cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 15 ottobre 2014, n. 43069

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente

Dott. FIANDANESE Franco – Consigliere

Dott. CAMMINO Matilde – Consigliere

Dott. IASILLO Adriano – Consigliere

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 4.10.2013.

Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio;

udite le conclusioni del sostituto procuratore generale dott. Aurelio Galasso, che ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata;

udito il difensore dell’imputato, avv. (OMISSIS), che ha chiesto accogliersi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze, decidendo – quale giudice del rinvio in forza della sentenza di questa Corte, sez. 6, 11.4.2013, n. 17134, di annullamento di App. Firenze, 31.1.2012 – in parziale riforma della sentenza annullata, riconosciuta l’equivalenza delle circostanze attenuanti generiche con l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, ha rideterminato la pena inflitta a (OMISSIS) per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Nel ricorso presentato nell’interesse dell’imputato si premette che lo stesso fu condannato in primo grado per detenzione, al fine di spaccio, di sostanza stupefacente di tipo hashish, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 e 80. A seguito di appello dell’imputato la corte territoriale aveva in seguito escluso la ricorrenza dell’aggravante di cui al citato articolo 80. Accogliendo il ricorso per cassazione presentato dal procuratore generale presso la corte di appello, la sentenza in questione veniva annullata con rinvio per nuovo giudizio.
Si premette anche che, in tale giudizio, oggetto dell’attuale ricorso, la corte di appello ha riconosciuto la ricorrenza dell’aggravante in questione, limitando a questo aspetto la sua valutazione e ritenendo manifestamente infondata la questione di costituzionalita’ sollevata rispetto al Decreto Legge n. 272 del 2005, articolo 4 bis cosi’ come modificato dalla legge di conversione n. 49 del 2006, che novellato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, giacche’ irrilevante nel caso in questione: dove il giudizio e’ stato da questa Corte limitato, per il canone del rinvio, esclusivamente alla sussistenza o meno dell’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2.
Ha infatti affermato la corte territoriale che, attesa la regola generale della formazione progressiva del giudicato di cui all’articolo 624 c.p.p., la decisione di condanna dell’assunta dalla corte di appello sarebbe divenuta irrevocabile nelle parti che non hanno formato oggetto di gravame o comunque di annullamento, e precisamente in relazione all’affermazione di responsabilita’ e dalla indicazione della pena base irroganda, come stabilita dalla corte distrettuale senza tener conto dell’aggravante dell’ingente quantitativo.
Per conseguenza, la declaratoria di illegittimita’ costituzionale del citato articolo 73 non spiegherebbe nessun effetto in questo giudizio.
Tali affermazioni sono ritenute nel ricorso in violazione di legge anche perche’ la corte territoriale, nel decidere sulla citata aggravante, avrebbe fatto applicazione di una giurisprudenza sopravvenuta agli aventi per cui e’ causa, e fatta propria da questa corte nella sentenza di rinvio, di sfavore per l’imputato: con cio’ violando il generale canone di irretroattivita’ della norma sfavorevole per come stabilito anche dall’articolo 7 CEDU.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato per come di seguito esposto.Come noto, la Corte costituzionale con sentenza n. 32 del 11/02/2014 ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale, per contrasto con l’articolo 77 Cost., comma 2, del Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 272, articoli 4- bis e 4- vicies ter (convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2006, n. 49, articolo 1, comma 1), i quali unificano il trattamento sanzionatorio, in precedenza differenziato, previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per i reati aventi ad oggetto le cd. “droghe leggere” e per quelli concernenti le cd. “droghe pesanti”. Le norme impugnate, introdotte in sede di conversione, violano l’indicato parametro costituzionale per difetto di omogeneita’ e, quindi, di nesso funzionale con le disposizioni del decreto-legge, cosi’ discostandosi dai principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale sui limiti di emendabilita’ del provvedimento d’urgenza da parte della legge di conversione. A seguito della declaratoria di illegittimita’ costituzionale, tornano a ricevere applicazione l’articolo 73 del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica e le relative tabelle, in quanto mai validamente abrogati, nella formulazione precedente alle modifiche apportate con le disposizioni impugnate. Nella misura in cui non rispettano la funzione tipica della legge di conversione, facendo uso della speciale procedura per essa prevista al fine di perseguire scopi ulteriori rispetto alla conversione del provvedimento del Governo, le Camere agiscono, infatti, in una situazione di carenza di potere. In tali casi, l’atto affetto da vizio radicale nella sua formazione e’ inidoneo ad innovare l’ordinamento e, quindi, anche ad abrogare la precedente normativa, come nell’ipotesi di norme legislative emanate in difetto di delega.
Dunque, per effetto di tale decisione, rivive la previgente disposizione, che prevedeva, per le sole droghe “leggere”, un trattamento sanzionatorio piu’ favorevole rispetto a quello preso in considerazione dalla Corte territoriale nel presente processo.
Le Sezioni Unite di questa Corte, in data 29 maggio 2014, Gatto, hanno ritenuto, in generale, che la dichiarazione di illegittimita’ costituzionale di una norma penale diversa dalla norma incriminatrice, ma che incide sul trattamento sanzionatorio, comporta la rideterminazione della pena in sede di esecuzione, anche in deroga alla preclusione del giudicato. Dunque, in ragione di questo importante arresto, alla cd. retroattivita’ degli effetti della dichiarazione di illegittimita’ costituzionale deve ritenersi costituzionalmente imposto un limite del giudicato non rigido ed indefettibile ma rimesso – nella sua concreta estensione – alla scelta del legislatore ordinario. Tale limite mobile deve infatti stabilirsi nel rispetto degli articoli 3, 24 e 113 Cost.. In questa prospettiva, sul piano dell’interpretazione costituzionalmente orientata, le disposizioni che regolano specificamente i confini della cd. “retroattivita” degli effetti della dichiarazione di incostituzionalita’ di norme penali devono essere interpretate tenendo conto dell’assetto complessivo del sistema e degli interessi rilevanti nella vicenda – segnatamente, di quelli alla certezza e stabilita’ dei rapporti giuridici, da un lato, e alla tutela della liberta’ personale, dall’altro.
Sulla scorta di questa condivisibile giurisprudenza,la medesima incidenza rispetto al giudicato penale va necessariamente riconosciuta alla declaratoria di illegittimita’ costituzionale invocata dall’odierno ricorrente con riguardo al trattamento sanzionatorio, pur vertendosi sul punto tuttora in fase di cognizione, per evidente identita’ di ratio.
Poiche’ dunque nelle more del presente giudizio e’ intervenuta dichiarazione di illegittimita’ della norma incriminatrice, limitatamente al trattamento sanzionatorio, nella versione in vigore al momento del fatto oggetto di giudizio, fermo restando l’esito sull’accettata penale responsabilita’ dell’imputato, deve concludersi che il trattamento sanzionatorio nella sua interezza – e non soltanto la sussistenza della aggravante del citato articolo 80 – deve costituire oggetto di nuova valutazione della Corte drappello, senza che possa operare la ricordata preclusione, invece ritenuta dalla corte territoriale. Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio sul punto. Rigetta nel resto.

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