Corte di Cassazione, sezione II penale, sentenza 24 maggio 2016, n. 21596

Ai fini della configurabilità del dolo specifico di profitto che concorre a connotare il delitto di ricettazione, non è necessaria l’ingiustizia del profitto perseguito dall’agente

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione II penale

sentenza 24 maggio 2016, n. 21596

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente
Dott. RAGO Geppino – Consigliere
Dott. VERGA Giovanna – Consigliere
Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere
Dott. BELTRANI Sergio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI MILANO;

(OMISSIS), nata il (OMISSIS);

nei confronti di:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

nonche’ da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

contro la sentenza n. 7591/2013 della CORTE APPELLO di MILANO emessa in data 11/06/2015;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita nella PUBBLICA UDIENZA del 18/02/2016 la relazione fatta dal Consigliere dott. SERGIO BELTRANI;

uditi:

– il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO FRATICELLI che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, in accoglimento dei ricorsi del PG distrettuale e della parte civile di (OMISSIS), con rigetto del ricorso dell’imputato (OMISSIS);

– l’avv. (OMISSIS), per la parte civile (OMISSIS), che si e’ riportato alla memoria depositata ed alle conclusioni scritte (con nota spese e note di udienza), chiedendone l’accoglimento;

– l’avv. (OMISSIS) per l’imputato (OMISSIS). che ha chiesto il rigetto dei ricorsi del PG e della parte civile, nonche’, in accoglimento del proprio ricorso, l’assoluzione del proprio assistito dal reato ascrittogli perche’ il fatto non sussiste.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Milano in composizione monocratica, con sentenza emessa in data 17 luglio 2013, aveva dichiarato il dr. (OMISSIS), in atti generalizzato, colpevole del delitto previsto e punito dall’articolo 648 c.p. (per avere, al fine di trarne profitto, consapevolmente ricevuto files e dati dapprima illegalmente intercettati, e poi sottratti dai sistemi informatici della societa’ (OMISSIS), della cui natura era stato specificamente messo a conoscenza da (OMISSIS), in atti generalizzato, all’epoca responsabile della Funzione Security del Gruppo (OMISSIS), il quale, dopo averli memorizzati in un CD Rom, provvedeva, previo specifico accordo con il (OMISSIS), e dietro suo specifico consenso, avvenuti alla presenza degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), in atti generalizzati, a spedire detto CD Rom in forma anonima alla segreteria dello stesso (OMISSIS), che lo faceva poi pervenire alla Security di (OMISSIS), cosi’ legittimandone l’utilizzazione. In (OMISSIS), fatti commessi in data anteriore e prossima al (OMISSIS)) e, ritenute le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, condizionalmente sospesa, oltre al risarcimento del danno cagionato alle pp.cc. costituite, con liquidazione dei danni in separata sede, ed accordando una provvisionale in favore delle sole (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS), in atti generalizzata.

2. La Corte di appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma, ha assolto l’imputato dal reato ascrittogli perche’ il fatto non costituisce reato.

3. Contro questa sentenza, hanno presentato distinti ricorsi l’imputato, il PG distrettuale e la parte civile (OMISSIS).

4. All’odierna udienza pubblica, e’ stata verificata la regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi del Procuratore Generale distrettuale e della parte civile (OMISSIS) sono fondati; il ricorso dell’imputato e’ infondato e va rigettato.

1. Ricorso imputato (OMISSIS).

Premessa ampia disamina in relazione al tema dell’interesse al ricorso, l’imputato ha dedotto:

1 – nullita’ della sentenza per contraddittorieta’ ed illogicita’ manifesta della motivazione nella parte in cui non riconosce – sulla base delle stesse considerazioni in fatto ed in diritto svolte nel provvedimento impugnato – l’insussistenza oggettiva del fatto di reato contestato, per difetto dell’oggetto materiale e, conseguentemente, non assolve l’imputato con la formula “perche’ il fatto non sussiste”; violazione dell’articolo 648 c.p. Premessa la condivisione della conclusiva valutazione di non configurabilita’ del dolo di profitto, e ricostruita una serie di acquisizioni fattuali asseritamente incontrovertibili, il ricorrente lamenta la non configurabilita’ della materialita’ del fatto contestato, rappresentando:

– che nella riunione valorizzata per corroborare la configurabilita’ della fattispecie contestata (dalla partecipazione alla quale sarebbe stata desunta la prova del concorso del dr. (OMISSIS) al reato contestato), non si sarebbe parlato di files informatici e/o di supporti magnetici o cartacei, ma solo di informazioni;

– che vi sarebbe contrasto, in giurisprudenza, tra un orientamento a parere del quale non sarebbe configurabile il reato di ricettazione a carico di soggetto che si sia limitato a ricevere dati, informazioni e notizie tratti da materiale documentale che sia stato oggetto di furto, mancando, in siffatta ipotesi, l’esistenza di una res suscettibile di apprensione e possesso, (Sez. 2, n. 308 del 21/10/2004, dep. 2005, Buzzoni, rv. 230426; Sez. 2, n. 34717 del 23/04/2008, Matacena, rv. 240688, per la quale ultima, in particolare, non potrebbe assumere rilievo, in siffatta situazione, il supporto materiale – DVD, CD Rom, copia cartacea su cui circola l’informazione, essendo esso meramente strumentale alla rivelazione del segreto), ed altro orientamento la cui ratio decidendi lascerebbe intendere che sono suscettibili di mobilizzazione le informazioni “incorporate” in un documento, poiche’, se i beni immateriali sono insuscettibili di detenzione fisica, l’entita’ materiale su cui tali dati sono trasfusi ed incorporati (anche attraverso la stampa del contenuto) acquisisce il valore di questi, assumendo la natura di documento originale e non di mera copia (Sez. 2, n. 33839 del 12/07/2011, Simone, rv. 251179; Sez. 5, n. 47105 del 30/09/2014, Capuzzimati, rv. 261917);

– al momento della riunione predetta, non esisteva alcun supporto fisico che avesse determinato la effettiva materializzazione dei dati informatici in ipotesi indebitamente carpiti;

– la partecipazione dell’imputato alla vicenda inizia e finisce con la partecipazione alla riunione stessa;

– non sarebbe configurabile, in considerazione dei rilievi che precedono, la materialita’ del delitto di ricettazione.

2. Ricorso P.G. distrettuale.

Il P.G. distrettuale ha dedotto:

1 – violazione dell’articolo 648 c.p. (poiche’ anche il fine di autodifesa, accreditato dalla Corte di appello a giustificazione della ricezione dei beni indicati nella contestazione, integra il necessario profitto, non risultando configurabile in materia la causa di giustificazione dell’esercizio del diritto);

2 – violazione dell’articolo 603 c.p.p. e articolo 111 Cost. (poiche’ per enucleare il predetto fine di autodifesa, la Corte di appello ha, tra l’altro, valorizzato dichiarazioni rese ex articolo 391-bis c.p.p. al difensore dell’imputato dai testimoni (OMISSIS) (in data (OMISSIS)) e (OMISSIS) (in data (OMISSIS)), acquisite all’udienza 11 giugno 2015; dette dichiarazioni extradibattimentali si porrebbero, peraltro, in contrasto con quanto dai predetti soggetti dichiarato nel corso dei rispettivi esami dibattimentali; la Corte di appello avrebbe errato sia nell’acquisire i verbali de quibus in difetto dei presupposti di cui all’articolo 603 c.p.p., non trattandosi di prove nuove, sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, sia nel non disporre, comunque, l’esame dibattimentale dei predetti soggetti, pur espressamente richiesto dal PG di udienza; le dichiarazioni del (OMISSIS) sarebbero state, infine, assunte in violazione dell’articolo 391-bis cit.;

3 – difetto, illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione quanto all’individuazione del necessario dolo specifico (poiche’ le dichiarazioni rese in primo grado dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS) indicavano concordemente la finalita’ dell’imputato di avvalersi di dati illecitamente acquisiti per trarre vantaggio nella disputa avente ad oggetto l’acquisizione di (OMISSIS), mentre la Corte di appello avrebbe – quanto al fine dichiarato dalla difesa dell’imputato – accreditato unicamente le dichiarazioni rese da (OMISSIS), senza valutarne la coerenza interna); la Corte di appello sarebbe, inoltre, incorsa in travisamento, nella parte della motivazione in cui ricostruisce le modalita’ di presentazione della denunzia in Brasile e poi in Italia, essendo quest’ultima, secondo quanto documentato ex actis, riconducibile non all’imputato, ma al vice-presidente del settore sicurezza di (OMISSIS), (OMISSIS); non corrisponderebbe al vero l’affermazione che la denunzia sarebbe stata presentata in Brasile soltanto per ragioni di competenza, considerato l’uso che (OMISSIS) stava facendo in Italia dei files riservati in oggetto, allo scopo di influenzare il mercato e condurre una campagna di stampa caratterizzata da attacchi personali contro il dr. (OMISSIS) e la sua famiglia, tenuto anche conto del fatto che quest’ultimo, a sua volta, mirava a conseguire il controllo di (OMISSIS) a condizioni favorevoli; la Corte di appello non avrebbe verificato l’effettivita’ della denunzia in Brasile: in realta’, non ci sarebbe stata nessuna denunzia, ne’ da parte dell’imputato personalmente, ne’ da parte di (OMISSIS), ma la mera consegna da parte dello (OMISSIS) alla Polizia brasiliana di un CD Rom con implicito invito a prenderne cognizione, per finalita’ che eccedevano le esigenze puramente difensive, ma si concretizzavano nell’intento di attaccare a tutto campo la (OMISSIS) (desumibile anche dalle dichiarazioni del (OMISSIS)); risulterebbe illogico – in presenza di tutto quanto riepilogato – ritenere che la scalata di (OMISSIS) costituisse mero ed ininfluente movente delle condotte accertate.

3. Ricorso parte civile (OMISSIS).

La parte civile (OMISSIS) ha dedotto:

1 – erronea applicazione dell’articolo 648 c.p..

1.1. quanto al ritenuto difetto del necessario dolo specifico (in realta’ integrato anche da finalita’ di profitto non patrimoniale, in difetto della configurabilita’ di cause di giustificazione);

1.2. quanto all’oggetto della ricettazione, anche in riferimento al necessario dolo specifico (risultando chiare le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) – verbale udienza 13 giugno 2013, f. 4 del ricorso – in merito a quanto discusso nel corso della gia’ citata riunione, quanto alla gia’ intervenuta illecita acquisizione dei documenti in questione, non alla mera possibilita’ di acquisirli, ed alla gia’ avvenuta abusiva intrusione nel sistema informatico della (OMISSIS), che aveva consentito di acquisire documenti, non mere informazioni; risulterebbe, infine, travisante l’affermazione che, al momento dell’acquisizione, vi sarebbe stato un assenso inconsapevole, dell’imputato rispetto al “valore aggiunto nella prospettazione soggettiva dell’autore” – f. 29 del ricorso – poiche’ risulterebbe provato che il (OMISSIS) aveva spiegato all’imputato sia il contenuto che il valore dei documenti acquisiti, e che l’imputato aveva immediatamente prestato il suo consenso all’acquisizione di documenti dei quali conosceva l’illecita provenienza);

2 – vizio di motivazione per travisamento della prova ed illogicita’ in relazione alle dichiarazioni dei testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) quanto all’intento manifestato dall’imputato, in realta’ non meramente difensivo;

3 – violazione dell’articolo 603 c.p.p. per illegittima rinnovazione dell’istruzione dibattimentale; violazione degli articoli 498 c.p.p. e ss. e articolo 511 c.p.p., nonche’ articolo 111 Cost., comma 4, per illegittima acquisizione in appello dei verbali di indagini difensive contenenti le dichiarazioni dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS) – vizio di motivazione in riferimento all’indebita utilizzazione degli esiti delle predette prove illegittimamente acquisite;

4 – vizio di motivazione per travisamento della prova, per non essere stata mai proposta denunzia dall’imputato o dai suoi familiari, ne’ da (OMISSIS) o da (OMISSIS) conseguente illogicita’ della motivazione;

5 – ulteriore illogicita’ della motivazione quanto alla intervenuta valorizzazione del fatto che l’indicazione di presentare la denunzia in Brasile non sarebbe attribuibile all’imputato (ne’ conseguentemente valorizzabile al fine di accreditare l’invocato fine di autodifesa), bensi’ all’avv. (OMISSIS); peraltro, nessuna denunzia risulterebbe presentata in Brasile.

In data 2 febbraio 2016 risulta depositato un motivo nuovo:

– violazione della legge processuale per illegittima acquisizione della sentenza della Corte di assise di Milano del 13 febbraio 2013, non passata in giudicato, impugnazione riguardante anche l’ordinanza con la quale in data 11 giugno 2015 la Corte di appello di Milano aveva disposto la predetta acquisizione.

Contestualmente, la parte civile ha articolato memoria a confutazione del ricorso dell’imputato.

4. La decisione.

Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilita’ per tardivita’ del motivo nuovo articolato dalla parte civile, non essendo stata l’ordinanza dibattimentale de qua impugnata con il ricorso originario: i motivi nuovi di impugnazione devono, infatti, essere inerenti ai temi specificati nei capi e punti della decisione investiti dall’impugnazione principale gia’ presentata, e risultare in necessaria connessione funzionale con quelli originari (Sez. 6, sentenza n. 6075 del 13/1/2015, Comitini, rv. 262343; Sez. 1, n. 34461 del 10/03/2015, Pica, rv. 264493).

In applicazione del principio, ritiene il collegio che non risulti consentita, perche’ tardiva, l’impugnazione con motivo nuovo ex articolo 585 c.p.p., comma 4, per violazione di legge (nel caso di specie, processuale), dell’ordinanza dibattimentale non impugnata con il ricorso originario.

5. Per esigenze di ordine logico, va preliminarmente esaminato il ricorso dell’imputato, riguardante la materialita’ del reato in contestazione.

5.1. Sussiste l’interesse al ricorso dell’imputato.

La giurisprudenza di legittimita’ ha gia’, in piu’ occasioni, chiarito che sussiste l’interesse dell’imputato ad impugnare la sentenza di assoluzione “perche’ il fatto non costituisce reato”, al fine di ottenere l’assoluzione perche’ il fatto non sussiste, avuto riguardo ai possibili effetti pregiudizievoli derivanti dalla formula censurata in sede di giudizio amministrativo, civile o disciplinare (Sez. 2, n. 33847 del 18/05/2010, De Filippis, rv. 248127; Sez. 6, n. 13621 del 06/02/2003, Valle, rv. 227194).

5.2. Il ricorso e’, nel suo complesso, infondato.

5.2.1. Deve premettersi che la giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, Buraschi, rv. 243636), con orientamento che il collegio condivide e ribadisce, ha gia’ osservato che, in presenza di una c.d. “doppia conforme”, ovvero di una doppia pronuncia di uguale segno (nel caso di specie, riguardante l’affermazione di responsabilita’), il vizio di travisamento della prova puo’ essere rilevato in sede di legittimita’ solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato e’ stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (“Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’articolo606 c.p.p., comma 1, lettera e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, e’ ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso puo’ essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del devolutum con recuperi in sede di legittimita’, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice”).

Nel caso di specie si e’ in presenza di una c.d. “doppia conforme” quanto alla materialita’ del reato contestato, e la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio gi’a’ sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, e’ giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della materialita’ del reato contestato.

In particolare, la Corte di appello (f. 13) ha premesso che non risultava devoluta la questione riguardante la possibilita’ di qualificare la condotta tenuta dall’imputato ai sensi degli articoli 110 e 615-ter c.p. (come invero le difese svolte dall’imputato sembrerebbero avvalorare, nella parte in cui riferiscono che i dati dei quali si discute non sarebbero stati gia’ acquisiti nel momento in cui ebbe luogo la riunione della quale si e’ in piu’ parti dei ricorsi discusso, e che l’imputato si sarebbe in quella sede limitato ad assicurare il proprio assenso alla futura acquisizione degli stessi); doveva, pertanto, ritenersi non contestato che l’imputato fosse estraneo alle accertate illegittime intrusioni negli altrui sistemi informatici eseguite per procurarsi la disponibilita’ dei dati dei quali si discute, gia’ in disponibilita’ – alla data della riunione – del c.d. (OMISSIS) (f. 13).

Cio’ premesso, la Corte di appello (valorizzando le dichiarazioni di (OMISSIS), motivatamente ritenute attendibili, oltre che sorrette da utili elementi di riscontro, individuati nelle dichiarazioni di (OMISSIS), in atti generalizzata, segretaria del dr. (OMISSIS), oltre che, pur indirettamente, nelle dichiarazioni di (OMISSIS), in atti generalizzato, autore materiale delle indebite intrusioni che avevano procurato la disponibilita’ dei dati de quibus), ha incensurabilmente ritenuto accertata la condotta attribuita all’imputato dall’imputazione contestata, consistita nella “consapevole acquisizione dei files e dati sottratti dai sistemi informatici della societa’ (OMISSIS), memorizzati nel CD che (OMISSIS) faceva pervenire alla segretaria di (OMISSIS), all’esito della riunione tenuta nel suo ufficio, presenti anche gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), in data anteriore e prossima al 27.9.2004”; in quella sede, l’imputato diede “espressa autorizzazione (..) all’utilizzo del materiale informativo”, nella consapevolezza “della illecita provenienza dei dati ed informazioni cosi’ acquisiti” (f. 15 della sentenza impugnata, con riepilogo delle risultanze all’uopo valorizzate nelle pagine successive).

5.3. Il ricorrente si limita a reiterare le doglianze gia’ sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti decisivi delle prove valorizzate, ed essenzialmente lamentando, sia pur con ricchezza di argomentazioni:

– la non intervenuta acquisizione, all’atto della riunione, dei dati de quibus, al piu’ illegittimamente visualizzati dagli autori materiali delle indebite intrusioni costituenti reato presupposto della condotta contestata, ma non ancora “materializzati”;

– in diritto, la non configurabilita’ della contestata ricettazione per difetto di materialita’ delle res che, secondo la contestazione, ne avrebbero costituito oggetto, e comunque l’irrilevanza della eventualmente intervenuta o sopravvenuta “materializzazione” dei dati illecitamente carpiti da terzi;

– la partecipazione dell’imputato ad un solo segmento della complessa vicenda costituente oggetto di contestazione, ovvero alla sola riunione fin qui piu’ volte menzionata.

5.3.1. Deve, in senso contrario, ritenersi incensurabilmente accertato che nel corso della “famosa” riunione – che ebbe luogo in epoca anteriore e prossima al 27 settembre 2004 – si sia discusso di dati non meramente visualizzati, ma gia’ estratti (di “materiale gia’ acquisito” ha parlato in dibattimento il (OMISSIS), a conferma di quanto gia’ inizialmente dichiarato nel 2010: f. 18 della sentenza impugnata) e “materializzati”, in quanto inizialmente riversati in 5 DVD compressi, per un volume di 50 megabyte (cfr. dichiarazioni del (OMISSIS), riportate a f. 18 ss. della sentenza di primo grado, ed esiti della CT espletata dal PM): la Corte di appello ha, sul punto, concluso (f. 26 s. della sentenza impugnata) che “sulla base della ricostruzione accolta, e’ provato – attraverso la consulenza espletata dal P.M. e rimasta non smentita in atti – che il CD Rom fu masterizzato il 10.7.2004; risulta, poi, che fu consegnato da (OMISSIS) all’AG brasiliana il 10.8.2004. Al momento della riunione, quindi, l’autorizzazione fu espressa dall’imputato sulle informazioni che (OMISSIS) presentava come pregiudizievoli per la (OMISSIS), le quali venivano successivamente trasfuse nel CD Rom pervenuto, su disposizione espressa di (OMISSIS), alla segretaria (OMISSIS)”.

5.3.2. E’ infondata la doglianza riguardante la presunta non configurabilita’, per difetto di materialita’, della contestata ricettazione.

Come gia’ chiarito dalla dottrina tradizionale, in senso giuridico, “cosa” e’ “tutto cio’ che puo’ formare oggetto di diritti patrimoniali. Piu’ precisamente, per il diritto sono “cose” tutti gli oggetti corporali e quelle altre entita’ naturali che hanno un valore economico e sono suscettibili di appropriazione. Sostanzialmente la nozione giuridica di cosa corrisponde a quella economica di “bene””. Secondo altra, piu’ recente, dottrina, non rientrano tra le “cose” “beni immateriali (come la proprieta’ intellettuale), i diritti, le pretese, le aspettative, a meno che non siano incorporati in supporti materiali che li rappresentano o li documentano (ad es. assegni, libretti a risparmio ecc.): cosi’, ad es., puo’ integrare il reato di furto la sottrazione di un floppy-disk contenente una creazione letteraria o una ricerca scientifica”, e non vi rientrano neanche i dati informatici (considerati autonomamente, ovvero scissi dal supporto materiale che li incorpora), come ad es. il software, che il legislatore tutela autonomamente, assimilandolo alle opere dell’ingegno (L. n. 633 del 1941, articolo 171-bis, come mod. con L. n. 248 del 2000).

Inoltre, tra le “cose mobili”, che l’articolo 812 c.c., comma 3, definisce in via residuale, rientra, secondo il tradizionale, ma sempre valido insegnamento della giurisprudenza (Sez. 2, n. 481 del 19/02/1971, Baldo, rv. 119221), “qualsiasi oggetto corporeo, qualsiasi entita’ materiale, suscettibile di detenzione, sottrazione ed impossessamento, facente parte del patrimonio, inteso in senso ampio e non soltanto sotto il profilo strettamente economico, che rivesta un apprezzabile interesse e la cui appropriazione determini un detrimento patrimoniale (in senso ampio) per il soggetto passivo ed arrechi una qualsiasi utilita’ o vantaggio (economicamente valutabile o meno) per l’agente”.

“Cosa mobile” e’, pertanto, l’entita’ materiale su cui beni immateriali vengono trasfusi, “anche se e’ il valore del bene trasfuso che conferisce alla fisicita’ della cosa la funzione strumentale che ne caratterizza la rilevanza penale. Incorporando il bene immateriale, tali entita’ materiali acquisiscono il valore di questo, diventando cose idonee a soddisfare quei particolari bisogni umani cui il bene e’ strumentale” (Sez. 5, n. 47105 del 30/09/2014, Capuzzimati, rv. 261917).

Non puo’ dunque dubitarsi che il supporto informatico, sul quale furono trasferiti i dati indebitamente carpiti attraverso le illegittime intrusioni in altrui sistema informatico costituenti reati presupposto della contestata ricettazione, costituisca “cosa”, ed in particolare, “cosa mobile”, proveniente dal delitto di cui all’articolo 615-ter c.p., ai sensi ed ai fini dell’articolo 648 c.p..

5.3.3. Ne’ puo’ dirsi che una tal valutazione giuridica, e la conseguente decisione, fosse non prevedibile nel momento in cui fu posta in essere la condotta, risalente al 2004.

Deve, in proposito, premettersi che il collegio condivide e ribadisce l’orientamento per il quale l’articolo 7 della Convenzione EDU – cosi’ come conformemente interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU – non consente l’applicazione retroattiva dell’interpretazione giurisprudenziale sfavorevole di una norma penale nel caso in cui il risultato interpretativo non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione e’ stata commessa (Sez. fer., n. 35729 del 01/08/2013, Agrama, rv. 256584: fattispecie nella quale e’ stata, tuttavia, esclusa la ravvisabilita’ della necessaria imprevedibilita’ interpretativa della contestata soluzione, perche’ gia’ accolta da un precedente orientamento giurisprudenziale; in argomento, cfr. anche Sez. 4, sentenza n. 46764 del 19/11/2013, Nourdin, rv. 258564).

Deve, peraltro, rilevarsi che l’orientamento richiamato dal ricorrente (Sez. 2, n. 34717 del 23/04/2008, Matacena, rv. 240688, unica decisione segnalata con espresso riferimento all’irrilevanza della successiva “materializzazione”) e’ senz’altro posteriore rispetto al momento in cui ebbe luogo la condotta contestata, e’ stato certamente non dominante – a fronte dell’insegnamento tradizionale innanzi ricordato – e, comunque, riguardava specificamente altra norma penale incriminatrice (l’articolo 326 c.p.), posta a tutela di un diverso bene-interesse (non il patrimonio, ma la P.A.).

5.3.4. Ne’ puo’ ritenersi, ai fini della compiuta valutazione dei fatti accertati, che il ruolo assunto dal dr. (OMISSIS) nell’ambito della vicenda in oggetto si sia limitato alla partecipazione alla predetta riunione: risulta, infatti, accertato – essenzialmente attraverso le dichiarazioni di (OMISSIS), segretaria dell’imputato, sul cui contenuto e sulla cui attendibilita’ la stessa difesa dell’imputato nulla ha obiettato – che, dopo aver concordato con i presenti, nel corso della riunione piu’ volte ricordata, le modalita’ attraverso le quali avrebbe dovuto aver luogo l’acquisizione della disponibilita’ dei dati in oggetto, l’imputato avverti’ la segretaria dell’imminente arrivo di un pacco anonimo proveniente dal Brasile, che non doveva essere cestinato, ma trasmesso con urgenza alla Divisione Security, in tal modo continuando a disporre di quanto era contenuto nel pacco anche dopo la riunione.

6. Possono essere esaminati congiuntamente, e sono fondati, il 2 motivo del ricorso del PG distrettuale ed il 3 motivo della parte civile, che alla contestata acquisizione si erano opposti, ed hanno espressamente impugnato, unitamente alla sentenza, anche quanto stabilito dall’ordinanza dibattimentale che la predetta acquisizione aveva disposto.

6.1. Deve premettersi che il divieto per le parti di assumere informazioni da persone gia’ chiamate a testimoniare, secondo quanto previsto dall’articolo430-bis c.p.p., non e’ applicabile al giudizio d’appello nell’ipotesi di rinnovazione istruttoria per l’assunzione di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado (Sez. 3, n. 36826 dell’08/07/2009, Khemissi Rafik, rv. 244932).

6.2. Cio’ premesso, la giurisprudenza ha gia’ ritenuto che il diritto del difensore di svolgere indagini difensive, pur esercitabile in ogni stato e grado del procedimento, deve tuttavia essere coordinato, affinche’ i risultati di dette indagini possano trovare ingresso nel processo, con i criteri ed i limiti specificamente previsti dal codice per la formazione della prova (Sez. 3, 3, sentenza n. 35372 del 26/05/2010, G., rv. 248366: fattispecie di richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in grado d’appello, che si e’ ritenuto essere stata correttamente rigettata in quanto la documentazione acquisita per mezzo delle indagini difensive, e che si chiedeva fosse acquisita al giudizio, non costituiva una prova nuova sopravvenuta e il processo era definibile allo stato degli atti).

Il principio e’ stato ulteriormente ribadito da Sez. 6, sentenza n. 1400 del 22/10/2014, dep. 2015, P.R., rv. 261798, pur in relazione a fattispecie in parte diversa (trattavasi di richiesta di rinnovazione dell’istruzione in giudizio abbreviato d’appello mediante acquisizione di verbali di dichiarazioni assunte in sede di indagini difensive, che la S.C. ha ritenuto inammissibile in quanto, nel giudizio abbreviato, le prove integrative di natura dichiarativa devono essere assunte dal giudice, ai sensi dell’articolo 422 c.p.p.), osservando che il diritto del difensore di svolgere indagini difensive, pur esercitabile in ogni stato e grado del procedimento, deve tuttavia essere coordinato, affinche’ i risultati di dette indagini possano trovare ingresso nel processo, con i criteri ed i limiti specificamente previsti dal codice per la formazione della prova.

6.2.1. A parere del collegio, deve convenirsi con il rilievo che “la previsione della spendibilita’ degli atti di indagine difensiva in ogni stato e grado del procedimento (articolo 327-bis c.p.p., comma 2) debba essere coordinata con le regole fisiologiche di utilizzabilita’ degli atti di parte ed anche con le caratteristiche proprie della fase e del grado (Sez. 3, Sentenza n. 35372 del 26/05/2010, rv. 248366), tanto che, per esempio, resta preclusa la produzione degli esiti di investigazione difensiva nell’ambito del giudizio di legittimita’ (Sez. 3, Sentenza n. 41127 del 23/05/2013, rv. 256852)”.

In armonia con tale premessa, deve rilevarsi che l’articolo 603 c.p.p. disciplina le modalita’ di ingresso nel giudizio di appello di elementi sopravvenuti rispetto al giudizio di primo grado ed in ipotesi assolutamente rilevanti ai fini della decisione; e, quanto si tratti di fonti dichiarative, esse devono essere assunte e condotte dal giudice, non potendo tale sub procedimento acquisitivo essere surrogato della produzione e dall’acquisizione di verbali formati unilateralmente dalle parti. In tal senso e’ inequivoca la lettera dell’articolo 603 c.p.p., comma 1, che evoca espressamente la “rinnovazione dell’istruzione dibattimentale”, all’evidenza richiamandone la disciplina (contenuta negli articoli 496 c.p.p. e ss., comunque applicabili in appello in forza del generale richiamo di cui all’articolo 598 c.p.p.), e quindi prevedendo che l’acquisizione delle prove dichiarative in ipotesi sopravvenute avvenga nel contraddittorio dibattimentale.

6.2.2. Ne’ potrebbe ritenersi legittimamente intervenuta, nel caso di specie, una mera acquisizione dibattimentale, poiche’ costituiscono “documento” “solo i mezzi rappresentativi formati fuori dal processo, indipendentemente dalla loro destinazione ad un uso nell’ambito del giudizio, ed un verbale di prova testimoniale costituisce l’esatto opposto” (Sez. 6, n. 1400 del 2015 cit.).

6.3. Non puo’ dubitarsi della decisivita’ delle dichiarazioni de quibus ai fini della conclusiva statuizione impugnata dal PG distrettuale e dalla parte civile (OMISSIS), poiche’ la finalita’ auto difensiva, valorizzata dalla Corte di appello ai fini dell’assoluzione dell’imputato dal reato ascrittogli perche’ il fatto non costituisce reato, e’ stata essenzialmente desunta dalla nuove dichiarazioni rese dopo la sentenza di primo grado dai dichiaranti innanzi indicati – gia’ esaminati nel corso del dibattimento di primo grado – al difensore dell’imputato nell’espletamento di attivita’ di indagine difensive.

D’altro canto, la stessa Corte di appello (f. 12 della sentenza impugnata) ha espressamente motivato la (pur illegittima) acquisizione dei verbali de quibus proprio valorizzandone non soltanto il carattere di novita’ (all’evidenza desunto non dalla provenienza, quanto dal contenuto degli elementi conoscitivi apportati), ma anche la necessita’ “per la compiuta ricostruzione dei fatti e della cronologia degli eventi” (f. 13 della sentenza impugnata).

7. Possono essere esaminati congiuntamente, e sono fondati, anche il I motivo del ricorso del PG distrettuale ed il 1 motivo della parte civile, riguardanti le connotazioni del fine di profitto che concorre ad integrare il dolo del delitto di ricettazione.

7.1. Il dolo del delitto di ricettazione, secondo la dottrina risalente, ma sempre valida, e’ misto, perche’ generico quanto alla coscienza e volonta’ di ricevere cose provenienti da delitto, e specifico quanto appunto al fine di trarne profitto per se’ o per terzi.

7.2. Quanto alla componente specifica del predetto dolo, deve premettersi che pacificamente il profitto, il cui conseguimento integra il dolo specifico del reato di ricettazione, puo’ avere anche natura non patrimoniale (Sez. 2, sentenza n. 11083 del 12/10/2000, Di Re, rv. 217382, in fattispecie relativa all’acquisto di prodotti falsificati, usati per arredare le vetrine del negozio, con riguardo alla quale la S.C. ha ritenuto integrato l’elemento psicologico del delitto del vantaggio genericamente economico conseguito attraverso l’abbellimento della vetrina, benche’ i beni falsificati ed usati per arredare la medesima – borse e ombrelli – fossero diversi dai beni – vini e liquori – commercializzati nel negozio; Sez. 2, n. 44378 del 25/11/2010, Schiavulli, rv. 248945, in fattispecie relativa alla detenzione di una camicia militare, recante scritte in caratteri ebraici, dell’esercito israeliano, considerata rappresentativa di Israele, e costituente provento di rapina perpetrata da giovani intenti a distribuire volantini di propaganda politica anti-israeliana).

7.3. Cio’ premesso, osserva il collegio che, ai fini della configurabilita’ del dolo specifico che connota il delitto di ricettazione, non e’ necessaria l’ingiustizia del profitto perseguito dall’agente (in tal senso, cfr. Sez. 1, n. 6695 del 07/03/1979, Ledita, rv. 142633, e Sez. 2, n. 17718 del 07/04/2011, Conte, rv. 250156; in senso contrario, argomenta da Sez. 2, sentenza n. 25828 del 2007).

Invero, l’ingiustizia del profitto perseguito non e’ richiesta, ai fini dell’integrazione del dolo specifico, dall’articolo 648 c.p., ma soltanto dagli articoli 628, 630 e 646 c.p. (il necessario “profitto” e’, inoltre, espressamente qualificato come “ingiusto” soltanto ai fini dell’integrazione della materialita’ dei reati di cui agli articoli 629 e 640 c.p.), mirando l’incriminazione dei fatti di ricettazione anche a vietare la circolazione delle cose provenienti da delitto ed a prevenire la commissione dei reati presupposto.

Risultano, pertanto, irrilevanti ai fini della configurabilita’ del reato di ricettazione le connotazioni del profitto perseguito dall’agente, che potranno rilevare ai soli fini della qualificazione del fatto ex articolo 648 c.p., comma 2, nonche’ della determinazione ex articolo 133 c.p. del trattamento sanzionatorio.

8. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio, che andra’ celebrato uniformandosi ai seguenti principi di diritto:

“Il diritto del difensore di svolgere indagini difensive, pur esercitabile in ogni stato e grado del procedimento, deve tuttavia essere coordinato, affinche’ i risultati di dette indagini possano trovare ingresso nel processo, con i criteri ed i limiti specificamente previsti dal codice per la formazione della prova, nel caso di specie, con riferimento al giudizio d’appello”;

“ai fini della configurabilita’ del dolo specifico di profitto che concorre a connotare il delitto di ricettazione, non e’ necessaria l’ingiustizia del profitto perseguito dall’agente”.

9. Le predette statuizioni assorbono le ulteriori doglianze del PG distrettuale e dalla parte civile ricorrente riguardanti punti della decisione impugnata logicamente successivi, quanto:

– all’apparato motivazionale della sentenza impugnata in riferimento all’accreditato fine dell’imputato (secondo i ricorrenti, la Corte di appello non avrebbe, infatti, considerato – ad esclusione dell’accreditato fine difensivo dell’imputato – che i dati indebitamente carpiti, riversati su un CD Rom acquistato in Brasile e masterizzato utilizzando un software di lingua portoghese, per rafforzarne l’apparenza di provenienza dal Brasile, sarebbero stati materialmente trasmessi alla (OMISSIS) in pacco anonimo proveniente dal BRASILE e successivamente consegnati alle AA.GG. competenti come documenti asseritamente di provenienza anonima, del cui contenuto implicitamente si sollecitava la verifica, ma non a corredo di una formale denuncia, che avrebbe, al contrario, dovuto comportare – in quanto tale – una esposizione veridica e non, come nella specie, artatamente alterata, delle vicende accadute, nonche’ l’assunzione di paternita’ delle vicende in ipotesi esposte e documentabili attraverso i dati contenuti nel CD Rom, che in realta’ non risulterebbe formalizzata ne’ dall’imputato, ne’ da terzi nel suo interesse; il tutto con modalita’ asseritamente incompatibili con le dichiarate finalita’ auto difensive, ed anzi differendo – nella more della confezione del “pacco” destinato a provenire dal Brasile – il momento in cui rivolgersi alle AA.GG. competenti);

– alla censurata configurabilita’ della causa di giustificazione di cui all’articolo51 c.p., sub specie di esercizio del diritto).

10. Le statuizioni accessorie.

La statuizione sulle spese del procedimento e’ riservata al definitivo, come da dispositivo.

10.1. Appare, comunque, opportuno evidenziare sin da ora che non potrebbero mai essere liquidate ad alcuno dei difensori indennita’ di trasferta e rimborso spese, sul presupposto che essi svolgano la professione in modo prevalente non in Roma, in quanto l’esercizio della professione di avvocato innanzi la Corte Suprema di cassazione e’ consentito ai soli soggetti iscritti nell’albo speciale e puo’ quindi svolgersi esclusivamente in Roma (Sez. 2, n. 34722 del 14/05/2014, Soleri, rv. 260030).

P.Q.M.

In accoglimento dei ricorsi del Procuratore Generale e della parte civile (OMISSIS), annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio. Rigetta il ricorso dell’imputato. Spese al definitivo.

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