cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 3 settembre 2015, n. 17521

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21866/2013 proposto da:

(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), in proprio e nella qualita’ di unico socio e amministratore dello (OMISSIS) S.N.C., e (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), gia’ socia dello (OMISSIS) S.N.C., elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.N.C. E DEI SOCI ILLITATAMENTE RESPONSABILI (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in persona del Curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., SCA (OMISSIS) S.P.A., (OMISSIS) S.R.L., (OMISSIS) S.R.L., (OMISSIS) S.R.L., (OMISSIS);

– intimate –

avverso la sentenza n. 978/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 23/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/05/2015 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per le ricorrenti, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati ricorsi – poi riuniti – le societa’ ” (OMISSIS) – S.p.a”, ” (OMISSIS) – S.r.l.”, ” (OMISSIS) – S.r.l.” e ” (OMISSIS) – S.r.l.” chiedevano il fallimento dello ” (OMISSIS) S.n.c.”, esercente attivita’ di fabbricazione di carta e cartone.

Quest’ultima e le socie illimitatamente responsabili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) venivano convocate alla udienza del 19/7/12.

Tre giorni prima dell’udienza e, precisamente, in data 16/7 /12, la societa’ ” (OMISSIS)” depositava ricorso per la ammissione a concordato preventivo, informandone le precitate socie (OMISSIS) e (OMISSIS), e contestualmente chiedeva rinvio della trattazione del procedimento fallimentare in corso. Alla udienza del 19/7/12 comparivano i’ difensori delle succitate (OMISSIS) e (OMISSIS) e si associavano alla richiesta di rinvio.

Il Tribunale non rinviava la trattazione del procedimento fallimentare e lo tratteneva in decisione. Indi pronunciava separatamente la inammissibilita’ della proposta di concordato preventivo (decreto del 24/7 /12) nonche’ sentenza dichiarativa di fallimento della societa’ (OMISSIS)” e delle tre socie illimitatamente responsabili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con le statuizioni consequenziali di rito.

Avverso tale duplice decisione proponevano impugnazione tutte le parti dichiarate fallite, con due atti di reclamo poi riuniti, nei quali prospettavano:) nullita’ del decreto emesso il 24 17/12 con il quale e stata dichiarata la inammissibilita’ della proposta di concordato preventivo; 2) nullita’ consequenziale della sentenza dichiarativa di fallimento; 3) nullita’ delle notifiche dei decreti di convocazione delle parti alla udienza del 19/7/12, e consequenziale nullita’ della sentenza di fallimento; 4) insussistenza di stato di insolvenza della societa’ dichiarata fallita.

Inoltre, la reclamante (OMISSIS), oltre ad aderire a tutti i rilievi sopra detti, eccepiva anche la sua personale non – fallibilita’, per essere stato sciolto il rapporto sociale con la societa’ (OMISSIS)” oltre un anno prima della dichiarazione di fallimento.

Si costituivano la Curatela della societa’ fallita, nonche’ le societa’ istanti (OMISSIS) – S.p.a.” e ” (OMISSIS) S.p.a.”, che chiedevano il rigetto delle avverse impugnazioni.

La Corte d’appello di Bari, con sentenza 978/13, rigettava il gravame.

Avverso la detta sentenza ricorrono per cassazione sulla base di sei motivi illustrati con memoria (OMISSIS) in proprio e quale amministratrice dello (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS).

Resiste con controricorso la curatela fallimentare.

Le ricorrenti hanno presentato istanza di rimessione della causa alle Sezioni Unite e depositato altresi’ note d’udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i primi due motivi di ricorso le ricorrenti lamentano, sotto diversi profili, la violazione e falsa applicazione degli articoli 145, 138, 139 e 141 c.p.c., e della L.F., articolo 15, in relazione alla irrituale notifica delle istanze di fallimento e dei pedissequi decreti di comparizione dinnanzi al Giudice Delegato all’istruttoria prefallimentare allo (OMISSIS) s.n.c. ed alle socie con conseguente nullita’ del successivo procedimento e della sentenza dichiarativa di fallimento. Si dolgono, inoltre, dell’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti costituito dalla mancanza della qualifica di dipendente, incaricato di ricevere le notifiche o addetto alla sede, della persona che rifiuto’ di riceversi la notificazione degli atti presso l’azienda dello (OMISSIS) s.n.c..

Con il terzo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione della L.F., articolo 162, in relazione alla conferma del decreto del 24/7/2012, con il quale il Tribunale di Trani aveva dichiarato l1 inammissibilita’ della proposta di concordato preventivo presentata dallo (OMISSIS) s.n.c. il 16/07/2012, senza preventivamente disporre la comparizione delle parti e della contestuale sentenza n. 58/2012,con la quale il Tribunale di Trani aveva dichiarato il fallimento dello (OMISSIS) s.n.c. e delle socie illimitatamente responsabili. Si dolgono, inoltre, dell’omesso esame sul fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla mancata fissazione dell’udienza di comparizione delle parti a seguito della proposta di concordato.

Con il quarto motivo prospettano la violazione e falsa applicazione della L.F., articoli 160, 161, 162 e 182 bis, in relazione alla mancata concessione di un termine allo (OMISSIS) s.n.c. per integrare la documentazione o per presentare domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Con il quinto motivo deducono la violazione e falsa applicazione della L.F., articoli 1 e 15, nonche’ dell’insussistenza del presupposto soggettivo in capo allo (OMISSIS) s.n.c. dello stato di perdurante ed irreversibile insolvenza. Lamentano poi l’omesso esame della mancanza agli atti di una relazione della Guardia di Finanza riguardante i tre esercizi precedenti alla data di dichiarazione del fallimento.

Con il sesto motivo prospettano la violazione e falsa applicazione della L.F., articolo 18, in relazione alla mancata ammissione delle prove testimoniali richieste su circostanze rilevanti per la decisione dei motivi di reclamo afferenti la nullita’ delle notifiche dei decreto di comparizione dinnanzi al G.D. all’istruttoria prefallimentare nonche’ del procedimento e della sentenza successivi e la insussistenza dello stato di insolvenza della societa’. Ribadiscono poi la nullita’ della sentenza della Corte di Appello di Bari per violazione del principio del contraddittorio.

I primi due motivi, tra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi si rivelano inammissibili prima ancora che infondati.

I motivi ripropongono le medesime censure gia’ avanzate e respinte dal giudice di seconde cure con ineccepibile motivazione.

Per quanto concerne la notifica presso la sede sociale, osserva la Corte che la stessa risulta avvenuta a mani di tale (OMISSIS), che l’Ufficiale giudiziario ha qualificato dipendente della societa’, il quale rifiuto’ di ricevere l’atto per cui questo venne depositato presso la casa comunale con invio dell’avviso al destinatario.

La notifica e’ stata quindi ritenuta regolare poiche’ l’articolo 145 c.p.c., richiede che la notifica avvenga a mani di “persona addetta alla sede” qualita’ ricorrente in capo ai dipendenti.

E’ appena il caso di rilevare poi che per giurisprudenza consolidata il rifiuto di ricevere la copia dell’atto e’ legalmente equiparabile alla notificazione effettuata in mani proprie soltanto se proveniente, con certezza, dal destinatario della notificazione medesima, ex articolo 138 c.p.c., comma 2, o, giusta la previsione dell’ articolo 141, comma 3, del medesimo codice, dal suo domiciliatario, e non anche quando analogo rifiuto sia stato opposto da persona che, non essendo stato reperito il destinatario in uno dei luoghi di cui all’articolo 139 c.p.c., comma 1, sia tuttavia abilitata, ai sensi del secondo comma di quest’ultimo alla ricezione dell’atto, dovendosi, in tal caso, eseguire, a pena di inesistenza della notificazione, le formalita’ prescritte dall’articolo 140 c.p.c. (Cass. 12489/14).

Cio’ e’ quanto avvenuto nel caso di specie in cui il notificatore ha inviato alla amministratrice l’avviso della avvenuta notifica e, come rilevato dalla Corte d’appello, l’amministratrice della societa’, tramite la figlia, ritiro’ l’atto in data 15.6.12,nel rispetto del termine di comparizione, onde nessun dubbio puo’ sorgere sulla effettiva ricezione e conoscenza dell’atto cosi’ come nessuna violazione del diritto di difesa si e’ verificata.

Si osserva che la ricezione dell’avviso di avvenuta notifica da parte della amministratrice, costituisce una ulteriore decisiva ratio decidendi della sentenza impugnata sulla quale non si rinviene nel ricorso specifica censura, essendo questa stata proposta solo tardivamente con la memoria per cui il motivo risulta sotto tale profilo inammissibile.

A cio’ deve ulteriormente aggiungersi che, come ancora una volta correttamente rilevato dalla Corte d’appello, la societa’ si e’ regolarmente presentata all’udienza di comparizione, onde l’eventuale ipotetica nullita’ deve ritenersi comunque sanata.

Anche su tale aspetto non si rinviene censura specifica nel ricorso.

A medesime conclusioni deve pervenirsi per quanto concerne le notifiche alle socie illimitatamente responsabili.

La notifica avvenne presso il domicilio di queste ultime e l’ufficiale giudiziario, non avendole rinvenute procedette all’affissione dell’avviso sulla porta ed al deposito presso la casa comunale dove entrambe si recarono a ritirare l’atto, rispettivamente in data 26 e 27 giugno 2012 nel rispetto dei termini di comparizione.

Nessun dubbio quindi che anche in questo caso la notifica avvenne regolarmente tanto e’ vero che entrambe le parti si presentarono all’udienza di comparizione.

In sostanza la Corte d’appello,a prescindere dal ritenuto rispetto delle norme in materia di notifica, ha fatto applicazione con autonoma ratio decidendi del principio in virtu’ del quale la notificazione, anche se nulla, non impedisce la valida instaurazione del rapporto processuale, qualora il destinatario della notifica si costituisca, verificandosi in tale ultima ipotesi la sanatoria della nullita’ per raggiungimento dello scopo cui l’atto era diretto, ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., comma 3, anche quando la costituzione avvenga al solo scopo di far valere tale vizio. (Cass. 1676/15; Cass. 23213/14; Cass. 4456/99).

Il giudice di seconde cure ha infatti espressamente affermato che “all’udienza del 19.7.12 comparvero i difensori di tutte le parti convocate a significazione del fatto che gli atti erano stati sicuramente ritirati dai destinatavi, sicche’ le doglianza assumono valore puramente strumentale”.

Tale ratio decidendi non e’ in alcun modo censurata dalle ricorrenti nel motivo in esame che,per quanto concerne le socie illimitatamente responsabili, si limitano a contestare che l’Ufficiale giudiziario le ha erratamente considerate irreperibili e non ha rispettato le previsioni degli articoli 138, 139 e 140 c.p.c., mentre, per quanto concerne la societa’, questa contesta la natura di dipendente del soggetto che ha rifiutato la ricezione dell’atto presso la sede e di cui sostengono di avere provato e chiesto di provare l’estraneita’ alla societa’.

I motivi sono quindi da dichiarare inammissibili.

Per quanto concerne il terzo motivo di ricorso, lo stesso si rivela inammissibile prima ancora che infondato.

In ordine alla mancata audizione dei proponenti il concordato, la Corte d’appello – come gia’ ricordato – ha dato atto che gli stessi hanno presentato la proposta il 16.7.12. e che il 19.7.12 sono stati sentiti i loro difensori in ordine alle istanze di fallimento e di concordato preventivo, tanto e’ vero che in ordine a quest’ultima avevano formulato una istanza di rinvio.

Le ricorrenti contestano, a fronte di tale motivazione, che in realta’ nel corso dell’udienza in questione la proposta di concordato preventivo non era stata presa in alcun modo in esame e riportano a tal fine il verbale dell’udienza da cui non risulta alcuna richiesta di rinvio e dove si da atto della assenza della societa’ e del socio amministratore.

Si osserva che con la censura in esame si deduce un vizio revocatorio, conseguente alla erronea percezione da parte della Corte d’appello del contenuto di un atto processuale, che avrebbe dovuto essere fatto valere con ricorso per revocazione ex articolo 395 c.p.c., n. 4, e non con ricorso ordinano.

Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che la denuncia di travisamento di fatto quando attiene non alla motivazione della sentenza impugnata, ma ad un fatto che sarebbe stato affermato in contrasto con la prova acquisita, costituisce motivo non di ricorso per cassazione ma di revocazione ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., importando essa un accertamento di merito non consentito al giudice di legittimita’. (Cass. 5149/03; Cass. 17057/07; Cass. 4056/09).

E’ quanto avvenuto nel caso di specie, non essendo conferente il precedente giurisprudenziale citato dalle ricorrenti nelle note d’udienza riferentesi alla diversa ipotesi “in cui, con il ricorso per cassazione, venga dedotta l’incongruita’, l’insufficienza o contraddittorieta’ della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di risultanze processuali” (cosi’ la massima di Cass. 12362/06) che si riferisce, come e’ evidente, ad una inadeguata valutazione delle prove e non ad un errore di percezione circa il contenuto di un documento in conseguenza del quale venga affermata una circostanza inesistente o negata una esistente.

Il motivo e’ dunque inammissibile.

Cio’ rende superflua la richiesta delle ricorrenti di una rimessione della causa alle Sezioni Unite di questa Corte ove gia’ sarebbe stata rimessa la questione del principio di prevalenza del concordato preventivo rispetto alla dichiarazione di fallimento.

Si osserva comunque,sia pure del tutto superfluamente, che la presenza dei debitori all’udienza prefallimentare e’ sufficiente a garantire il diritto di difesa delle parti alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte che ha ripetutamente affermato che l’audizione del debitore, prevista dalla L.F., articolo 162, comma 2, – nella formulazione introdotta con il Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169 – non e’ necessaria quando l’istanza di ammissione al concordato preventivo si inserisca nell’ambito di un procedimento prefallimentare in cui il debitore sia gia’ stato sentito in relazione alla sua proposta con possibilita’ di svolgere le proprie difese, in quanto il suddetto obbligo e’ funzionale a consentire al medesimo, in ispecie ove la proposta di concordato costituisca un autonomo procedimento, senza previe pendenze, di illustrarla e di svolgere le proprie difese. Ne consegue che, al fine del rispetto del suddetto obbligo, non e’ necessaria neppure la preventiva contestazione delle eventuali ragioni di inammissibilita’ del concordato, restando nella discrezionalita’ del tribunale indicare le eventuali insufficienze del piano o della documentazione. (v. da ultimo Cass. 13083/13 – Cass. 11423/14).

Infondata e’ anche l’ulteriore doglianza contenuta nel motivo secondo cui i ricorrenti si dolgono della mancata concessione di un termine per integrare il piano e produrre nuovi documenti.

Questa Corte ha gia’ ripetutamente affermato che il tribunale, quando concede il termine previsto dalla L.F., articolo 162, comma 1, per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti, esercita un potere discrezionale relativamente al quale il debitore non e’ titolare di alcun diritto, avendo piuttosto l’obbligo di corredare la domanda di concordato di tutta la documentazione prescritta dalla L.F., articolo 161, (Cass. 12549/14).

In ogni caso grattandosi di un potere discrezionale, l’omesso esercizio di esso da parte del giudice non necessita di motivazione, ne’ e’ censurabile in sede di legittimita’ Cass. 21901/13).

Venendo all’esame del quarto motivo di ricorso, se ne rileva l’inammissibilita’, prima ancora che l’infondatezza.

E’ agevole osservare che circa la doglianza di mancato rinvio per la produzione di documenti inerenti alla domanda di concordato preventivo non si rinviene specifica motivazione nella sentenza impugnata che da atto di esclusivamente di due doglianze: una attinente alla istanza di fissazione di apposita udienza per trattare della domanda in questione e l’altra concernente la mancata assegnazione di una priorita’ nell’esaminare l’istanza di concordato rispetto alle istanze di fallimento.

Era pertanto onere delle ricorrenti,in osservanza del principio di autosufficienza, riportare nel ricorso il brano del reclamo ove veniva specificatamente posta la questione del mancato rinvio, in assenza di cio’ la questione della omessa motivazione sull’implicito rigetto del rinvio da parte del tribunale (essendosi il motivo limitato a far riferimento alle articolate doglianze contenute nel reclamo) appare nuova e, come tale non scrutinabile in questa sede.

Si aggiunge inoltre che il motivo, con cui in sostanza si deduce un difetto di motivazione, e’ inammissibile anche per un ulteriore aspetto.

Il ricorso e’ stato infatti proposto avverso una sentenza depositata il 23.8.13 per cui alla fattispecie risulta applicabile ratione temporis l’articolo 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 1, convertito con Legge n. 134 del 2012, che prevede la possibilita’ di proporre ricorso per cassazione solo per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti prospettazione questa che non si rinviene nel ricorso ove si fa un generico riferimento ad una omessa motivazione.

Il quinto motivo e’ infondato.

La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che il Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 1, comma 2, nel testo modificato dal Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169, aderendo al principio di “prossimita’ della prova”, pone a carico del debitore l’onere di provare di essere esente dal fallimento gravandolo della dimostrazione del non superamento congiunto dei parametri dimensionali ivi prescritti, (Cass. 13086/10, 23052/10).

In tale contesto un potere di indagine officiosa e’ residuato in capo al tribunale, potendo il giudice tuttora assumere informazioni urgenti, L.F., ex articolo 15, comma 4, utilizzare i dati dei ricavi lordi in qualunque modo essi risultino e dunque a prescindere dalle allegazioni del debitore, L.F., ex articolo 1, comma 2, lettera b), assumere mezzi di prova officiosi ritenuti necessari nel giudizio di impugnazione L.F., ex articolo 18. Tale ruolo di supplenza, volgendo a colmare le lacune delle parti, e’ pero’ necessariamente limitato ai fatti da esse dedotti quali allegazioni difensive ma non e’ rimesso a presupposti vincolanti, richiedendo una valutazione del giudice di merito competente circa l’incompletezza del materiale probatorio, l’individuazione di quello utile alla definizione del procedimento, nonche’ la sua concreta acquisibilita’ e rilevanza decisoria. (Cass. 17281/10).

Nel caso di specie le ricorrenti non deducono in alcun modo di avere fornito la prova della sussistenza congiunta delle tre condizioni di non fallibilita’ previste dalla L.F., articolo 1.

Si limitano ad una generica contestazione circa la mancata acquisizione di una relazione della Guardia di finanza,ma non censurano in alcun modo la specifica ratio decidendi sul punto della Corte d’appello che rilevava il mancato adempimento da parte delle ricorrenti dell’onere probatorio su di esse gravanti in ordine alla sussistenza delle condizioni di non fallibilita’ di cui alla L.F., articolo 1, in tal modo chiaramente escludendo che, in assenza di qualunque principio di prova da parte delle reclamanti, potesse farsi ricorso ad un potere supplente del giudice.

Il motivo non merita quindi accoglimento.

Per quanto concerne il sesto motivo, con cui si lamenta la mancata ammissione della prova testimoniale tendente a dimostrare la irregolare notifica della convocazione alle socie illimitatamente responsabili ed alla societa’, lo stesso e’ assorbito a seguito della inammissibilita’ dei primi due motivi di ricorso.

Per quanto concerne invece gli ultimi due capitoli di prova la censura circa la loro mancata ammissione e’ inammissibile non avendo le ricorrenti dedotto il carattere decisivo dei capitoli in questione che appaiono invero estranei al contesto delle complessive censure contenute nel ricorso.

Il ricorso va conclusivamente respinto. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidato come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 7000,00 oltre euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Sussistono le condizioni per l’applicazione del doppio del contributo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

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