Per escludere la sussistenza del possesso utile all’usucapione non e’ sufficiente il riconoscimento o la consapevolezza del possessore circa l’altrui proprieta’ del bene, occorrendo, invece, che il possessore, per il modo in cui questa conoscenza e’ rivelata o per i fatti in cui essa e’ implicita, esprima la volonta’ non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare, atteso che l’animus possidendi non consiste nella convinzione di essere titolare del diritto reale, bensi’ nell’intenzione di comportarsi come tale, esercitando le corrispondenti facolta’
In tema di possesso ad usucapionem, che il codice vigente assoggetta alle stesse condizioni contemplate dal codice del 1865 (con la formula “possesso legittimo”), inclusa quella della pacificita’ del possesso medesimo, tale requisito non puo’ essere escluso per la sola circostanza che il preteso titolare del diritto manifesti una volonta’ contraria all’altrui possesso, trattandosi di elemento rilevante al diverso fine di evidenziare la mala fede del possessore (con la conseguente applicabilita’ del termine ventennale). Pertanto, anche ai fini della continuita’ del possesso, necessaria per l’acquisto a titolo di usucapione, quel che rileva e’ il comportamento del possessore, non gia’ la volonta’ contraria del proprietario
In tema di possesso ad usucapionem, con il rinvio fatto dall’articolo 1165, all’articolo 2943 c.c., la legge elenca tassativamente gli atti interruttivi, cosicche’ non e’ consentito attribuire tale efficacia ad atti diversi da quelli stabiliti dalla norma, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volonta’ di conservare il diritto, giacche’ la tipicita’ dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti.
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Suprema Corte di Cassazione
sezione II civile
sentenza 18 ottobre 2016, n. 21015
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente
Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11209/2012 proposto da:
COMUNE (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 889/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 13/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/06/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;
udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega depositata in udienza dell’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento 1 e 2 motivo, assorbito il 3 comunque infondato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Savona il comune di (OMISSIS) per l’accertamento negativo di una servitu’ di uso pubblico su fondi di loro proprieta’ (f. (OMISSIS), mapp. (OMISSIS)), negando, in particolare, che questi ultimi rientrassero nel tracciato della strada (OMISSIS).
Il comune di (OMISSIS) resisteva in giudizio e domandava in via riconvenzionale l’accertamento dell’acquisto della servitu’ per usucapione.
Il Tribunale accoglieva la domanda degli attori. L’appello proposto dal comune di (OMISSIS) era respinto dalla Corte distrettuale di Genova con sentenza n. 889/11. Riteneva la Corte territoriale, condividendo l’accertamento operato al riguardo dal Tribunale, che l’ormai desueto tracciato della strada (OMISSIS), gravata da servitu’ pubblica di passo, non coincideva con quello della strada degli attori; che l’esistenza di due diverse strade era oggettiva ed incontestabile; e che la circostanza che entrambe collegassero tra loro le medesime localita’ non comportava l’automatica acquisizione del diritto di uso pubblico sulla nuova via. Rilevava, ancora, la Corte territoriale che nonostante alcuni testi avessero riferito del passaggio generalizzato di persone sulla strada, da altre e numerose testimonianze era emerso che i proprietari non erano rimasti inerti. Essi avevano collocato cartelli segnalanti la proprieta’ privata; apposto inizialmente una sbarra di chiusura (non era chiaro, tuttavia, se all’inizio della strada o lungo il tratto di loro proprieta’); reagito, mediante impugnativa, agli interventi comunali di rimozione della stessa e di riapertura della strada; sicche’ non poteva affermarsi che tale passaggio fosse avvenuto con continuita’ per vent’anni contro la volonta’ dei proprietari, risultando al contrario che questi ultimi avevano reagito ripetutamente facendo venir meno la continuita’ dell’uso. Inoltre ed infine, vari testi avevano riferito che la strada era stata realizzata intorno agli anni ‘70 ed inizialmente chiusa con una sbarra, e che negli anni ‘80 era stata richiesta ai proprietari l’autorizzazione del passaggio da parte di privati; ed essendo stata notificata la citazione nel 1999, era chiaro che non si era in presenza di un uso pubblico protratto per vent’anni, poiche’ almeno inizialmente tra il 1979 e il 1999 il passaggio era avvenuto per tolleranza dei proprietari.
Per la cassazione di tale sentenza il comune di (OMISSIS) propone ricorso affidato a tre motivi.
Resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
L – Il primo motivo denuncia la violazione dell’articolo 1158 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. La sentenza impugnata, afferma parte ricorrente, ha ritenuto necessaria ai fini dell’usucapione della servitu’ d’uso pubblico l’assenza di un comportamento oppositivo da parte dei proprietari della strada Ma cio’ rileva ai soli fini del possesso di buona o di mala fede, mentre il possesso valevole per l’usucapione deve essere pacifico, cioe’ non violento. La servitu’ d’uso pubblico richiede che il passaggio risponda ad un’utilita’ pubblica e che l’uso protratto avvenga non solo uti cives ma anche misconoscendo ogni contrario diritto del proprietario.
2. – Il secondo motivo espone la violazione dell’articolo 1165 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3. La sentenza impugnata, si sostiene, ha attribuito efficacia interruttiva del possesso ad atti, quali le ripetute reazioni contrarie dei proprietari al passaggio pubblico, inidonei all’effetto. L’interruzione, infatti, puo’ derivare soltanto da atti che implichino la perdita del potere materiale sulla cosa ovvero da atti giudiziali diretti a privare, ope iudieis, il possessore della possessio ad usucapionem.
3. – Col terzo motivo e’ dedotta la violazione dell’articolo 1144 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per aver dato rilievo, in senso impeditivo del possesso della servitu’ pubblica, ad atti di tolleranza non transitori, non saltuari e non dettati da parentela, amicizia o buon vicinato.
4. – I primi due motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.
4.1. – Per escludere la sussistenza del possesso utile all’usucapione non e’ sufficiente il riconoscimento o la consapevolezza del possessore circa l’altrui proprieta’ del bene, occorrendo, invece, che il possessore, per il modo in cui questa conoscenza e’ rivelata o per i fatti in cui essa e’ implicita, esprima la volonta’ non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare, atteso che l’animus possidendi non consiste nella convinzione di essere titolare del diritto reale, bensi’ nell’intenzione di comportarsi come tale, esercitando le corrispondenti facolta’ (Cass. n. 26641/13).
Correlativamente, la giurisprudenza di questa Corte afferma anche che in tema di possesso ad usucapionem, che il codice vigente assoggetta alle stesse condizioni contemplate dal codice del 1865 (con la formula “possesso legittimo”), inclusa quella della pacificita’ del possesso medesimo, tale requisito non puo’ essere escluso per la sola circostanza che il preteso titolare del diritto manifesti una volonta’ contraria all’altrui possesso, trattandosi di elemento rilevante al diverso fine di evidenziare la mala fede del possessore (con la conseguente applicabilita’ del termine ventennale) (Cass. S.U. n. 2088/90). Pertanto, anche ai fini della continuita’ del possesso, necessaria per l’acquisto a titolo di usucapione, quel che rileva e’ il comportamento del possessore, non gia’ la volonta’ contraria del proprietario (Cass. n. 15092/03).
Anzi, proprio il dissenso palesato dal titolare del diritto, escludendo la tolleranza, la quale a sua volta costituisce un fattore impeditivo dell’acquisto del possesso (articolo 1144 ex.), concorre a qualificare in senso possessorio (e non detentivo) l’antitetica condotta materiale dei terzi.
4.2. – In tema di possesso ad usucapionem, con il rinvio fatto dall’articolo 1165, all’articolo 2943 c.c., la legge elenca tassativamente gli atti interruttivi, cosicche’ non e’ consentito attribuire tale efficacia ad atti diversi da quelli stabiliti dalla norma, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volonta’ di conservare il diritto, giacche’ la tipicita’ dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti (Cass. n. 14659/12, la quale da tale premessa ha tratto la conclusione per cui non puo’ costituire atto interruttivo dell’usucapione l’opposizione alla domanda di usucapione abbreviata, ne’ l’atto di intervento nel procedimento, non implicando tali atti una domanda diretta al concreto recupero del godimento del bene, in tesi posseduto e goduto in via esclusiva dai comproprietari che chiedono la declaratoria di usucapione contro gli altri comproprietari esclusi dal possesso).
4.3. – La sentenza impugnata mostra di aver equivocato su tali concetti. Essa ha accordato rilievo decisivo proprio e solo alla volonta’ contraria dei proprietari della strada e alle loro varie reazioni contro il passaggio pubblico, ora per escludere un possesso idoneo all’usucapione ora per ritenerne l’avvenuta interruzione; senza tuttavia individuare con esattezza, in quest’ultimo caso, alcuno dei modi previsti dall’articolo 2943 c.c., richiamato dall’articolo 1165 c.c..
Ne’ la Corte genovese ha accertato le condizioni per applicare l’articolo 1167 c.c., del resto neppure citato nella sentenza impugnata. Da quest’ultima risulta che i proprietari della strada vi abbiano apposto (in epoca non precisata) una sbarra per impedire l’accesso di terzi, ma non si comprende se tale privazione del passaggio pubblico si sia protratta per oltre un anno e in assenza di una vittoriosa azione recuperatoria. Anzi, la Corte genovese ha attribuito importanza non alla durata (il che sarebbe stato rilevante) dell’impedimento, ma alla pronta reazione dei proprietari (di per se’ sola irrilevante) nell’impugnare i provvedimenti amministrativi che avevano imposto loro di riaprire la strada al pubblico transito.
5. – L’accoglimento dei suddetti motivi assorbe l’esame del terzo, incentrato su di un profilo, quella della tolleranza, il cui rilievo e’ escluso dalle considerazioni appena svolte.
6. – La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, che nel provvedere ad un rinnovato esame del merito si atterra’ ai principi di diritto enunciati al paragrafo 4.1. che precede.
7. – Ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 3, al giudice di rinvio e’ rimesso anche il regolamento delle spese di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, che provvedera’ anche sulle spese di cassazione.
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