Suprema Corte di Cassazione

sezione II

Sentenza 11 dicembre 2013, n. 27640

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Presidente

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20238-2007 proposto da:

CONDOMINIO VIALE (OMISSIS) – (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

nonche’ contro

(OMISSIS) SRL;

– Intimata –

avverso la sentenza n. 118/2007 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 12/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso, in subordine per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione regolarmente notificato (OMISSIS) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari il Condominio di (OMISSIS) e, premesso che con atto pubblico del 6-11-1996 l’esponente aveva acquistato un locale cantina in (OMISSIS), al piano interrato del fabbricato avente accesso dalla via (OMISSIS), facente parte di un complesso immobiliare con ingresso nel (OMISSIS), assumeva che in tale locale il suddetto Condominio aveva illegittimamente costruito una scala in muratura che, attraversando per intero lo stesso, collegava la rampa di accesso ai locali scantinati con un giardinetto condominiale; nello stesso locale, acquistato dal (OMISSIS), era stato ubicato un interruttore del cancello e delle luci del giardino condominiale, e l’amministratore del Condominio in piu’ assemblee aveva affermato che esisteva un diritto dei condomini ad utilizzare quella scala, e ne aveva disciplinato l’uso con degli avvisi.

L’attore chiedeva accertarsi che quel locale era di sua proprieta’ e non era gravato da diritti del Condominio, e per l’effetto condannarsi il Condominio alla rimessa in pristino stato dell’immobile tramite eliminazione della menzionata scala e tramite lo spostamento del contatore.

Si costituiva in giudizio il convenuto contestando il fondamento della domanda attrice, sostenendo che il (OMISSIS) non poteva vantare alcun diritto sul locale in questione che, come risultava dal regolamento del condominio predisposto dal costruttore, era sorto come locale destinato alla refrigerazione dell’aria condizionata e quindi ad uso esclusivamente collettivo, rilevando altresi’ che l’impresa costruttrice aveva collocato interruttori in quel locale del quale aveva fornito le chiavi a tutti i condomini; infine sosteneva che si era in ogni caso in presenza di un locale per il quale esisteva la presunzione legale di proprieta’ comune ex articolo 1117 c.c., trattandosi di un bene destinato all’uso collettivo.

Il (OMISSIS) chiedeva ed otteneva a tal punto l’autorizzazione alla chiamata in causa della s.r.l. (OMISSIS) costruttrice dell’immobile e venditrice del locale in contestazione formulando, per il caso di rigetto della sua domanda principale, domanda di risoluzione del contratto di vendita e di risarcimento danni.

Si costituiva in giudizio la chiamata in causa chiedendo l’accoglimento delle domande attrici.

Il Tribunale di Cagliari con sentenza dell’11-5-2005 dichiarava che l’immobile di proprieta’ dell’attore di cui all’atto di citazione non costituiva pertinenza, ne’ era gravato da diritti del Condominio, e per l’effetto ordinava allo stesso Condominio la riduzione in pristino dello stesso immobile mediante la eliminazione della scala e lo spostamento del contatore.

Proposto gravame da parte del Condominio di (OMISSIS) cui resistevano il (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) la Corte di Appello di Cagliari con sentenza del 12-4-2007 ha rigettato l’impugnazione.

Avverso tale sentenza il suddetto Condominio ha proposto un ricorso basato su di un unico articolato motivo seguito successivamente da una memoria cui il (OMISSIS) ha resistito con controricorso; la societa’ (OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.

Questa Corte con ordinanza del 7-5-2013 ha concesso al ricorrente il termine di giorni 90 per la produzione della delibera di autorizzazione dell’amministratore a proporre il ricorso suddetto ed ha rinviato la causa a nuovo ruolo.

Il ricorrente ha depositato tempestivamente la predetta delibera.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo formulato il ricorrente, denunciando violazione dell’articolo 1362 c.c., commi 1 e 2 e articolo 1117 c.c., censura la sentenza impugnata per aver applicato astrattamente alla fattispecie il principio di diritto affermato da questa stessa Corte con la sentenza 18-1-2005 n. 962 e per aver ritenuto che il locale per cui e’ causa fosse semplicemente funzionale all’uso ed al godimento delle unita’ abitative del Condominio stesso.

Premesso che anche secondo una recente sentenza di questa Corte (Cass. 14-2-2006 n. 3159) in tema di condominio un bene deve ritenersi di proprieta’ comune allorche’ sia idoneo, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, a soddisfare interessi comuni, il ricorrente evidenzia che erroneamente il giudice di appello ha affermato che il locale per cui e’ causa, che pure conteneva i tubi dell’impianto di refrigerazione installati dal costruttore, non poteva essere considerato utile all’uso comune per il fatto che detto impianto non sarebbe stato in concreto realizzato; invero, come risultava dalla documentazione fotografica, l’edificio condominiale e’ dotato di un impianto di riscaldamento centralizzato a gasolio che serve tutte e tre le palazzine di cui e’ composto, ed e’ predisposto per l’aria refrigerata con cabina di trasformazione nel locale in questione; inoltre in tale vano si trova una scala che costituisce l’unico accesso ad una porzione di terreno condominiale che, diversamente, non puo’ essere utilizzato dal Condominio, e nello stesso locale e’ collocata la centrale elettrica che comanda il motore del cancello elettrico condominiale che da accesso alla strada e quella che comanda le luci del giardino condominiale.

Il ricorrente sotto ulteriore profilo assume che era evidente la volonta’ delle parti di destinare il locale per cui e’ causa a bene di stretto uso condominiale; infatti la volonta’ del costruttore in tal senso era ricavabile dal comportamento della (OMISSIS), che aveva realizzato la predisposizione dell’impianto di refrigerazione installando nel locale stesso i tubi di convogliamento dell’aria refrigerata dal locale ai singoli appartamenti, mentre la volonta’ del primo acquirente (e di tutti i successivi acquirenti) di destinare detto locale a bene di proprieta’ comune si individua nella sottoscrizione, da parte dello stesso, del regolamento di Condominio nel quale all’articolo 2 punto H) esso viene indicato tra i beni di proprieta’ comune a tutti i condomini; poiche’ peraltro il primo atto di trasferimento stipulato tra la predetta societa’ ed il condomino (OMISSIS) non conteneva alcun riferimento ne’ a detto locale ne’ agli altri locali dove erano stati realizzati i servizi di uso comune, era evidente che per individuare la volonta’ delle parti nel senso sopra indicato era necessario accertare quale fosse stato il loro comportamento successivamente alla conclusione del contratto.

Il motivo e’ infondato.

La sentenza impugnata ha ritenuto preliminare l’esame del motivo di appello relativo alla interpretazione del primo contratto di vendita concluso dalla societa’ costruttrice nel quale era inserita una clausola con cui la (OMISSIS) si era riservata la proprieta’ dei locali scantinati, senza alcuna distinzione tra di essi, onde la clausola suddetta li comprendeva tutti; ha poi aggiunto che il riferimento a questi ultimi non poteva essere limitato ai box auto, dovendosi intendere l’espressione “per cui oggi ne ha potuto parzialmente disporre…” come una specificazione della ragione (la riserva di proprieta’) per la quale poteva disporre in favore dell’acquirente di un locale scantinato destinato a box auto.

Il giudice di appello ha poi aderito alle valutazioni del Tribunale, che aveva escluso che il locale in questione fosse indispensabile per il godimento e l’uso dei beni condominiali; al riguardo era irrilevante la iniziale destinazione di tale locale all’impianto di refrigerazione, posto che all’epoca della prima vendita l’impianto suddetto non esisteva ed allo stesso non era stato fatto alcun riferimento nel contratto; del pari era pure ininfluente la presenza nel locale in questione di quadri elettrici che non risultavano essere stati posizionati nel vano dal costruttore, e che comunque ben avrebbero potuto essere spostati in altri locali su iniziativa del costruttore stesso.

Sotto ulteriore profilo, poi, la Corte territoriale ha ritenuto ininfluente anche la circostanza che nella concessione edilizia il locale in questione fosse stato considerato come vano tecnico; infatti, pur a voler ammettere che effettivamente con l’atto di appello fosse stata depositata copia di due concessioni edilizie relative allo stabile in questione (nonostante che l’indicazione di tali produzioni era seguita dalla scritta a caratteri maiuscoli “NO”, ed in calce all’indice dei documenti prodotti era presente il timbro di avvenuto deposito firmato dal cancelliere), tale produzione sarebbe stata inammissibile, tenuto conto della gia’ intervenuta decadenza in primo grado della parte dalla produzione di documenti, della esistenza di essi anche prima dell’inizio della controversia in primo grado e della sostanziale non decisivita’ di essi, avuto riguardo all’aspetto unicamente di conformita’ o meno della concessione edilizia che essi attesterebbero, circostanza quest’ultima che non avrebbe escluso in ogni caso la legittimita’ della vendita, ne’ avrebbe provato la essenzialita’ del locale per l’esistenza ed il godimento delle unita’ singole.

Infine il giudice di appello ha evidenziato che gli stessi condomini avevano destinato il locale in questione ad un uso non corrispondente a quello che l’appellante sosteneva essere il contenuto della concessione edilizia, uso che non individuava affatto una essenzialita’ del locale stesso per l’esistenza ed il godimento delle singole unita’ ma, piuttosto, una comodita’ costituita dall’accesso, tramite le scale ivi realizzate non dal costruttore, dal piano dove erano posti i box auto al giardino condominiale con accanto alle scale il comando di apertura e chiusura del cancello di accesso al garage ed il quadro delle luci dei corridoi di accesso ai singoli vani scantinati ed al giardino predetto.

Il Collegio ritiene elemento risolutivo della controversia il rilievo che la sentenza impugnata ha escluso il locale per cui e’ causa dal novero delle parti comuni dell’edificio condominiale a seguito dell’interpretazione del primo contratto di vendita stipulato tra la societa’ costruttrice ed il primo acquirente, nel quale la societa’ (OMISSIS) si era riservata anche la proprieta’ dei locali scantinati tra i quali rientrava, in assenza di distinzioni, anche quello oggetto della presente lite; ed invero, rilevato che tale statuizione e’ censurata soltanto genericamente dal ricorrente, che in effetti si e’ limitato a sostenere che il primo atto di trasferimento non conterrebbe alcun riferimento a detto locale senza indicare specificatamente i canoni ermeneutici asseritamente violati dal giudice di appello ne’ tantomeno le modalita’ tramite le quali quest’ultimo si sarebbe discostato dai criteri interpretativi previsti dal codice civile, e’ noto che, per vincere in base al titolo contrario la presunzione legale di proprieta’ comune delle parti dell’edificio condominiale indicate dall’articolo 1117 c.c., occorre fare riferimento all’atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di una unita’ immobiliare dall’originario unico proprietario ad altro soggetto, indagando se la previa delimitazione unilaterale dell’oggetto del trasferimento sia stata recepita nel contenuto negoziale per concorde volonta’ delle parti di riservare al costruttore – venditore la proprieta’ di quei beni che, per ubicazione e struttura, siano potenzialmente destinati all’uso comune (Cass. 4-11-2002 n. 16022).

Da tali premesse consegue che, se in occasione della prima vendita dell’originario proprietario ad altro soggetto di un bene potenzialmente rientrante nell’ambito dei beni comuni risulti riservata ad uno solo dei contraenti (come appunto nella fattispecie alla luce della volonta’ contrattuale di cui al primo atto di trasferimento come interpretata dalla Corte territoriale), deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni (Cass. 26-11-1997 n. 11844; Cass. 27-5-2011 n. 11812); e’ poi evidente che, una volta accertata la sussistenza di una clausola di riserva di proprieta’ in proprio favore del locale in questione da parte della societa’ costruttrice nel primo atto di trasferimento, nessun rilievo puo’ essere attribuito al fatto che successivamente detto locale sia stato inserito nel regolamento di condominio sottoscritto dal primo acquirente tra i beni comuni a tutti i condomini.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di euro 200,00 per spese e di euro 2.000,00 per compensi.

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