La sentenza resa sulla domanda possessoria non ha autorità di cosa giudicata nel giudizio petitorio: le due azioni sono caratterizzate da diversità di “petitum” e “causa petendi”, giacché il giudizio petitorio è volto alla tutela della proprietà o di altro diritto reale, mentre il giudizio possessorio tende soltanto al ripristino dello stato di fatto mediante un’azione che culmina in un provvedimento suscettibile di giudicato sostanziale, indipendentemente dall’esistenza o meno del diritto al quale il possesso corrisponda e il cui eventuale contrasto col giudicato petitorio va risolto attraverso le opportune “restitutiones in integrum”

Ai sensi dell’art. 1117, n. 1, c.c., rientrano tra le parti comuni spettanti ai proprietari delle singole unità site nell’edificio condominiale, tra l’altro, le scale, i vestiboli, gli anditi, ovvero comunque tutte le parti necessarie all’uso comune ed essenziali alla funzionalità del fabbricato, e quindi anche gli annessi pianerottoli, passetti, corridoi, pur se posti in concreto al servizio di singole proprietà. Per sottrarre tali beni alla comproprietà dei condomini e dimostrarne l’appartenenza esclusiva al titolare di una porzione esclusiva, è necessario un titolo contrario, contenuto non già nella compravendita o nella donazione delle singole unità immobiliari (come suppone il ricorrente, menzionando gli atti di cui alle pagine 16 e seguenti di ricorso), bensì nell’atto costitutivo del condominio. Titolo idoneo a vincere la presunzione di condominialità ex art. 1117 c.c., infatti, è non l’atto di acquisto del singolo appartamento condominiale, quanto il negozio posto in essere da colui o da coloro che hanno costituito il condominio dell’edificio, in quanto tale negozio, rappresentando la fonte comune dei diritti dei condomini, ne determina l’estensione e le limitazioni reciproche. Pertanto, per accertare se il corridoio di accesso ai singoli appartamenti delle parti in lite fosse escluso dalla comunione e riservato in proprietà esclusiva di alcuno o altro dei condomini titolari di essi, il ricorrente avrebbe dovuto decisivamente indicare, piuttosto, quale fosse stato l’atto costitutivo del condominio, spettando certamente al proprietario, che rivendichi la proprietà esclusiva di un bene presuntivamente attribuito al condominio, l’onere di dare la prova del proprio diritto individuale sulla res. Costituisce, peraltro, apprezzamento di fatto dei giudici di merito incensurabile in sede di legittimità – ove, come nel caso in esame, risulti pure compiutamente motivato – l’accertamento, in base ad elementi obiettivamente rilevati, che il corridoio serva, per sue caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune di più appartamenti, e non sia, piuttosto, destinato, al godimento di una parte soltanto dell’edificio avente accesso da esso.

La presunzione di comunione, tra i condomini di un edificio condominiale, di un bene rientrante tra quelli indicati dall’art. 1117 c.c., può, invero, esser superata se il contrario risulta dal titolo, e non già se la situazione di fatto deponga per la possibilità di ottenere le medesime utilità fornite da quel bene attraverso il godimento di altre parti comuni, comunque strumentali alla medesima porzione esclusiva

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 30 giugno 2016, n. 13450

Svolgimento del processo

Con citazione del 22 settembre 1999, M.A.G. ed O.E. , usufruttuaria e nuda proprietaria di una casa sita in (omissis) , premettevano: che dal relativo portone di ingresso di via Morelli, n. 34, avevano accesso ai rispettivi immobili anche A.X.F. ed Ma.An. ; che per raggiungere il primo piano dell’edificio vi erano due rampe di scale ed un pianerottolo, al di sotto del quale era posto un corridoio, nel quale si entrava da una porta sita accanto alla scala di fronte al portone: che tale porta era stata sempre aperta, fin quando le signorine S. , conduttrici dell’appartamento di proprietà A.X. , vi avevano apposto un lucchetto, in un primo momento consegnandone le chiavi alle attrici, ed in un secondo momento negandone, invece, la consegna, e ciò sulla base di esplicite direttive impresse dal proprietario A.X. , il quale aveva preso a contestare il diritto di M.A.G. ed O.E. di entrare nel corridoio di disimpegno attraverso la porta indicata; che le medesime M.A.G. ed O.E. avevano proposto un’azione possessoria per la tutela dell’uso di quella porta, sul presupposto della natura condominiale del corridoio, vedendosi, però, rigettare la domanda; che la famiglia O. , sin dal 1969, era regolarmente transitata attraverso la porta in contestazione e che Ma.An. aveva riconosciuto il diritto di accedervi vantato dalle istanti, a differenza dell’A.X. . Alla luce di tali elementi di fatto, M.A.G. ed O.E. convenivano davanti al Tribunale di Bari, sezione distaccata di Putignano, A.X.F. ed Ma.An. , al fine di prendere atto della mancata opposizione di quest’ultimo e di accertare la natura condominiale del corridoio di disimpegno e della relativa porta di accesso oggetto di causa, con conseguente diritto su di essi delle attrici in quanto parti comuni; ovvero, in subordine, per sentir dichiarare acquisito per usucapione ventennale il corrispondente diritto di passaggio, con ordine di rimessione in pristino. Si costituiva il solo convenuto A.X. , il quale eccepiva la proprietà esclusiva del corridoio e dei vani annessi, rilevava che l’uso di detto corridoio da parte delle attrici fosse stato sporadico e sempre meramente tollerato, e chiedeva il rigetto delle domande attoree.
Il Tribunale di Bari, sezione distaccata di Putignano, con sentenza numero 85/2005 del 16 maggio 2005, dichiarava che il corridoio di disimpegno e la porta attraverso la quale vi si accede, ubicate all’interno dell’edificio sito in (omissis) , alla via Morelli numero 34, fossero di natura condominiale.
A.X.F. proponeva appello e la Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 316/2011 dell’11 aprile 2011, rigettava il gravame. La Corte di merito respingeva il motivo d’appello relativo all’eccezione di improponibilità della domanda petitoria e di giudicato esterno, sia condividendo la tardività della stessa affermata dal Tribunale in relazione al termine ex art. 183 c.p.c., sia evidenziando come la sentenza n. 86/1996 concernesse un’azione possessoria, fondata perciò di diversi presupposti. Parimenti disattese erano le doglianze sulle valutazioni probatorie del primo giudice, aderendo la Corte di Bari alla ricostruzione del CTU che, alla stregua dell’elencazione non tassativa di cui all’art. 1117 c.c., aveva tenuto conto di come il corridoio in contestazione avesse destinazione funzionale all’accesso da via Morelli verso l’immobile oggetto dei diritti di M.A.G. ed O.E. . A.X.F. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari, articolandolo in tre motivi. Resistono con controricorso M.A.G. ed O.E. . Rimane intimato, senza svolgere attività difensiva, Ma.An. . Il ricorrente A.X. ha presentato altresì memoria ex art. 378 c.p.c. in data 21 aprile 2016.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso A.X.F. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 180 e 183 c.p.c. e dell’ari 2909 c.c.: si allega che la sentenza civile n. 81/1996 emessa dal Pretore di Bari, sezione distaccata di Noci, in data 19 luglio 1996, la quale escludeva espressamente “il vantato compossesso… sul corridoio aggetto di causa”, costituisse giudicato esterno in relazione alla questione proposta da M.A.G. ed O.E. con l’atto di citazione introduttivo del presente giudizio, nel quale chiedevano preliminarmente dichiararsi la comproprietà del corridoio de quo, in quanto condominale, e subordinatamente la costituzione per usucapione di una servitù di passaggio. Tale giudicato esterno sarebbe stato evincibile sin dal momento della costituzione del convenuto in primo grado, avendo egli prodotto copia della sentenza pretorile: sicché errata sarebbe stata l’ordinanza del giudice istruttore del 27 febbraio 2001, che rilevava la mancata proposizione dell’eccezione entro il termine di cui all’art. 183 c.p.c..
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 922 e 1117 c.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione, non avendo la Corte di Bari considerato i titoli di provenienza delle proprietà delle parti in lite (atto di donazione del 10 aprile 1975 e atto di compravendita del 28 novembre 1975 concernenti la proprietà A.X. ; atto di compravendita del 30 luglio 1969 e atto di donazione e divisione del 31 luglio 1986, relativi alla proprietà O. ), dai quali si evincerebbe che il vano corridoio è di proprietà esclusiva del ricorrente, non costituendo esso, del resto, l’unica via di accesso all’unità oggetto dei diritti di M.A. ed O.E. . In tal senso si richiamano pure le risultanze della prova testimoniale.
Il terzo motivo di ricorso critica per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione la CTU espletata in primo grado, avendo essa riconosciuto la proprietà esclusiva del corridoio in capo al ricorrente A.X. , salvo poi affermarne, per la natura e la collocazione, la “natura condominiale”. Si ribadiscono qui le critiche sull’omesso esame dei titoli di proprietà già formulati nel secondo motivo.
Il primo motivo di ricorso è infondato. Erra, in realtà, la Corte di Bari nel seguire il Tribunale circa l’intempestività dell’eccezione di giudicato esterno, atteso che, com’è pacifico, ormai da tempo, nella giurisprudenza di questa Corte, l’esistenza di un giudicato esterno, al pari di quella del giudicato interno, è rilevabile d’ufficio, ed il giudice è tenuto a pronunciare sulla stessa qualora essa emerga da atti comunque prodotti nel corso del giudizio di merito, senza, pertanto, rimanere subordinata ad una tempestiva allegazione dei fatti costitutivi dello stesso, i quali non subiscono i limiti di utilizzabilità rappresentati dalle eventualmente intervenute preclusioni (Cass. Sez. U, Sentenza n. 226 del 25/05/2001). Tuttavia, pur avendo il giudice di merito malamente affermato la tardività dell’allegazione, va negata la portata preclusiva del giudicato invocato dal ricorrente. In questo giudizio, M.A.G. ed O.E. hanno agito in petitorio, per sentir accertare la comproprietà ex art. 1117 c.c. del corridoio di disimpegno, in quanto bene funzionalmente destinato all’utilità ed al godimento comuni, mentre la sentenza n. 81/1996 del Pretore di Bari, sezione distaccata di Noci, aveva pronunciato in sede possessoria, escludendone “il vantato compossesso”. Solo via subordinata, invero, era stata formulata in primo grado la domanda di acquisto per usucapione del diritto di passaggio, non oggetto di riproposizione in appello.
È noto, allora, come la sentenza resa sulla domanda possessoria non possa avere autorità di cosa giudicata nel giudizio petitorio: le due azioni sono caratterizzate da diversità di “petitum” e “causa petendi”, giacché il giudizio petitorio è volto alla tutela della proprietà o di altro diritto reale, mentre il giudizio possessorio tende soltanto al ripristino dello stato di fatto mediante un’azione che culmina in un provvedimento suscettibile di giudicato sostanziale, indipendentemente dall’esistenza o meno del diritto al quale il possesso corrisponda e il cui eventuale contrasto col giudicato petitorio va risolto attraverso le opportune “restitutiones in integrum” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2300 del 05/02/2016; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 14979 del 16/07/2015).
Per la loro connessione logica, devono trattarsi congiuntamente il secondo ed il terzo motivo, che del pari si rivelano infondati. Si ha riguardo, nella specie, e per quanto evincibile dall’impugnata sentenza e dallo stesso ricorso, ad un corridoio posto a piano terra di un edificio condominiale, corridoio al quale si accede tramite una porta sita accanto alla scala e dal quale è possibile fare ingresso in unità immobiliari di proprietà esclusiva.
Ora, ai sensi dell’art. 1117, n. 1, c.c., rientrano tra le parti comuni spettanti ai proprietari delle singole unità site nell’edificio condominiale, tra l’altro, le scale, i vestiboli, gli anditi, ovvero comunque tutte le parti necessarie all’uso comune ed essenziali alla funzionalità del fabbricato, e quindi anche gli annessi pianerottoli, passetti, corridoi, pur se posti in concreto al servizio di singole proprietà. Per sottrarre tali beni alla comproprietà dei condomini e dimostrarne l’appartenenza esclusiva al titolare di una porzione esclusiva, è necessario un titolo contrario, contenuto non già nella compravendita o nella donazione delle singole unità immobiliari (come suppone il ricorrente, menzionando gli atti di cui alle pagine 16 e seguenti di ricorso), bensì nell’atto costitutivo del condominio. Titolo idoneo a vincere la presunzione di condominialità ex art. 1117 c.c., infatti, è non l’atto di acquisto del singolo appartamento condominiale, quanto il negozio posto in essere da colui o da coloro che hanno costituito il condominio dell’edificio, in quanto tale negozio, rappresentando la fonte comune dei diritti dei condomini, ne determina l’estensione e le limitazioni reciproche. Pertanto, per accertare se il corridoio di accesso ai singoli appartamenti delle parti in lite fosse escluso dalla comunione e riservato in proprietà esclusiva di alcuno o altro dei condomini titolari di essi, il ricorrente avrebbe dovuto decisivamente indicare, piuttosto, quale fosse stato l’atto costitutivo del condominio di via (omissis) , spettando certamente al proprietario, che rivendichi la proprietà esclusiva di un bene presuntivamente attribuito al condominio, l’onere di dare la prova del proprio diritto individuale sulla res. Costituisce, peraltro, apprezzamento di fatto dei giudici di merito incensurabile in sede di legittimità – ove, come nel caso in esame, risulti pure compiutamente motivato – l’accertamento, in base ad elementi obiettivamente rilevati, che il corridoio serva, per sue caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune di più appartamenti, e non sia, piuttosto, destinato, al godimento di una parte soltanto dell’edificio avente accesso da esso (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3159 del 14/02/2006; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1498 del 12/02/1998; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1776 del 23/02/1994; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2070 del 22/03/1985; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 673 del 09/03/1972).
Non ha rilievo la considerazione del ricorrente in forza della quale il controverso vano corridoio non costituisse l’unica via di accesso al locale di proprietà O. , esistendo l’ingresso alternativo da Via Cesare Battisti: la presunzione di comunione, tra i condomini di un edificio condominiale, di un bene rientrante tra quelli indicati dall’art. 1117 c.c., può, invero, esser superata se il contrario risulta dal titolo, e non già se la situazione di fatto deponga per la possibilità di ottenere le medesime utilità fornite da quel bene attraverso il godimento di altre parti comuni, comunque strumentali alla medesima porzione esclusiva (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3409 del 22/03/2000). Né parimenti rivelano significato i richiami operati in ricorso all’espletata prova testimoniale sul transito operato in passato dalla famiglia O. attraverso la porta dell’androne, in quanto l’esclusione, quale titolo contrario ex art. 1117 c.c., dal novero delle parti in condominio di alcune che, per presunzione di legge, sono di proprietà comune, incidendo sulla costituzione o modificazione di un diritto reale immobiliare, deve risultare necessariamente da atto scritto.
Il terzo motivo di ricorso si risolve, infine, in denunce portate dal ricorrente più verso la consulenza tecnica espletata in primo grado che contro la sentenza d’appello qui impugnata, senza comunque introdurre circostanze ed elementi connotati da effettiva decisività, in quanto la natura condominiale del corridoio, affermata dalla Corte di Bari, non discende essenzialmente dall’adesione alle contestate conclusioni peritali, quanto dalla regola di diritto ricavabile dall’art. 1117 c.c..
Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione rimangono regolate secondo soccombenza e liquidate in dispositivo in favore delle sole controricorrenti M.A.G. ed O.E. , giacche Ma.An. non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alle controricorrenti M.A.G. ed O.E. le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

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