Suprema Corte di Cassazione
Sezione I
Sentenza 6 febbraio 2015, n. 2253
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) SOC. coop. (c.f. (OMISSIS)), in persona del presidente del consiglio di amministrazione sig. (OMISSIS), rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elett.te dom.ta presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso, per procura a margine del controricorso, dall’avv. (OMISSIS) ed elett.te dom.to presso l’avv. (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Pordenone depositata il 4 luglio 2007 nel proc. civ. n. 1723/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2014 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, assorbito il primo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La (OMISSIS) soc. coop. propose opposizione allo stato passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l., al quale il suo credito di euro 297.997,52, derivante da finanziamento sotto forma di apertura di credito in conto corrente erogato nel 2005 e assistito da garanzia ipotecaria, era stato ammesso soltanto in chirografo dal Giudice delegato, che aveva giudicato l’ipoteca revocabile ai sensi dell’articolo 2901 c.c..
Il Tribunale di Pordenone ha confermato la decisione impugnata osservando che:
– all’epoca della concessione del finanziamento assistito da ipoteca la (OMISSIS) accusava perdite per circa 117.000,00 euro, il che aveva in precedenza indotto altro istituto di credito a negare il medesimo finanziamento;
– prima di sottoscrivere il contratto la Banca aveva richiesto l’esibizione del bilancio provvisorio della societa’ a tutto il 2004;
– all’epoca dell’operazione esistevano creditori della societa’ rimasti insoddisfatti anche dopo la dichiarazione del fallimento;
– il finanziamento, ottenuto dalla societa’ in funzione della costruzione di determinati immobili, era stato utilizzato anche per la normale attivita’ dell’impresa;
– pertanto con l’accensione dell’ipoteca era stata alterata la par condicio creditorum, “non sottacendosi poi che l’asserito accrescimento del patrimonio immobiliare della (OMISSIS) con la realizzazione degli edifici viene a perdere ogni consistenza a fronte di un contestuale progressivo aumento delle perdite giunte alla fine del 2005 ad euro 255.000,00 ovvero piu’ del doppio del passivo dell’esercizio precedente”.
La Banca ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi di censura. Il curatore fallimentare si e’ difeso con controricorso. La ricorrente ha anche presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione degli articoli 2808 e 2809 c.c., si sostiene che, essendo l’ipoteca un accessorio del credito, il Tribunale non poteva ammettere quest’ultimo al passivo fallimentare e revocare invece la prelazione ipotecaria.
1.1. – Il motivo e’ infondato.
Dal rapporto di accessorieta’ tra credito e garanzia non discende affatto un principio di non revocabilita’ della sola garanzia, come e’ fatto palese dalla disposizione di cui all’articolo 2901 c.c., comma 2, che presuppone appunto tale revocabilita’, ancorche’ si tratti di garanzia contestuale al credito. Ne’ vale richiamare, come fa la ricorrente a conforto della propria tesi, Cass. 23669/2006, che si riferisce invece ad una fattispecie particolare (simulazione di un mutuo fondiario, che la Corte ritenne doversi estendere anche all’ipoteca).
2. – Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’articolo 2901 c.c., e L.F., articolo 66, si sostiene che l’eventus damni nella revocatoria ordinaria esercitata dal curatore fallimentare non consiste, come invece ha ritenuto la Corte d’appello, nella lesione della par condicio creditorum, bensi’ nel prodursi o aggravarsi del dissesto quale effetto dell’atto revocando, o comunque nella perdita o diminuzione della generica garanzia patrimoniale in favore dei creditori, e che, corrispondentemente, la scientia damni debba vertere su tali circostanze, non sulla sussistenza o meno dello stato d’insolvenza del debitore.
2.1. – Il motivo e’ fondato nei sensi che seguono.
Il curatore fallimentare che promuova l’azione revocatoria ordinaria, per dimostrare la sussistenza dell’eventus damni ha l’onere di provare tre circostanze: a) la consistenza dei crediti vantati dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito; b) la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell’atto pregiudizievole; c) il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto. Solo se dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre questi elementi emerga che per effetto dell’atto pregiudizievole sia divenuta oggettivamente piu’ difficoltosa l’esazione del credito, in misura che ecceda la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori, potra’ ritenersi dimostrata la sussistenza dell’eventus damni (da ult. Cass. 26331/2008).
Conseguentemente il requisito soggettivo della scientia damni consiste nella consapevolezza di tali elementi da parte del terzo convenuto in revocatoria.
Il Tribunale ha mostrato di non essersi attenuto a tali principi, avendo dato rilievo, nella invero non chiarissima motivazione della propria decisione, ad e-lementi che invece ne sono privi, quali l’alterazione della par condicio creditorum e il riscontrato aggravamento del dissesto nell’anno del rilascio dell’ipoteca.
3. – Il terzo motivo di ricorso, con cui si denuncia vizio di motivazione, e’ inammissibile per difetto del requisito formale della “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”, di cui all’articolo 366 bis c.p.c., (cfr., per tutte, Cass. Sez. Un. 20603/2007), qui applicabile ratione temporis risalendo la sentenza impugnata a data anteriore all’entrata in vigore della Legge 18 giugno 2009, n. 69, che l’ha abrogato.
4. – Il decreto impugnato va pertanto cassato con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterra’ ai principi di diritto enunciati al terzultimo e al penultimo capoverso del p.2.1, che precede, e provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, dichiara inammissibile il terzo; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Pordenone in diversa composizione.
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