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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 29 ottobre 2014, n. 44978

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Pesaro, sezione di Fano, ha dichiarato G.V. responsabile del reato di cui all’art. 660 cod. pen. commesso dal 1.1.2007 al 22.10.2009 ai danni di C.A. , condannandolo alla pena di 200,00 Euro di ammenda.
Il fatto imputato consisteva nell’avere recato disturbo e molestia alla C. per petulanza e biasimevoli motivi, con il mezzo del telefono, inviandole messaggi di testo e chiamandola più volte, anche in ora notturna, facendole “avances”.
A ragione della decisione il Tribunale osservava che la prova dei comportamenti ossessivi tenuti dal G. nei confronti della C. , fatti di continue telefonate ed “appostamenti” emergeva dalle dichiarazioni di questa, confermata dalle testimonianze della sua vicina e amica, Co.De. e di Ci.Ro. , nel 2009 compagno della C. .
Non incideva sulla ricostruzione dei fatti e sull’attendibilità dei testi la sentenza prodotta dalla difesa, relativa alla condanna, di cui non risultava l’irrevocabilità, infetta dal medesimo Tribunale alla C. per molestie ai danni del G. (la donna chiedeva d’incontrarlo per accordarsi per “ritirare la querela”), attesa la diversità del periodo di riferimento.
2. L’imputato ha proposto impugnazione, in forma di atto di appello, a mezzo del difensore, avv. M. Michelina Marsili, chiedendo la declaratoria di nullità del procedimento, nel merito l’assoluzione e, in subordine, l’applicazione delle attenuanti generiche.
2.1. Con il primo motivo denunzia violazione degli artt. “648” [recte, 468] e 555 cod. proc. pen. in relazione all’art. 190 cod. proc. pen., lesione del diritto di difesa e violazione del contraddittorio, con riferimento all’ordinanza in data 17 gennaio 2012 di non ammissione dei testi perché indicati nella lista inviata dal difensore alla cancelleria a mezzo fax. Richiama Cass. sez. 4, sent. n. 2789 del 12/12/2012, deducendo che l’art. 468 non prevede alcuna forma specifica per il deposito della lista e che il fax è mezzo pienamente idoneo al raggiungimento dello scopo, funzionale alle prerogative delle controparti e inidoneo a recare pregiudizio alle stesse e al regolare svolgimento del processo.
2.2. Con il secondo motivo afferma che l’imputato andava assolto con formula ampia e che il Tribunale non aveva tenuto conto delle prove prodotte dalla difesa che contraddicevano le asserzioni della persona offesa. Si trattava in particolare delle dichiarazioni rese in altri procedimenti analoghi, a parti invertite, dai testi A.L. , S.M. , Z.M. e dalla C. in qualità di imputata; nonché delle querele presentate dall’imputato, dei messaggi da questo inviati alla parte civile, delle ricariche telefoniche effettuate in favore della stessa e dei suoi figli. I testimoni tutti confermavano infatti che in realtà il G. era succube della C. , la quale riusciva ad ottenere da lui continuamente elargizioni di denaro; che il G. , anziano e malato, non era assolutamente in grado di scrivere, leggere e inviare messaggi tramite il cellulare (dovendo farsi aiutare quando occorreva farlo, da altri); che contrariamente a quanto falsamente dichiarato dalla C. , era costei a telefonare continuamente all’imputato e ad inviargli sms di minacce (alcuni dei quali sono citati). Confortavano quindi la tesi difensiva le circostanze che la C. non aveva addotto elementi obiettivi a sostegno delle sue accuse (non aveva potuto produrre a sostegno delle sue asserzioni alcun messaggio dell’imputato) e aveva rinunziato alla costituzione di parte civile, e che i rapporti tra i due s’erano incrinati solo quando l’imputato s’era rifiutato di pagarle l’acquisto di una nuova autovettura.

Considerato in diritto

1. Osserva il Collegio che deve anzitutto darsi atto che l’appello proposto dall’imputato correttamente è stato trasmesso alla Corte di cassazione per essere esaminato alla stregua di ricorso, e come tale va qualificato e valutato, essendo la sentenza impugnata, di condanna alla sola pena dell’ammenda, inappellabile.
2. Tanto posto, il primo motivo di ricorso, pregiudiziale perché attiene a vizio procedurale, appare fondato.
Il Tribunale non ha, difatti, ammesso i testi indicati dalla difesa sol perché la relativa lista, presentata ai sensi dell’art. 468, comma 1, cod. proc. pen., era stata trasmessa per fax.
Dagli atti emerge che la lista di cui si parla era stata redatta in vista della udienza del 17 gennaio 2012, era datata 21 dicembre 2012 ed era stata trasmessa per fax il 28 dicembre 2012 alla cancelleria del Tribunale, accompagnata da missiva indirizzata al cancelliere che faceva riferimento a precedente contatto al fine della trasmissione; con essa si chiedeva l’ammissione quali testi di tre soggetti non ascoltati (E. B. , M. Z. , M. S. ), sulle circostanze di cui al capo d’imputazione; non era accompagnata da richiesta di citazione, fatta quindi in udienza e, come detto, respinta.
2.1. Deve dunque convenirsi che correttamente la difesa ha evocato la oramai consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il deposito in cancelleria della lista testimoniale di cui all’art. 468, comma 1, cod. proc. pen. – ove non contenga anche la richiesta al giudice di autorizzazione alla citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici di cui al comma 2 dello stesso art. 468, per la quale è d’obbligo la forma rituale dell’istanza – può avvenire anche a mezzo di trasmissione con i mezzi tecnici quale il fax. Posto, infatti, che detto adempimento ha la funzione di far conoscere, prima del dibattimento, le prove che l’interessato vorrà far acquisire e di consentire così alle parti di preparare la propria linea difensiva e richiedere eventualmente la prova contraria, e considerato che nessuna espressa sanzione d’inammissibilità è collegata all’irritualità del deposito comunque realizzato, non può non condividersi l’osservazione che anche l’invio mediante fax o altro strumento telematico pienamente assolve, in ipotesi di corretto inoltro alla cancelleria del giudice che procede e di completa ricezione, alla funzione di comunicazione all’ufficio ed agli interessati di quanto trasmesso, incidendo comunque sul trasmittente, che ha l’onere di assicurarsi della corretta ricezione del messaggio da parte del destinatario, ogni responsabilità dell’eventuale carenza della comunicazione effettuata non a mezzo della consegna materiale diretta alla cancelleria (così, tra le altre: Sez. 6, n. 3 del 10/07/1996, Rover, Rv. 206504; Sez. 4, n. 2789 del 12/12/2012, Giordano, dep. 2013).
2.2. D’altra parte questa soluzione, non solo non trova ostacoli in alcuna specifica previsione d’inammissibilità della lista diversamente inoltrata, ma appare conforme – purché, si ripete, l’atto sia correttamente indirizzato all’autorità giudiziaria che procede e risulti colà effettivamente pervenuto e allegato agli atti – all’esigenza di una interpretazione sistematica meno legata a schemi formalistici e più rispondente alla evoluzione della disciplina delle comunicazioni e delle notifiche (di cui sono espressione l’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen. e l’art. 4 d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24), oltre che a evidenti esigenze di semplificazione e celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo. Quanto, poi, al controllo della provenienza e della ricezione della comunicazione a mezzo fax basterà ricordare, da un lato, che le indicazioni automaticamente impresse sul documento ricevuto dall’ufficio sono idonee ad assicurare l’autenticità della provenienza dal difensore, peraltro facilmente controllabile dall’ufficio, almeno quanto l’indicazione del mittente su missiva raccomandata (che pure è sufficiente per l’espletamento di formalità ben più significativa quale la presentazione dell’atto d’impugnazione); dall’altro che il telefax è “strumento tecnico che da assicurazioni in ordine alla ricezione dell’atto da parte del destinatario, attestata dallo stesso apparecchio di trasmissione mediante il cosiddetto OK o altro simbolo equivalente” (cfr. Sez. U, n. 28451 del 28/04/2011, Pedicone, Rv. 250121, a proposito dell’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen., nonché, più in generale, Sez. U, 40187 del 27/03/2014, Lattanzio, avviso di decisione).
2.3. In conclusione, deve ritenersi che erroneamente il Tribunale ha impedito all’imputato di esercitare il suo diritto alla prova dichiarando inammissibile la richiesta di sentire i testi indicati nella lista tempestivamente inoltrata, solo perché la stessa era pervenuta all’ufficio tramite fax.
3. Tanto basta all’annullamento della sentenza impugnata.
La Corte non può tuttavia esimersi dal rilevare, d’ufficio, che, in base a quanto pacificamente risulta dalla stessa sentenza impugnata, la persona offesa era stata pressoché contemporaneamente imputata e condannata per analogo reato commesso ai danni dell’imputato, e il relativo procedimento non risultava essere ancora definitivamente concluso.
In siffatta situazione la C. , rivestendo la qualità di imputato in procedimento collegato ai sensi dell’art. 371, comma 2, lettera b), cod. proc. pen., per reato commesso in danno reciproco, doveva essere assunta, anche se persona offesa, nel procedimento relativo al reato collegato con le forme previste per la testimonianza cosiddetta “assistita”, ovverosia ai sensi dell’art. 197-bis cod. proc. pen. (Sez. U, n. 12067 del 17/12/2009, De Simone, Rv. 246375).
La violazione di tale regola comporta dunque l’inutilizzabilità delle dichiarazioni da lei irritualmente rese, invece, nella mera qualità di testimone.
4. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Pesaro, perché proceda a nuovo esame attenendosi ai principi enunziati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Pesaro.

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