche il fatto che i beni siano “il frutto di attivita’ illecite o ne costituiscano il reimpiego”. Sicuramente l’evasione fiscale integra ex se attivita’ illecita (contra legem) anche qualora non integri reato (…)”.

2.2. Il collegio condivide tale principio, che va, pertanto, ribadito nei seguenti termini:

“Diversamente da quanto deve ritenersi in tema di confisca di prevenzione (Decreto Legislativo n. 159 del 2011, ex articolo 24), in tema di confisca disposta ai sensi della Legge n. 356 del 1992, articolo 12-sexies la sproporzione tra i beni posseduti e le attivita’ economiche del proposto puo’ essere giustificata adducendo proventi da evasione fiscale”.

Come gia’ chiarito da questa Sezione (sentenza n. 49498 dell’11 novembre 2014, CED Cass. n. 261046), l’onere di dimostrare che i beni sequestrati siano stati in ipotesi acquistati, in tutto od in parte, con il provento di attivita’ economiche non denunciate al fisco, incombe sull’interessato.

3. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame, che andra’ condotto conformarsi al principio innanzi enunciato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame.

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