Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 9 febbraio 2015, n. 2401
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FORTE Fabrizio – Presidente
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3433/2014 proposto da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo STUDIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 5760/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/11/2014 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Avverso tale sentenza ha proposto appello la sorella del (OMISSIS), (OMISSIS), rilevando preliminarmente di non aver ricevuto la notifica del ricorso e, conseguentemente, di non aver potuto riferire informazioni rilevanti ai fini della decisione ex articolo 429 c.c.; di opporsi alla revoca dal momento che l’amministrazione d sostegno non era misura adeguata a tutelare gli interessi economici dell’interdetto comproprietario unitamente a lei di un ingente patrimonio immobiliare del valore di diversi milioni di Euro; di ritenere necessaria consulenza medico legale psichiatrica nonche’ prova testimoniale e di ritenere I invalida la costituzione del (OMISSIS).
La Corte d’appello ha rigettato l’impugnazione sulla base delle seguenti argomentazioni:
nel giudizio d’interdizione ed inabilitazione i parenti e gli affini che a norma dell’articolo 712 c.p.c., devono essere indicati nel ricorso non hanno la veste di parti in senso tecnico giuridico ma sono esclusivamente “fonti d’informazioni”. Pertanto la mancata notifica ad esse non determina alcuna nullita’ e puo’ costituire motivo d’impugnazione solo se concerna un congiunto in grado di fornire informazioni tali da far decidere il giudizio diversamente. La loro mancata audizione, peraltro, secondo la giurisprudenza di legittimita’ e’ sanabile mediante audizione.
Nella specie il tutore aveva informato il legale della (OMISSIS).
Quest’ultimo aveva comunicato che (OMISSIS) non poteva essere presente per motivi personali. Peraltro informazioni sulle condizioni di vita e la salute psicofisica dell’interdetto sono state assunte dal Tribunale attraverso vari informatori in contatto con esso perche’ operanti nel consultorio presso il quale il (OMISSIS) presta opera di volontariato. L’audizione della sorella poteva, pertanto, ritenersi superflua a causa della mancanza di rapporti da molti anni tra i due fratelli.
La procura rilasciata dal (OMISSIS) al proprio difensore doveva ritenersi valida in quanto ex articolo 716 c.p.c., richiamato dall’articolo 720 c.p.c., l’interdicendo e l’inabilitando possono stare in giudizio da soli anche nelle impugnazioni ed anche se e’ stato nominato il tutore. La capacita’ di agire e contraddire e’ conservata ai fini della difesa del proprio status.
L’interdizione, dall’introduzione dell’amministrazione di sostegno ha carattere residuale. La scelta tra le misure deve fondarsi sul criterio della maggiore adeguatezza della misura adottata rispetto alle concrete esigenze del caso specifico. Nella specie, l’amministrazione di sostegno e’ la misura piu’ adeguata in quanto la patologia psichica del (OMISSIS) non gl’impedisce di compiere gli atti legati alla propria autonomia quotidiana, mentre senz’altro e’ necessario un sostegno per l’amministrazione del patrimonio immobiliare in comunione con la sorella. Non puo’ configurarsi un’abituale infermita’ di mente in quanto alla luce delle relazioni tecniche in atti la patologia sofferta non ne compromette le facolta’ intellettuali e cognitive, anzi tali facolta’ sono superiori alla norma salva la necessita’ di un aiuto psicologico per i momenti di crisi. Infine da parte del (OMISSIS) c’e’ consapevolezza del proprio disturbo, cosi’ dimostrando contatto con la realta’ e senso critico.
Peraltro dalla relazione dello psichiatra e’ emerso che la maggiore autonomia e liberta’ concessagli dai giudici ha determinato un netto miglioramento della sua condizione esistenziale. L’audizione e’ stata infine adeguata alle domande con illustrazione chiara dei dissidi con la sorella.
La misura dell’interdizione e’ in conclusione nettamente eccedente le esigenze di tutela personale e patrimoniale del (OMISSIS), essendo misura adeguata l’amministrazione di sostegno.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso (OMISSIS), affidandosi a quattro motivi. Ha resistito con controricorso (OMISSIS).
Nel secondo motivo viene dedotto, sotto il profilo del vizio ex articolo 360 c.p.c., n. 5. l’omessa motivazione in ordine al mancato espletamento di consulenza tecnica d’ufficio. Al riguardo deve osservarsi che nella penultima pagina della motivazione della sentenza impugnata la Corte territoriale da ampio riscontro dei molteplici elementi di valutazione della condizione del (OMISSIS), riferendosi a consulenze psichiatriche e psicologiche, a diagnosi condivise, all’osservazione diretta e continuativa degli informatori ed infine all’esame diretto dell’interdetto. La valutazione di completezza di tale quadro ampiamente argomentata dalla Corte costituisce un’adeguata motivazione al mancato esercizio di un potere discrezionale evidentemente ritenuto superfluo.
Nel terzo motivo viene dedotta l’inammissibilita’ della costituzione del (OMISSIS) per mezzo di proprio difensore. La censura presenta un profilo d’inammissibilita’ del difetto d’interesse essendo comunque il ricorso per revoca dell’interdizione stato proposto dal tutore. Essa e’, tuttavia, da esaminare quanto meno ai fini del regime delle spese di lite di questo procedimento e deve ritenersi anche manifestamente infondato, potendo l’interdetto come sottolineato dalla Corte d’Appello stare in giudizio per difendere la pienezza della sua capacita’ e del suo status, ex articolo 716, richiamato dall’articolo 720 c.p.c.. Il principio e’ stato reiteratamente affermato in tema di capacita’ processuale dell’interdicendo anche dopo la nomina del tutore provvisorio (Cass. 14866 del 2000) ma non puo’ che applicarsi anche in tema di revoca sia per il gia’ indicato rinvio contenuto nella norma relativa alla revoca (articolo 720 c.p.c.) alla disciplina processuale relativa alla dichiarazione d’interdizione ed inabilitazione, la quale contiene anche l’articolo 716 c.p.c., che regola la capacita’ processuale dell’interdicendo, sia perche’ anche nel giudizio di revoca opera il principio secondo il quale l’interdicendo o l’interdetto hanno sempre il diritto di difendere la conservazione o il ripristino integrale della propria capacita’ di agire.
Nel quarto motivo viene censurata ex articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omessa od insufficiente valutazione del patrimonio indiviso del (OMISSIS) e della ricorrente. La censura mira ad un’inammissibile riesame del merito dal momento che la Corte territoriale ha esaurientemente spiegato perche’ la misura dell’amministrazione di sostegno costituisce idoneo strumento per la tutela anche dei profili patrimoniali.
Il ricorso in conclusione deve essere respinto con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese del procedimento.
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