cassazione 9

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 22 aprile 2015, n. 8253

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere

Dott. MATERA Lina – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16846-2009 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che rappresenta e difende unitamente all’avv. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ (OMISSIS) S.N.C. in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1064/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 17/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/01/2015 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega dell’Avvocato (OMISSIS) difensore della ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La societa’ (OMISSIS) con atto di citazione del 21 maggio 2005 conveniva in giudizio davanti alla Corte di Appello di Firenze la societa’ (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedendo la riforma della sentenza n. 697/04 con la quale il Tribunale di Lucca accogliendo l’eccezione di decadenza sollevata dalla convenuta (OMISSIS) aveva rigettato le domande avanzate dall’appellante diretta ad ottenere la riduzione del prezzo della cessione di azienda costituita da due laghetti per la pesca sportiva e bar ristorante con annesso terreno e parcheggio di cui al contratto del 15 luglio 1992 nonche’ il risarcimento del danno. Il Tribunale di Lucca compensava le spese processuali tra le parti. Esponeva l’appellante che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto al decadenza della garanzia per vizi riscontrati (moria di pesci per la cattiva qualita’ dell’acqua dei due laghetti) perche’ non avrebbe considerato: a) che il data 25 maggio 1993 era stato depositato il ricorso per A.T.P. diretto ad accertare lo stato delle acque dei laghetti, che il 26 maggio 1993 aveva denunciato alla societa’ (OMISSIS) i sospettati vizi; b) che mediante CTU e ATP del 7 agosto 1993 era stato accertato il precario equilibrio dell’acqua, c) che corrispondeva solo in parte ai parametri di cui al Decreto Legislativo n. 130 del 1992. Sicche’, il termine di decadenza previsto dall’articolo 1495 c.c. per l’azione di garanzia decorreva dal momento in cui l’acquirente aveva acquistato certezza obbiettiva e completa dei vizi e non solo il sospetto. Il Tribunale di Lucca, altresi’, aveva omesso ogni valutazione e decisione in ordine all’effettiva sussistenza e rilevanza dei vizi, l’esame della domanda di riduzione del prezzo benche’ dalla prova testimoniale fosse emerso che la (OMISSIS) s.a.s. aveva dovuto affrontare ingenti spese per risanare la qualita’ delle acque.

L’appellante chiedeva, quindi, la riforma della sentenza e l’accoglimento della domanda formulata in primo grado.

Si costituiva la societa’ (OMISSIS) contestando le censure mosse dalla parte appellante chiedendo il rigetto dell’appello e in caso di accoglimento della domanda della (OMISSIS) chiedeva che la Corte dichiarasse l’esclusiva e concorrente responsabilita’ di (OMISSIS) e (OMISSIS) proprietari dei beni e locatori.

Si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali eccepivano in via preliminare la tardiva notifica dell’appello e, quindi, il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, oltre l’inammissibilita’ della domanda di riduzione del prezzo, perche’ non era stata riproposta in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, chiedevano, comunque, il rigetto di tutte le domande avanzate dalla societa’ (OMISSIS).

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza n. 1064 del 2008, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese giudiziali.

Secondo la Corte di Firenze considerato che la lettera di contestazione del 26 maggio 1993 era stata inviata esclusivamente a (OMISSIS) e a (OMISSIS), doveva ritenersi maturata l’eccepita decadenza, non essendo emerso dalla prova per testi che la (OMISSIS) sas avesse contestato verbalmente alla societa’ (OMISSIS) il suddetto vizio. Piuttosto, la societa’ Fishin gia’ il 10 maggio 1993 era a conoscenza della qualita’ dell’acqua e della causa della moria dei pesci, mentre era consapevole della mancanza di sorgenti o immissari gia’ dal momento in cui era entrata in possesso dei beni il 15 luglio 1992 al momento della stipula del contratto di cessione dell’azienda.

La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta dalla (OMISSIS) con ricorso affidato a sei motivi, illustrati con memoria. La societa’ (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS) in questa fase non hanno svolto attivita’ giudiziale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo del ricorso la societa’ (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1495 c.c. primo profilo.

a) Secondo la ricorrente la Corte distrettuale ritenendo che nel caso in esame era maturata la decadenza per decorrenza del termine di otto giorni per la denuncia dei vizi della cosa compravenduta, non avrebbe tenuto conto dei principi affermati dalla Corte di Cassazione. In particolare, la Corte di Firenze non avrebbe tenuto conto che il termine di decadenza di cui si dice decorre dal momento della scoperta del vizio e tale momento coincide per il momento in cui il compratore abbia acquisito certezza e non semplice sospetto che il vizio sussista. Ora, sempre secondo al ricorrente, nel caso in esame, i vizi che trattasi, sarebbero stati accertati e dichiarati all’esito della procedura per ATP e soprattutto con il deposito della consulenza tecnica di ufficio del 7 agosto 1993, pertanto la decorrenza dei termini di decadenza decorrevano dal 7 agosto 1993.Sicche’ correttamente la societa’ (OMISSIS) avrebbe denunciato i vizi dato che ha denunciato i vizi alla societa’ (OMISSIS) con lettera raccomandata del 12 maggio 1993 e al venditore (OMISSIS) e (OMISSIS) con raccomandata del 26 maggio 1993. E, ammesso pure che, come vorrebbe la Corte distrettuale, il dies a quo decorresse dal 10 maggio 1993, cioe’, dal deposito della relazione del perito di parte , anche in questo caso nessuna.

decadenza apparirebbe maturata atteso che la lettera raccomandata di contestazione fu inviata alla societa’ (OMISSIS) il 12 maggio 1993 e a (OMISSIS) e (OMISSIS) il 26 maggio 1993. Ne’ risulta mai eccepita e successivamente provata la consapevolezza dell’attuale ricorrente della mancanza di sorgenti o immissari gia’ dal momento della stipula del contratto di cessione di azienda del 15 luglio 1992 atteso che nell’atto nessun riferimento veniva fatto dalle parti a tale circostanza.

Pertanto, conclude la ricorrente, dica la Corte di cassazione se, per gli effetti di cui all’articolo 1495 c.c. ai fini della denuncia del vizio, sia necessario che il compratore acquisisca obiettiva certezza dell’esistenza del difetto e che il dies a quo per la denuncia decorre dal momento del deposito della relazione del CTU in cancelleria qualora sia stato esperito eventuale accertamento tecnico preventivo, allo scopo dell’accertamento del vizio sospettato, e che in ogni caso la tardivita’ della denuncia rispetto alla scoperta del vizio deve essere eccepita in ogni suo elemento dal venditore e dimostrata da quest’ultimo.

1.1.= Il motivo e’ infondato e non puo’ essere accolto, non solo, perche’ si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei dati e documenti processuali, non proponibile nel giudizio di legittimita’, se, come nel caso in esame, la valutazione effettuata dal Giudice del merito non presenti illogicita’ e/o contraddittorieta’, ma, anche, perche’ la decisione assunta dalla Corte di Firenze in ordine al termine di decadenza e’ coerente con quanto accertato e con quanto disposto dall’articolo 1495 c.c., nonche’ con i principi espressi anche da questa Corte in viarie occasioni.

Va qui premesso che, come ha avuto modo di affermare questa Corte in piu’ occasioni, il termine di decadenza previsto dall’articolo 1495 cod. civ. per l’azione di garanzia dei vizi della cosa venduta, decorre dalla effettiva scoperta dei vizi, che si ha quando il compratore ne abbia acquistato certezza obiettiva e completa (e non dalla data in cui i vizi avrebbero potuto essere astrattamente conosciuti). Con la conseguenza che e’ ben possibile che un’esatta identificazione della parte viziata del bene di che trattasi, abbia luogo solo a seguito di un accertamento tecnico.

Ora, nel caso in esame, la Corte di Firenze ha avuto modo di chiarire: a) che la societa’ (OMISSIS) s.a.s. venne a conoscenza della causa della moria dei pesci di cui si dice, con la relazione del 10 maggio 1993 del proprio perito, il quale aveva attribuito la moria dei pesci alla cattiva qualita’ delle acque, cosi’ come si leggeva nel ricorso per ATP (per Accertamento tecnico preventivo), depositato il 26 maggio 1993 e notificato alla societa’ (OMISSIS) il 31 maggio 1993; b) che la lettera raccomandata del 26 maggio 1993 veniva inviata esclusivamente a (OMISSIS) e (OMISSIS); c) non emergeva dalla prova per testi che la societa’ (OMISSIS) s.a.s. avesse contestato verbalmente alla societa’ (OMISSIS) il suddetto vizio. Ne consegue, come evidenzia la sentenza, che la societa’ (OMISSIS) s.a.s gia’ dal 10 maggio 1993 era a conoscenza della qualita’ dell’acqua e della causa della moria dei pesci e non ha provveduto nel rispetto del termine degli otto giorni prescritti dall’articolo 1495 c.c. sotto pena di decadenza a denunciarli al venditore e cioe’ alla societa’ (OMISSIS).

Anche, in ragione di queste considerazioni, la critica alla decisione avrebbe dovuto essere ben piu’ stringente e puntuale, per porre in discussione le valutazioni rese in sentenza. Ne’ e’, sufficiente a contrastare o a porre in discussione, la valutazione della Corte di Firenze, l’affermazione della ricorrente secondo cui il vizio avrebbe dovuto essere ritenuto effettivamente conosciuto ed oggettivamente identificato solo con la relazione del CTU del 7 agosto 1993 per la ragione assorbente che anche il consulente tecnico di parte (CTP), essendo un libero professionista, di regola operante in un determinato campo tecnico/scientifico, al quale una parte in causa – attuale o potenziale – conferisce un incarico peritale, non puo’ che rende noti all’interessato i vizi oggettivamente riscontrati del bene esaminato.

2.= Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1495 c.c. sotto altro profilo. Secondo la ricorrente, erroneamente, la Corte di Firenze avrebbe ritenuto maturata la decadenza dalla garanzia per i vizi perche’ non sarebbe emerso dalla prova per testi che la societa’ (OMISSIS) sas. Avesse contestato verbalmente alla snc (OMISSIS) il vizio, dato che, nel caso di specie, contrariamente a quanto sosterebbe la Corte distrettuale la raccomandata del 12 maggio 1993 inviata dallo studio legale (OMISSIS) ai venditori e contenente la denuncia dei difetti, rappresenterebbe il risultato di varie richieste di chiarimenti in via verbale effettuate dalla societa’ acquirente. Per altro, il comportamento della venditrice, cioe’ il suo essere presente nei luoghi il giorno della morte dei pesci ed il prelievo degli stessi non avrebbe potuto non dimostrare la perfetta conoscenza del vizio lamentato e, conseguentemente, la tempestivita’ della denuncia effettuata nei suoi confronti e anche l’implicita esistenza del vizio stesso.

Pertanto, conclude la ricorrente, in ordine a questo secondo profilo, dica la Corte di Cassazione se per gli effetti di cui all’articolo 1495 c.c., commi 1 e 2, sotto il profilo formale la denuncia del vizio e’ un atto a forma libera, potendo concretarsi in una mera comunicazione verbale e che il vizio puo’ essere riconosciuto dal venditore con la semplice ammissione del fatto, a prescindere che questi ne indichi anche la causa concreta.

2. 1.= Il motivo o questo secondo profilo di una stessa censura e’ inammissibile per mancanza di autosufficienza dato che la ricorrente richiama: a) una lettera del 12 maggio 1993, inviata dallo studio (OMISSIS) ai venditori, che a suo dire conterrebbe la denuncia dei difetti di cui si dice, ma omette di riprodurne il contenuto al fine di accertare l’essenzialita’ della stessa: b) la prova testimoniale, la quale avrebbe dato atto che nel giorno in cui si verificava la moria dei pesci, era presente sul posto la venditrice (e per essa il sig. (OMISSIS)), tuttavia, non viene riportato il contenuto della dichiarazione testimoniale e, comunque, la stessa prova testimoniale viene indicata e valutata parzialmente, mentre, la Corte distrettuale ha offerto una valutazione unitaria e complessiva.

3.= Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta l’omessa motivazione sulla sussistenza e rilevanza dei vizi lamentati. Secondo la ricorrente la Corte di appello anche se era risultata la decadenza dell’azione di garanzia avrebbe dovuto, comunque, e non lo avrebbe fatto, valutare e decidere in ordine all’effettiva sussistenza e rilevanza dei vizi lamentati sul bene oggetto di cessione. Pertanto conclude la ricorrente, dica la Corte di Cassazione se anche nel caso di assorbimento dell’impugnazione a seguito di statuizione sull’elemento presupposto il Giudice del Merito deve, comunque procedere a congrua motivazione in ordine alla dedotta impugnazione.

3.1 .= Il motivo e’ infondato.

E’ sufficiente qui ricordare che questa Corte ha, gia’ avuto modo di chiarire, come “la figura dell’assorbimento, che esclude il vizio di omessa pronuncia, ricorre, in senso proprio, quando la decisione sulla domanda cd. assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, che con la pronuncia sulla domanda cd. assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo piu’ pieno, e, in senso improprio, quando la decisione cd. assorbente esclude la necessita’ o la possibilita’ di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande” (cfh, fra quelle recenti, sent. Sez., n. 172192 del 2012) Dunque, l’ipotesi di assorbimento cd. improprio – che la Corte distrettuale ha reputato sussistere nell’ipotesi in esame per le questioni non espressamente affrontate nella sua motivazione – ricorre allorche’ una domanda venga decisa sulla base della soluzione di una questione di carattere esaustivo, che renda vano esaminare le altre: in sostanza, ove sussista il presupposto logico predetto, la motivazione sufficiente e pertinente e’ proprio quella dell’assorbimento. Pertanto, l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso solo formale), in quanto, in realta’, la decisione cd. assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto come nella specie, oppure di accoglimento) anche sulle questioni cd. assorbite.

Per altro, nel caso in esame, l’assorbimento era giustificato dal fatto che la decadenza dall’azione di garanzia precludeva ogni ulteriore pretesa o diritto della societa’ (OMISSIS) nei confronti della societa’ (OMISSIS).

4.= Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta l’omessa motivazione sulla domanda di riduzione del prezzo. Secondo la ricorrente la Corte di appello di Firenze avrebbe dovuto riconoscere il diritto della societa’ (OMISSIS) ad ottenere il risarcimento dei danni subiti ex articolo 1494 c.c. danni non coperti dalla concomitante richiesta di riduzione del prezzo. Piuttosto, l’aver taciuto in sede di contratto alla societa’ compratrice la presenza dei vizi descritti nonche’ le caratteristiche dei laghetti dimostrerebbe la malafede del venditore. Per altro, va ricordato chiarisce ancora la ricorrente, che l’articolo 1494 c.c. pone a carico del venditore una presunzione di colpa, la quale viene meno solo se lo stesso provi di avere ignorato incolpevolmente l’esistenza dei vizi.

Pertanto, conclude la ricorrente, dica la Corte di Cassazione se per gli effetti di cui all’articolo 1494 c.c., la presunzione di colpevolezza posta a carico del venditore, viene meno qualora lo stesso provi di avere ignorato incolpevolmente l’esistenza dei vizi.

4.1.= Anche questo motivo e’ infondato.

Va qui osservato che il compratore, che abbia subito un danno a causa dei vizi della cosa, puo’ rinunziare alla risoluzione del contratto e alla riduzione del prezzo ed esercitare la sola azione di risarcimento del danno, dipendente dall’inadempimento del venditore. Eppero’, nel caso in cui si chiede il risarcimento del danno – come nella specie – e’ necessario che sussistono tutti i presupposti dell’azione di garanzia e, quindi, siano dimostrate la sussistenza e; la rilevanza dei vizi e osservati i termini di decadenza e di prescrizione e, in genere, tutte le condizioni stabilite per l’esercizio di tale azione (cfr. Cass., n. 1 15481 del 06/12/2001).

Ora, nel caso in esame, l’accertata decadenza dall’azione di garanzia, precludeva, definitivamente, l’accertamento dell’eventuale danno e della relativa domanda giudiziale proposta dalla societa’ (OMISSIS).

Pertanto, correttamente la sentenza impugnata afferma che la censura (relativa anche al mancato accertamento dei danni conseguenti ai vizi della cosa) restava assorbita dall’accertata decadenza dall’azione di garanzia. E, significativamente e a maggior chiarimento la Corte distrettuale ha aggiunto che, oltre al rilievo assorbente che la domanda di riduzione del prezzo era stata abbandonata nel giudizio di primo grado, essendosi la societa’ (OMISSIS) limitata a concludere per il risarcimento del danno, la domanda in appello e’ nuova e dunque inammissibile come rilevabile di ufficio.

5.= Con il quinto motivo (nonostante sia contrassegnato quale sesto perche’ e’ stato considerato secondo motivo il secondo profilo del primo motivo) lamenta l’erronea inammissibilita’ della domanda di riduzione del prezzo di vendita dell’azienda ex articolo 1492 c.c. Secondo la ricorrente avrebbe errato la Corte di Firenze nel ritenere che non sussistevano giusti motivi per la compensazione delle spese di lite del giudizio di primo grado nei confronti dei chiamati in causa (OMISSIS) e (OMISSIS) come, invece, era stato ritenuto dal primo giudice che ha fatto generico riferimento ad una possibile loro responsabilita’ per la moria dei pesci. Eppero’, la Corte distrettuale non ha tenuto conto che il Giudice di prime cure si era dichiarato in sentenza, esentato dall’approfondire la chiamata in garanzia a carico dei locatori, attesa l’infondatezza dell’azione per intervenuta decadenza (eccezione preliminare).

Sicche’ avrebbe dovuto la Corte di Firenze considerare che la cd. soccombenza virtuale poteva considerarsi un giusto motivo per compensare.

Pertanto, conclude la ricorrente dica la Corte di Cassazione se per gli effetti di cui all’articolo 90 c.p.c., la soccombenza cd. virtuale possa ritenersi un giusto motivo per compensare le spese di lite.

5.1.= Anche questo motivo e’ infondato.

Va qui osservato che questa Corte ha gia’ affermato in altra occasione (Cass. n. 23552 del 10/11/2011), e non vi e’ ragione per mutare orientamento, che in tema di liquidazione delle spese di giudizio, le spese sostenute dal terzo chiamato in garanzia una volta che sia stata rigettata la domanda principale, vanno poste a carico della parte che, rimasta soccombente, abbia provocato e giustificato la chiamata in garanzia, senza che il giudice debba compiere alcuna delibazione sulla soccombenza virtuale, ne’ valutare se la domanda attorca si estendesse o meno al terzo, dato che a tal fine e’ sufficiente, soltanto, stabilire se l’instaurazione del rapporto processuale fra il chiamante e il chiamato fosse giustificata dal contenuto della domanda proposta dall’attore verso il convenuto.

Ora, questi principi sono stati osservati, correttamente, dalla Corte di Firenze riformando la sentenza di primo grado in ordine alla compensazione delle spese tra (OMISSIS) e (OMISSIS), chiamati in causa, invece, che posti a carico dell’attrice totalmente soccombente, chiarendo che nel caso in esame la chiamata in causa dei sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) non era stata arbitraria e la pretesa attorca era risultata infondata, pertanto, non vi era ragione di non porre le spese del terzo chiamato a carico della parte attrice totalmente soccombente.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione dato che la societa’ (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS), intimati, in questa fase, non hanno svolto attivita’ giudiziale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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