cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 25 gennaio 2016, n. 1275

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, rigettò la domanda di risarcimento dei danni proposta nei confronti della Reti Televisive Italiane s.p.a. da D.S.O. , che aveva lamentato la contraffazione di un marchio registrato per contrassegnare una gara di somiglianza tra cani e padroni periodicamente organizzata nel parco di (omissis) .
I giudici del merito rilevarono che il marchio controverso è costituito dalle parole “Tali & Quali (Le strane coppie)” e da due disegni raffiguranti un corpo umano con testa canina e un corpo canino con testa umana, legato al primo da un guinzaglio. Ritennero pertanto che, considerata la natura complessa del marchio, non integrasse la lamentata contraffazione l’uso delle sole parole “Tali & Quali” per denominare, con una formula linguistica molto diffusa, una gara di somiglianza tra cani e padroni inserita nella trasmissione televisiva “Stelle a quattro zampe”.
Contro la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione D.S.O. , deducendo un motivo d’impugnazione unico, benché intestato con sei distinte censure, cui resistono, oltre alla Reti Televisive Italiane s.p.a., anche le società Newton s.r.l. e Newton Produzioni s.r.l., condannate in primo grado a manlevare la Reti Televisive Italiane s.p.a.
Si è costituita in giudizio anche la Nestlé Italiana s.p.a., nei cui confronti l’attrice D.S.O. aveva proposto una domanda rigettata già in primo grado.

Motivi della decisione

1.1- Va preliminarmente disattesa l’eccezione formulata dalla Reti Televisive Italiane s.p.a. di inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 365 c.p.c.. Infatti, secondo una giurisprudenza ormai indiscussa, “la procura al difensore apposta a margine o in calce al ricorso per cassazione deve considerarsi conferita, salva diversa manifestazione di volontà, per il giudizio di cassazione, in quanto costituendo corpo unico con l’atto cui inerisce, esprime necessariamente il suo riferimento a questo e garantisce il requisito della specialità, essendo irrilevante la mancanza di uno specifico riferimento al giudizio di legittimità” (Cass., sez. un., 24 novembre 2004, n. 22119, m. 578456, Cass., sez. III, 5 dicembre 2014, n. 25725, m. 633679).
1.2- La ricorrente propone diverse censure unitariamente e indistintamente riferite all’iniziale elencazione di sei motivi di ricorso, articolati come violazioni di legge e vizi di motivazione. Lamenta innanzitutto che le sole parole “Tali & Quali” siano state considerate inidonee a individuare il “cuore” del marchio controverso, senza verificare se si trattasse di un marchio forte, così falsamente applicando tanto l’art. 17 r.d. n. 929 del 1942 quanto l’art. 13 d.lgs. n. 30 del 2005, “che escludono il requisito della distintività per segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente”.
Sostiene che si tratta invece di un marchio forte, perché correla genialmente le parole di uso comune “Tali & Quali” alla somiglianza tra cani e padroni, peraltro evocata anche con una vignetta di per sé “dotata di autonoma capacità caratterizzante”.
Si duole poi la ricorrente che l’uso della cosiddetta e commerciale (&) non sia stato considerato rilevante per escludere la riconducibilità della scritta all’uso comune della lingua italiana. E censura la mancata indagine circa la confondiblità indotta dalla pedissequa riproduzione della parte denominativa del marchio, quella più utilizzata dai media per riferirsi alla manifestazione originaria, cui fu da molti ricondotta la trasmissione televisiva abusivamente contrassegnata.
2. Il ricorso è infondato.
Non è qui in discussione infatti la tutela del diritto dell’autore di un format televisivo (Cass., sez. I, 17 febbraio 2010, n. 3817, m. 611953, Cass., sez. I, 13 ottobre 2011, n. 21172, m. 620195), bensì la contraffazione di un marchio destinato a identificare una gara cinofila. E in questa prospettiva, benché abbiano qualificato come complesso il marchio controverso, i giudici del merito hanno del tutto ragionevolmente ritenuto che la sola parte linguistica (“Tali & Quali”) dell’insieme costitutivo del contrassegno fosse inidonea a denotare la manifestazione tutelata con la sua registrazione.
Questo convincimento è certamente più coerente con una qualificazione del marchio come contrassegno appunto di insieme, piuttosto che complesso. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa corte, “il marchio complesso è costituito da una composizione di più elementi, ciascuno dotato di capacità caratterizzante, il cui esame da parte del giudice deve effettuarsi in modo parcellizzato per ciascuno di essi, pur essendone la forza distintiva affidata all’elemento costituente il c.d. cuore del marchio; esso si distingue dal marchio d’insieme, in cui manca l’elemento caratterizzante e tutti i vari elementi sono singolarmente privi di distintività, derivando il valore distintivo, più o meno accentuato, soltanto dalla loro combinazione o, appunto, dal loro insieme” (Cass., sez. I, 3 dicembre 2010, n. 24620, m. 615798, Cass., sez. I, 18 gennaio 2013, n. 1249, m. 624851). Tuttavia, al di là delle qualificazioni, è indubitabile che l’accertamento compiuto al riguardo dai giudici del merito attiene al fatto controverso. Sicché, essendo del tutto plausibile l’assunto della carenza di capacità caratterizzante del sintagma “Tali & Quali”, ne consegue che si tratta di accertamento non censurabile nel giudizio di legittimità. È indiscusso infatti nella giurisprudenza di questa corte che l’accertamento della contraffazione è un giudizio di fatto censurabile per cassazione solo per vizio della motivazione, quando risulti non plausibile il discorso giustificativo esibito dal giudice del merito (Cass., sez. I, 28 febbraio 2006, n. 4405, m. 589976).
Si deve pertanto concludere con il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza. Sicché la ricorrente è tenuta al rimborso delle spese anticipate dalle resistenti. Non compete invece rimborso per la Nestlè, intervenuta solo nella discussione orale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore di ciascuna delle due parti resistenti, liquidandole in complessivi Euro. 8.200, di cui Euro 8.000 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.

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