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Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza  14 maggio 2014, n. 10607

Svolgimento del processo

L.P.M. e M.E. , R.D. e C.F. impugnavano innanzi al Tribunale di Bologna la delibera dell’assemblea del condominio di via (omissis) , adottata in data 15.7.1996, con la quale era stato, fra l’altro, approvato il bilancio consuntivo del 1995, quello preventivo del 1996 e confermato l’amministratore per l’anno 1996. A sostegno della domanda deducevano l’irregolare costituzione dell’assemblea, per omessa convocazione dei condomini A.A. e degli eredi di R.G. e M. , l’irregolarità della convocazione e il mancato raggiungimento del quorum deliberativo.
Resistendo il condominio, il Tribunale respingeva la domanda.
L’impugnazione proposta dagli attori era respinta dalla Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 479/07. Riteneva la Corte territoriale che all’assemblea avevano partecipato, personalmente o per delega, tutti i 17 condomini, inclusi quelli di cui gli appellanti avevano dedotto l’omessa convocazione, il che escludeva la sussistenza di vizi del procedimento di convocazione. Né aveva rilievo che in prima convocazione l’assemblea fosse stata fissata in giorno festivo e in località fuori dal centro di Bologna, ma talmente prossima alla città da non ostacolare la partecipazione dei condomini. Pertanto, essendo stata l’assemblea correttamente costituita in seconda convocazione il 15.7.1996, dovevano ritenersi rispettate le maggioranze previste dalla legge.
Inoltre, nel verbale dell’assemblea del 15.7.1996 risultavano presenti anche i nominativi degli acquirenti delle unità immobiliari già di M.P. e L.M.E. ; né poteva costituire oggetto di doglianza il fatto che le tabelle fossero rimaste invariate, dal momento che non risultava che tali tabelle avessero formato oggetto di modifica col consenso unanime di tutti i condomini, nonostante le variazioni di consistenza delle singole unità.
Infine, gli ulteriori motivi d’invalidità dedotti nella citazione di primo grado non potevano essere presi in considerazione in quanto inerenti a vizi di legittimità di precedenti delibere dell’assemblea condominiale, tutte impugnate con separati atti che costituivano oggetto di separate cause.
Per la cassazione di tale sentenza M.P. e L.M.E. e R.D. e C.F. propongono ricorso, affidato a cinque mezzi d’annullamento.
Resiste con controricorso il condominio di via (omissis) .
I ricorrenti hanno depositato memoria allegandovi copia della sentenza n. 1376/11 della Corte d’appello di Bologna, di cui sostengono il giudicato, confermativa della sentenza n. 1186/04 del Tribunale di Bologna, che aveva dichiarato la nullità della delibera di nomina dell’amministratore del condominio.

Motivi della decisione

1. – Il primo motivo, sorretto da quesito di diritto ex art. 366-bis c.p.c. (applicabile ratione temporis), denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1136 c.c. e dell’art. 66 disp. att. c.p.c., in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c.. Avendo gli odierni ricorrenti impugnato la delibera 14.11.1994 di nomina dell’amministratore del condominio, ed essendo stata tale nomina dichiarata nulla dal Tribunale di Bologna con sentenza n. 1186/04, tutti gli atti posti in essere dall’amministratore, sostiene parte ricorrente, sono nulli, incluse le convocazioni delle assemblee. La Corte d’appello, afferma parte ricorrente, avrebbe pertanto dovuto riconoscere l’invalidità derivata delle delibere. Il non averlo fatto, violerebbe sia le norme sopra indicate sia gli artt. 282 e 283 c.p.c. sulla provvisoria esecutorietà delle sentenze di primo grado.
2. – Col secondo mezzo è dedotta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi, in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c..
La Corte territoriale, si afferma, ha omesso la motivazione o quanto meno ha reso una motivazione insufficiente circa il numero dei partecipanti al condominio, quello dei presenti in assemblea, i voti favorevoli e contrari e il raggiungimento del quorum deliberativo. In particolare dall’elenco dell’U.T.E. di cui al doc. 43, riportante tutti i subalterni relativi all’immobile, si ricava che le unità immobiliari erano complessivamente 19, e poiché la comunione L. possiede tre unità immobiliari, le c.d. “teste” erano 17. Dal verbale dell’assemblea deliberante si ricava che non vi hanno preso parte i condomini Z.G. e S.M. , proprietari pro quota di un appartamento. Ne deriva che il numero dei condomini cui avrebbe dovuto far riferimento la Corte distrettuale nel verificare il quorum deliberativo era di 16 e non di 17.
3. – Col terzo mezzo è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c..
Secondo parte ricorrente mentre gli attori avrebbero ampiamente provato in via documentale la fondatezza delle proprie domande, il condominio convenuto non avrebbe fornito alcuna prova apprezzabile delle sue tesi. E che la Corte d’appello avrebbe erroneamente valutato le prove documentali facendo uso non corretto delle obiettive risultanze acquisite agli atti, non essendo consentita alcuna forzatura in tema di valutazione probatoria, dovendo sempre il giudice decidere iuxta alligata et probata.
Nel caso di specie, prosegue parte ricorrente, la Corte territoriale avrebbe esercitato il suo potere in maniera distorta e non coerente con le risultanze processuali. Ed evidenzia anche che i valori millesimali all’origine del condominio erano contrattuali, essendo stati accettati dai singoli acquirenti con i titoli d’acquisto, e che, peraltro, i valori proporzionali così sanciti non possono essere riveduti o modificati, in quanto nelle unità immobiliari dei L. – R. non sono intervenuti errori, né ampliamenti, né sopraelevazioni, né cambi d’uso.
4. – Il quarto motivo espone la violazione e falsa applicazione dell’art. 1136,4 comma c.c, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c..
Nel rinviare alle deduzioni difensive svolte all’udienza del 26.6.1997, parte ricorrente sostiene che in relazione a nessuno degli oggetti della delibera impugnata (approvazione bilancio consuntivo 1995, approvazione bilancio preventivo 1996, conferma o revoca dell’amministratore, esame annullamento o revoca delibere 29.4.1996 e 3.7.1996, varie) è stato raggiunto il quorum richiesto dalla legge, neppure ove si ritenga che la delibera impugnata sia stata adottata in seconda convocazione, e che la maggioranza qualificata non sarebbe stata raggiunta nemmeno se tra i voti favorevoli fosse conteggiato quello della condomina assente, O.N. .
5. – Il quinto mezzo, corredato da quesito di diritto, espone la violazione e falsa applicazione degli artt. 1388 e 1399 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c..
Il delegato di O.N. , G.A. , ebbe a depositare la procura ricevuta, avente ad oggetto la sola nomina dell’amministratore. Pertanto, il voto favorevole di lui è stato il legittimante conteggiato su materie diverse, a nulla rilevandola ratifica successivamente rilasciata dalla mandante, ratifica che non ha alcun effetto nei confronti del condominio in quanto l’art. 1399, 2 comma c.c. fa salvi i diritti dei terzi.
6. – Il primo motivo è infondato.
Premesso che la fattispecie è governata, ratione temporis, dall’art. 1129 c.c. nella sua versione originaria (anteriore alla modifica apportata dall’art. 9 della legge n. 220/12, entrata in vigore il 18.6.2013), va osservato che secondo la giurisprudenza di questa Corte l’amministratore del condominio conserva i poteri conferitigli dalla legge, dall’assemblea o dal regolamento di condominio anche se la delibera di nomina (o quella di conferma) sia stata oggetto di impugnativa davanti all’autorità giudiziaria per vizi comportanti la nullità o annullabilità della delibera stessa, ovvero sia decaduto dalla carica per scadenza del mandato, fino a quando non venga sostituito con provvedimento del giudice o con nuova deliberazione dell’assemblea dei condomini (Cass. nn. 7619/06, 739/88 e 572/76; conforme, n. 740/07).
Ne consegue che l’amministratore deve ugualmente esercitare i poteri connessi alle sue attribuzioni, atteso il carattere perenne e necessario dell’ufficio che egli ricopre, e che non ammette soluzioni di continuità; e di riflesso che l’assemblea è regolarmente riunita nella pienezza dei suoi poteri indipendentemente dagli eventuali vizi della precedente delibera di nomina dell’amministratore che l’ha convocata.
7. – Il secondo motivo è inammissibile per la sua genericità ed inconcludenza.
In disparte l’indagine di puro merito di cui si fa carico (e che è inutiliter svolta per la sua incompatibilità col giudizio di cassazione), la censura, assunto quale risultato finale di tale indagine un quorum deliberavo diverso da quello considerato nella sentenza impugnata, manca di allegare e di dimostrare che tale diverso (e per di più inferiore) quorum avrebbe inficiato la delibera impugnata.
8. – Terzo e quarto motivo sono inammissibili perché non corredati da alcun quesito di diritto ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c. (sull’inammissibilità del motivo privo di quesito, cfr. per tutte, Cass. S.U. n. 7258/07, secondo cui è inammissibile per violazione dell’art. 366-bis c.p.c, introdotto dall’art. 6 del d.lgs. n. 40 del 2006, il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte).
9. – Il quinto motivo, munito di quesito di diritto, è infondato già per difetto di decisività della pretesa violazione.
A tacere del fatto che i terzi cui si riferisce il secondo comma dell’art. 1399 c.c. sono unicamente quelli totalmente estranei al rapporto fra il rappresentante, il rappresentato e l’altro contraente, e che tale non è evidentemente il condominio riguardo ai vizi della procura incidenti sul processo formativo della volontà dell’assemblea, va osservato che il motivo non fornisce la necessaria prova di resistenza. Affermata l’irrilevanza della ratifica, il mezzo non allega e non dimostra che senza il voto del delegato non sarebbe stato raggiunto il quorum deliberativo.
10. – In conclusione il ricorso va respinto.
11. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e pone a carico della parte ricorrente le spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge.

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