cassazione 9

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 24 agosto 2015, n. 17112

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3915-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 572/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 22/08/2013; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/07/2015 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Cagliari con sentenza del 22 agosto 2013 ha respinto la domanda proposta dal Ministero dell’interno, quale istituzione intermediaria in base alla Convenzione di New York del 20 giugno 1956, di riconoscimento dell’efficacia nel territorio italiano della sentenza dell’11 ottobre 2005, pronunciata dal Tribunale Distrettuale di Danzica, con la quale (OMISSIS) e’ stato condannato a corrispondere alla figlia (OMISSIS) le spese di mantenimento ed educazione sino alla maggiore eta’.

La corte d’appello ha ritenuto che sia stato violato il diritto di difesa, ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973 sul riconoscimento ed esecuzione delle decisioni concernenti obbligazioni alimentari, resa esecutiva dalla Legge 24 ottobre 1980, n. 745, non avendo il convenuto avuto a disposizione un termine congruo per presentare la propria difesa e chiedere un’indagine bio-ematologica, dal momento che gli e’ stato concesso il termine di soli sessanta giorni dalla notificazione dell’atto di citazione per costituirsi in giudizio e l’udienza fu fissata a novanta giorni dalla notificazione stessa. Cio’, in quanto in Italia il termine a comparire, secondo l’articolo 163 bis c.p.c., era ben piu’ lungo, ossia di centoventi giorni, poi aumentati a centocinquanta.

Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso il soccombente, sulla base di un motivo; non si costituisce l’intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo, il ricorrente censura il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non avendo la sentenza impugnata specificato i parametri della sua valutazione di incongruita’ del termine, se non in forza di una mera comparazione con la disciplina italiana. Al contrario, a norma dell’articolo 6 della Convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973, si doveva accertare in concreto se il termine fosse congruo ai fini della difesa del convenuto, sulla base di specifiche circostanze di fatto e non di una inconsistente comparazione astratta fra norme, non potendosi, secondo quanto chiarito anche da questa Corte di legittimita’, applicare pedissequamente i principi in tema di notificazione disposti dalla normativa italiana.

2. – Il motivo e’ fondato.

2.1. – Va premesso che il motivo, pur rubricato come vizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in realta’ denunzia la violazione dell’articolo 6 della Convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973, laddove la sentenza impugnata ha ritenuto precluso il riconoscimento della sentenza straniera qualora la concessione dei termini a difesa al convenuto sia inferiore a quelli previsti dalla legge italiana.

Il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, laddove l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma. Tuttavia, non puo’ negarsi la possibilita’ alla corte di legittimita’ di individuare le norme di diritto concretamente applicabili in ragione della coerenza e completezza della esposizione dei motivi di censura (cfr. Cass., 20 febbraio 1999, n. 1430, ed altre), allorche’ il ricorso per cassazione evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie.

2.2. – L’articolo 6 della Convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973 sul riconoscimento ed esecuzione delle decisioni concernenti obbligazioni alimentari, resa esecutiva dalla Legge 24 ottobre 1980, n. 745, prevede che “una decisione pronunziata in contumacia e’ riconosciuta o dichiarata esecutiva solo se l’atto introduttivo del giudizio contenente gli elementi essenziali della domanda e’ stato notificato alla parte contumace secondo la legislazione dello Stato d’origine e se, tenuto conto delle circostanze, tale parte ha avuto a disposizione un congruo termine per presentare, la sua difesa”.

L’interpretazione di tale “congruita’” per la vocatio in ius – atteso il concetto giuridico indeterminato utilizzato – deve essere ancorata a parametri desunti dalle circostanze del caso concreto, come la norma espressamente impone: non puo’, invece, farsi applicazione della legge italiana tout court.

Si e’ gia’ chiarito, per il riconoscimento di sentenze straniere Legge 31 maggio 1995, n. 218, ex articolo 64 con riguardo alla notificazione dell’atto introduttivo, che non sono applicabili pedissequamente le regole notificatorie dettate dalla legge italiana (Cass. 28 ottobre 2011, n. 22530, non massimata; 25 luglio 2006, n. 16978).

Per quanto attiene alla valutazione della congruita’ del termine assegnato nel processo straniero, questa Corte ha gia’ rilevato come l’articolo 6 della convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973, nel disporre che una decisione pronunciata in contumacia sia riconosciuta o dichiarata esecutiva se il convenuto ha avuto a disposizione un congruo termine per presentare la sua difesa, collega detto termine alla notifica dell’atto introduttivo, con cio’ intendendo assicurare a tale parte la possibilita’ di predisporre la difesa per l’udienza fissata per la sua comparizione (Cass. 18 maggio 2006, n. 11744, ove il termine concesso era stato, si noti, di otto giorni; v. pure Cass. 19 gennaio 1993, n. 606, in cui fu ritenuto congruo il termine di quaranta giorni a comparire avanti al Tribunale di Basilea, fissato al cittadino italiano residente in (OMISSIS)).

E tale apprezzamento deve essere compiuto in piena indipendenza rispetto sia alle norme processuali italiane, che a quelle straniere, le quali, pertanto, possono fornire soltanto criteri orientativi di valutazione, privi di efficacia vincolante; con la conseguenza che puo’ ben essere ritenuto inadeguato un termine di comparizione eguale o maggiore di quello previsto dall’uno o dall’altro ordinamento e, viceversa, ritenuto congruo un termine minore (Cass. 4 aprile 1977, n. 1279).

Occorre, pertanto, affermare, con riguardo specifico alla valutazione della congruita’ del termine concesso al convenuto per presentare la sua difesa a norma dell’articolo 6 della Convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973 sulle obbligazioni alimentari, che esso va vagliato non in base al suo acritico confronto con gli analoghi termini di comparizione, concessi al convenuto residente all’estero dall’articolo 163 bis c.p.c., ma considerando se, una volta rispettato il diritto straniero, non capiti per avventura che quel termine, secondo la valutazione del giudice dell’ordinamento richiesto del riconoscimento, sia cosi’ esiguo da ledere i diritti essenziali alla difesa ed al contraddittorio, non dovendo poi affatto coincidere tutte le regole formali con quelle interne.

Nella specie, la corte territoriale non ha fatto buon governo del principio suddetto, avendo limitato il suo esame al raffronto dei termini concessi dal giudice straniero – sessanta giorni dalla notificazione per depositare le sue difese e novanta giorni complessivi tra la notificazione e la data dell’udienza – con quelli propri dell’ordinamento italiano (termini a comparire di centoventi, e poi centocinquanta giorni dall’entrata in vigore della Legge 28 dicembre 2005, n. 263), ed omettendo invece qualsiasi riferimento alle circostanze del caso concreto, che rendessero tali termini inadeguati, rispetto ad una difesa da svolgere in un Paese membro della UE, nella specie la Polonia.

3. – Il ricorso va dunque accolto, con rinvio innanzi alla Corte d’appello di Cagliari perche’, in diversa composizione, applichi il principio enunciato al caso concreto; alla corte del merito si demanda altresi’ la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia innanzi alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, cui demanda anche liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi delle parti, ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52.

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