fallimento-impresa

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I CIVILE

Sentenza 9 maggio 2013, n. 11025

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. DI AMATO Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29549/2006 proposto da:

ITALFONDIARIO S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), incorporante CASTELLO GESTIONE CREDITI S.R.L., procuratore di BANCA INTESA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, Via AURELIANA, 2, presso l’avvocato PETRAGLIA ANTONIO U., che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente ù contro

BANCA COOP. CATTOLICA DI MONTEFIASCONE, BANCA DI VITERBO CREDITO COOPERATIVO, CAIVIT SOC.COOP. A R.L., BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., FALLIMENTO TAU IMMOBILIARE S.R.L., BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., SRT S.P.A., FALLIMENTO SEAL S.P.A., BANCA DI ROMA S.P.A., MEDIOCREDITO DELL’UMBRIA S.P.A.;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VITERBO, depositato il 11/07/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/04/2013 dal Consigliere Dott. SERGIO DI AMATO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato CARLO MANCINI, con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con decreto dell’11 luglio 2006 il Tribunale di Viterbo rigettava il reclamo proposto dalla s.r.l. Castello Gestione Crediti, quale procuratore della s.p.a. Intesa Gestione Crediti, avverso il decreto di esecutività del riparto finale con cui il giudice delegato al fallimento della s.r.l. Tau Immobiliare aveva attribuito alla creditrice Intesa Gestione Crediti s.p.a., ammessa al passivo per L. 2.259.570.437 in via ipotecaria, l’importo di Euro 1.071.638,09, pari al netto ricavato dalla vendita dell’immobile della fallita gravato da ipoteca e non l’ulteriore importo di Euro 116.766,54 corrispondente all’importo incassato dal fallimento a titolo di canoni per la locazione del predetto immobile. In particolare, il Tribunale osservava che il fallimento non poteva essere equiparato tout court al pignoramento, con l’automatica applicazione degli effetti per questo previsti dall’art. 2912 c.c., e che la legge fallimentare quando ha voluto estendere alla procedura fallimentare tali effetti lo ha fatto esplicitamente, come nel caso della L. Fall., art. 54, u.c., laddove si richiamano gli artt. 2788 e 2855 c.c., e, comunque, si stabilisce che i creditori garantiti fanno valere il loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati, senza alcun riferimento ai frutti.

Italfondiario s.p.a., incorporante della s.r.l. Castello Gestione Crediti, nella qualità di procuratore della Banca Intesa s.p.a., incorporante della Intesa Gestione Crediti s.p.a., propone ricorso per cassazione, deducendo due motivi, illustrati anche con memoria.

Il fallimento della Tau Immobiliare e gli altri creditori (Fallimento della SEAL s.p.a.; Banca di Viterbo Credito Cooperativo; CAIVIT s.c. a r.l.; Banca di Roma s.p.a.; Mediocredito dell’Umbria s.p.a.; Banca Coop. cattolica di Montefiascone; Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.; Banca Nazionale del lavoro s.p.a.; SRT s.p.a.) non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente deduce che erroneamente il decreto impugnato aveva escluso l’applicabilità anche al fallimento degli artt. 2865 e 2912 c.c., nella parte in cui estendono la prelazione ipotecaria ai frutti civili, considerato che nella disciplina dell’esecuzione concorsuale manca una previsione contraria ed incompatibile con l’estensione della prelazione ai frutti civili, tale non potendo intendersi la specifica previsione della L. Fall., art. 54, necessaria al diverso fine di derogare al principio generale di cristallizzazione dei crediti per interessi alla data della dichiarazione di fallimento.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce che comunque, nella specie, vertendosi in una ipotesi di credito fondiario, doveva trovare applicazione il D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 41, comma 3, che prevede espressamente l’obbligo del curatore di versare i frutti civili al creditore fondiario.

Il primo motivo è fondato. Questa Corte, sia pure con risalenti pronunzie, ha affermato il principio secondo cui la prelazione del creditore ipotecario, ritualmente ammesso al passivo fallimentare, deve intendersi estesa ai frutti civili prodotti dall’immobile ipotecato dopo la dichiarazione di fallimento, tenuto conto della mancanza, nella disciplina dell’esecuzione concorsuale, di una previsione contraria od incompatibile con tale estensione, operante nell’ambito dell’esecuzione individuale (Cass. 15 maggio 1978, n. 2355 e, con rifermento agli interessi maturati sulla somma ricavata dalla vendita del bene ipotecato, ma con identico percorso argomentativo, Cass. 29 gennaio 1982, n. 572, che hanno preso in considerazione e superato l’orientamento contrario in precedenza assunto da Cass. 9 novembre 1970, n. 2300, con riferimento al privilegio automobilistico. Non può, invece, essere utilmente preso in considerazione il più recente precedente di Cass. 12 dicembre 2012, n. 26520 che si riferisce ad una fattispecie di credito fondiario, ipotesi dedotta con il secondo motivo, ma che non trova riscontro nel provvedimento impugnato nè in una autosufficiente esposizione di detto motivo).

Tale principio deve essere confermato. Infatti, da un lato, il riferimento della L. Fall., art. 54, al solo prezzo non è significativo poichè identico riferimento si rinviene nell’art. 2808 c.c., senza che, in ordine a quest’ultima disposizione, alcuno dubiti dell’estensione della prelazione ipotecaria ai frutti, sia perchè gli effetti del pignoramento si estendono ai frutti della cosa pignorata (art. 2912 cod. civ.), sia perchè l’opponibilità al creditore ipotecario delle cessioni e liberazioni di fitti e pigioni è soggetta a limiti spiegabili solo con l’estensione in parola (art. 2812 c.c.), sia perchè, infine, è espressamente prevista l’estensione ai frutti nel caso in cui l’immobile ipotecato sia acquistato da un terzo (art. 2865 c.c.). D’altro canto, per principio elementare di tecnica legislativa, non possono non avere il medesimo significato disposizioni, come l’art. 2808 c.c., e la L. Fall., art. 54, che adoperano le stesse espressioni letterali nel disciplinare sia pure in sedi diverse la stessa materia.

L’estensione della prelazione ai frutti civili anche in sede fallimentare trova, poi, conferma nella L. Fall., art. 107, comma 4, secondo cui, nel testo anteriore alla riforma, “il curatore deve tenere un conto speciale delle vendite dei singoli immobili e dei frutti percepiti sui medesimi dalla data della dichiarazione di fallimento. La somma ricavata dalla vendita dei frutti è distribuita col prezzo degli immobili relativi”; infatti, la previsione di un conto speciale nel quale confluiscono anche i frutti si spiega soltanto con l’estensione ad essi della prelazione ipotecaria eventualmente gravante sull’immobile. Nè conclusioni contrarie sono autorizzate dal fatto che ciò sia detto più esplicitamente per le somme ricavate dalla vendita dei frutti; tale esplicita previsione, infatti, si spiega in quanto i frutti naturali sono gli unici che sono suscettibili di una vendita separata, ma non esclude affatto che anche i frutti civili confluiscano nel conto speciale e siano distribuiti insieme al prezzo ricavato dalla vendita degli immobili, nell’ambito di una graduazione dei crediti secondo il rango che a ciascuno compete. Neppure si può ricavare un argomento contrario, come ritiene invece il Tribunale, dal fatto che l’art. 54 operi un richiamo agli artt. 2788 e 2885 c.c., argomentando che tale richiamo sarebbe superfluo se davvero trovassero applicazione in sede concorsuale tutte le disposizioni in tema di esecuzione singolare. In realtà, come esattamente rilevato dalla ricorrente, il richiamo è reso necessario dalla disciplina del fallimento che prevede in via generale la sospensione del corso degli interessi e che, se mancasse il richiamo nella L. Fall., art. 54, troverebbe applicazione anche per i crediti garantiti da ipoteca, pegno o privilegio.

Si deve anche escludere che le disposizioni dettate con riguardo all’esecuzione singolare possano trovare applicazione in sede concorsuale soltanto se espressamente richiamate.

Più in generale si deve ritenere che, in mancanza di disposizioni contrarie ovvero in mancanza di una disciplina incompatibile, nulla osta a che le norme in tema di esecuzione singolare possano trovare applicazione nella procedura fallimentare; “la quale, come è noto, non è che una complessa forma di esecuzione, regolata da norme che costituiscono bensì un sistema autonomo e tendenzialmente completo ed autosufficiente, ma tuttavia non tale da potersi isolare rispetto al resto dell’ordinamento e da non poter mutuare da questo norme e principi che non contrastino con la natura dell’esecuzione collettiva. Deve anzi affermarsi che, oltre alle norme espressamente richiamate (come, ad esempio, quelle concernenti le vendite mobiliari ed immobiliari, v. L. Fall., art. 105), trovano applicazione nell’esecuzione fallimentare quelle norme dell’esecuzione individuale che non siano incompatibili, con i caratteri propri della prima e che non concernano materie che hanno nella legge fallimentare e nel suo sistema una disciplina particolare, sia pure implicita” (Cass. 15 maggio 1978, n. 2355).

All’accoglimento del primo motivo consegue l’assorbimento del secondo motivo.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso; dichiara assorbito il secondo;

cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione al Tribunale di Viterbo in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 aprile 2013.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2013.

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