Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 23 novembre 2016, n. 23890

L’amministratore del condominio è legittimato, senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad instaurare un giudizio per la rimozione di opere, in quanto tale atto è diretto alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 23 novembre 2016, n. 23890

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1726-2012 proposto da:

CONDOMINIO di (OMISSIS) c.f. (OMISSIS), elettivamente domicilialo in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.a.s. c.f. (OMISSIS), in persona del socio amministratore (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 278/2011 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 15/06/2011;

udita la relazione della causa svolta della pubblica udienza del 07/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORTCCHIO;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore della controricorrente, che ha chiesto il rigetto o, comunque, l’inammissibilita’ del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO LUIGI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN FATTO

Il Condominio di (OMISSIS) conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di quella Citta’ la ” (OMISSIS) s.a.s.”, proprietaria di un locale al piano terra dell’edificio condominiale, per sentirla condannare alla rimozione di un manufatto con il quale occupava il suolo del cavedio comune del medesimo Condominio istante.

La domanda era contrastata dalla convenuta Libreria, che ne chiedeva il rigetto (eccependo, fra l’altro, il difetto di valido rapporto di rappresentanza della parte attrice) e proponeva domanda riconvenzionale per la declaratoria di acquisto per usucapione dell’anzidetto suolo, con richiesta di chiamata in causa della propria dante causa (OMISSIS), di poi evocata, ma rimasta contumace in giudizio.

L’adito Tribunale con sentenza n. 785/2009 condannava la parte convenuta alla rimozione della struttura posta all’interno del cavedio, nonche’ alla refusione delle spese di lite.

Avverso la succitata decisione interponeva appello, chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza, la Libreria.

Resisteva all’interposto gravame, di cui chiedeva il rigetto, il Condominio.

La Corte di Appello di Trieste, con sentenza n. 278/2011, accoglieva – l’appello ed, in riforma della gravata decisione, dichiarava l’assenza di costituzione di un valido rapporto processuale in primo grado per mancanza di rappresentanza processuale in capo all’amministratore del Condominio e la nullita’ della procura alle liti da costui rilasciata.

Per la cassazione della suddetta sentenza della Corte distrettuale ricorre il Condominio con atto affidato ad un unico articolato motivo.

Resiste con controricorso la Libreria.

Nell’approssimarsi dell’udienza ha depositato memoria, ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., la parte controricorrente.

RITENUTO IN DIRITTO

1. – Con il motivo del ricorso si censura il vizio di error in iudicando con violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, quali quelle di cui all’articolo 183 c.p.c, articolo 1130 c.c., n. 1, e n. 4.

Il nucleo della censura posta a base del motivo qui in esame attiene, nella sostanza, alla necessita’ o meno -nella specifica fattispecie per cui e’ causa – della titolarita’, il capo all’amministratore del Condominio ricorrente, della prerogativa di agire nel giudizio.

L’impugnata sentenza ha ritenuto insussistente la suddetta titolarita’.

A tanto e’ pervenuta la Corte territoriale, rifacendosi impropriamente a precedenti decisioni di questa Corte (n.ri 3044/2009, 24764/2005 e 12557/1992) e valutando l’azione posta in essere come azione (reale) non rientrante nel novero delle azioni proponibili direttamente dall’organo rappresentativo condominale.

Senonche, nella concreta ipotesi per cui e’ giudizio, l’amministratore del condominio ricorrente (anche al di la’ dell’aspetto della norma regolamentare su cui pure si e’ discusso in corso di causa) ha chiesto solo la rimozione della struttura di parte controricorrente limitante la corretta usufruizione del comune cavedio.

La previa delibera autorizzativa ad limai da parte dell’assemblea condominale non era, pertanto, necessaria.

Al riguardo, anche in continuita’ con il condiviso e consolidato orientamento di questa Corte (Cass. ottobre 2008, n. 24391 e 17 giugno 2010, n. 14626) non puo’ che riaffermarsi il principio -attagliante invero alla fattispecie – secondo cui, “ai sensi dell’articolo 1130 c.c., comma 1, n. 4 e articolo 1131 c.c. l’amministratore del condominio e’ legittimato, senza la necessita’ di una specifica deliberazione assembleare ad instaurare un giudizio per la rimozione di opere in quanto tale atto e’ diretto alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio”.

Il motivo e’, quindi, fondato.

2. – Il ricorso, pertanto, va accolto e la gravata decisione va cassata con conseguente remissione della causa ad altra Sezione della Corte di Appello di Trieste, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Trieste

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