SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I PENALE

Sentenza 21 dicembre 2011, n. 47714

Svolgimento del processo

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza in data 11 gennaio 2011, ha respinto la domanda di applicazione della disciplina del reato continuato, avanzata da Q.F., con riferimento ai fatti oggetto di quattro sentenze di condanna di cui al provvedimento di unificazione di pene concorrenti in esecuzione.

A ragione il Giudice ha addotto che i fatti erano stati commessi in tempi molto distanti tra loro e che non era stato provato lo stato di tossicodipendenza del Q. nell’arco temporale di commissione dei reati, dal 2005 al 2008, risultando prodotto dall’istante un certificato del pubblico servizio sanitario, che richiamava il precedente accertamento della sua condizione di tossicodipendente nel 2001, allorchè il Q. si era rivolto al servizio specialistico (Sert) dell’ASL, e l’attualità della tossicodipendenza alla data del 30 ottobre 2009 di rilascio del medesimo certificato allegato all’istanza, mentre non era stata documentata la continuità della tossicodipendenza negli anni intermedi tra il 2001 e il 2009 in cui furono commessi i reati oggetto della richiesta di applicazione della continuazione.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Q. tramite il difensore di fiducia, il quale deduce la violazione di legge e l’omessa o erronea valutazione di elementi decisivi (relazioni sanitarie dalle quali desumere la cronicità della tossicodipendenza), pur presenti in atti.

Il giudice di merito avrebbe ignorato la continuità della tossicodipendenza del Q. a partire dal 1991 fino alla sua attuale carcerazione, benchè essa fosse documentata nei numerosi certificati in atti, e, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, avrebbe disconosciuto la portata innovativa dell’art. 671 c.p.p., comma 1, come modificato dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, art. 4-vicies, comma 1, convertito, con modif., in L. 21 febbraio 2006, n. 49, laddove include lo stato di tossicodipendenza tra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato. Ad avviso del ricorrente, con tale novella, il legislatore avrebbe modificato “i canoni ermeneutici attraverso i quali interpretare il concetto di “medesimo disegno criminoso”, introducendo un’attenuazione della sussistenza dell’elemento soggettivo quando ricorra uno stato patologico che annebbi le capacità di discernimento del soggetto agente” (così, testualmente, a pag. 4 del ricorso).

Motivi della decisione

3. Il ricorso è fondato nei limiti in cui denuncia la carente motivazione della ritenuta insussistenza dello stato di tossicodipendenza dell’istante negli anni 2005-2008 di commissione dei reati oggetto della domanda di continuazione, nonostante la tossicodipendenza del ricorrente risulti certificata dal pubblico servizio sanitario negli anni 2001 e 2009, come riconosciuto dallo stesso giudice dell’esecuzione, e sia assente alcuna documentazione attestante percorsi terapeutici intrapresi e proficuamente portati a compimento dall’interessato, il quale, proprio nel suddetto periodo intermedio, manifestò la sua devianza commettendo reati, tutti della stessa indole, contro il patrimonio.

Non può condividersi, invece, l’interpretazione dell’art. 671 c.p.p., comma 1, ultima parte, proposta dal ricorrente e, a suo avviso, illegittimamente disattesa dal giudice di merito, nel senso che lo status di tossicodipendente integrerebbe una condizione soggettiva offuscante la capacità di scelta e di autodeterminazione del reo, al punto di giustificare una speciale applicazione dell’istituto della continuazione e la modificazione del concetto di “medesimo disegno criminoso” con la prevista attenuazione dell’elemento soggettivo, ideativo e volitivo, di esso.

E, invero, nel valorizzare, con la nuova formulazione dell’art. 671 c.p.p., comma 1, il collante che lo stato di tossicodipendenza costituisce tra i reati commessi in relazione ad esso, il legislatore non ha inteso modificare l’istituto della continuazione di cui all’art. 81 c.p., comma 2, ovvero creare un tipo d’autore tossicodipendente del delitto continuato diverso da quello ordinario, e, neppure, prevedere una sorta di ipotesi attenuata o agevolata della medesima continuazione nel caso di agente tossicodipendente.

Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, la tossicodipendenza non è assunta dal legislatore come stato patologico a livello psichico mitigante il rigore ermeneutico in tema di ricognizione dell’unicità del disegno criminoso in una prospettiva soggettivistica, ma come “elemento”, unitamente agli altri e non da solo, che oggettivamente incide, in prospettiva finalistica, sull’applicazione della disciplina del reato continuato, posto che la dipendenza da sostanze stupefacenti può indurre il soggetto ad ideare e volere, seppure a grandi linee, al più tardi al momento della commissione del primo reato funzionale al reperimento dei mezzi per procurarsi la droga, il compimento di ulteriori fatti criminosi indirizzati al medesimo fine.

E’, dunque, la forza del bisogno di sostanze stupefacenti sottostante alle azioni criminose del tossicodipendente finalizzate al soddisfacimento di esso, ad assumere rilievo ai sensi dell’art. 671 c.p.p., comma 1, integrante una norma sostanziale applicabile sia in sede di esecuzione che in sede di cognizione, nel rispetto della struttura teleologia del reato continuato, come delineato dalla norma generale di cui all’art. 81 c.p., 1 cpv., non passibile di modificazione nel caso in cui l’autore delle plurime violazioni di legge sia persona tossicodipendente (conforme: Sez. 5, n. 40349 del 07/11/2006, dep. 07/12/2006, Bonaffini).

Segue che il giudice di rinvio dovrà riesaminare il caso alla luce di quanto precisato nella presente sentenza, valutando ricorrenza e rilievo degli elementi significativi ai fini previsti dall’art. 671 c.p.p., comma 1, a partire dalla dedotta tossicodipendenza del ricorrente, in conformità della costante giurisprudenza di questa Corte (c.f.r., tra tutte, Sez. 1, n. 30310 del 29/05/2009, dep. 21/07/2009, Piccirillo, Rv. 244828).

 

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo.

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