Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 13 ottobre 2015, n. 41179
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo – Presidente
Dott. DI TOMASSI Maria S. – Consigliere
Dott. CAVALLO Aldo – Consigliere
Dott. BONITO Francesc – rel. Consigliere
Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso il decreto n. 1100/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di CALTANISSETTA, del 06/09/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO;
lette le conclusioni del PG Dott. DELEHAYE Enrico.
La Corte:
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta, con provvedimento pronunciato in data 6 settembre 2014 ai sensi dell’articolo 666 c.p.p., comma 2, eppertanto de plano, dichiarava inammissibile l’istanza con la quale (OMISSIS) aveva domandato la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale ed, in subordine, la misura della semiliberta’ ovvero della detenzione domiciliare in relazione alla residua pena da espiare di cui alla sentenza del GIP del Tribunale di Nicosia del 31.1.2013, irrevocabile il 23.3.2013. A sostegno motivo della decisione e del provvedimento adottato, il decreto presidenziale richiamava il disposto dell’articolo 58-quater, commi 2 e 3 O.P. e la revoca della misura della semiliberta’ adottata dal Tribunale di sorveglianza il 2 maggio 2014. Preso atto inoltre che l’interessato aveva altresi’ proposto eccezione di costituzionalita’ del citato articolo 58 quater, comma 2 O.P., il decreto richiamava l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 87/2004, che gia’ aveva dichiarato manifestamente infondata l’eccezione stessa.
2. Ricorre per cassazione avverso detto provvedimento il (OMISSIS), assistito dal difensore di fiducia, denunciandone l’illegittimita’ per violazione, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), dell’articolo 127 c.p.p., in relazione all’articolo 178 c.p.p. e articolo 58 quater, commi 2 e 3 O.P..
Deduce in particolare la difesa ricorrente: l’istante, gia’ beneficiario della misura alternativa della semiliberta’ riconosciutagli con ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta del 7 marzo 2014, aveva visto revocargli il beneficio dallo stesso tribunale il successivo 2 maggio sulla base di una semplice querela presentata da tale (OMISSIS), parte civile nel procedimento penale a cagione del quale il (OMISSIS) si trovava ristretto, (OMISSIS) il quale lo accusava di fatti oltraggiosi e minacciosi in suo danno ed in danno della sua famiglia; in forza di tale revoca e del disposto dell’articolo 58-quater O.P. risulta adottato il decreto impugnato; quindi la presentazione di una semplice denuncia da parte di un soggetto gia’ parte offesa e parte civile del procedimento conclusosi con la condanna in espiazione giustificherebbe la revoca in discussione; tanto fa insorgere dubbi di costituzionalita’ ed e’ soprattutto in contrasto con la lettura costituzionalmente orientata delle norme di riferimento che i giudici di legittimita’ propongono da tempo, in uno con il giudice delle leggi; tanto perche’ non vi e’ stato da parte del Tribunale un accertamento oggettivo di quanto denunciato con la querela, accertamento reso altresi’ impossibile dal provvedimento de plano impugnato, ma un semplice automatismo acritico; eppure il giudice di legittimita’ e quello delle leggi hanno da tempo affermato il principio della irritualita’ di decisioni assunte sulla base di rigidi automatismi e non sulla base di valutazioni personalizzate del comportamento del detenuto; tanto e’ stato affermato dalla corte di cassazione proprio in relazione all’articolo 385 c.p., richiamato dall’articolo 58-quater O.P. al pari della revoca di precedente beneficio ed il relativo principio deve pertanto applicarsi anche a tale seconda ipotesi, tenuto conto dell’insegnamento della C. Cost. 87/2004; deve insomma essere valutato caso per caso (il periodo di semiliberta’ goduto dal detenuto e’ stato positivamente valutato dall’osservazione penitenziaria come dimostrato dalla relazione del 29.4.2014) e questo rende irrituale il provvedimento per decreto impugnato, assunto in violazione del principio del contraddittorio.
3. Il P.G. in sede, con motivata requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto della impugnazione.
4. Il ricorso e’ fondato. Questa Corte ha avuto modo di affermare che, a seguito della pronuncia di incostituzionalita’ di cui alla sentenza n. 173 del 1997 della Corte costituzionale, non e’ piu’ consentito alcun automatismo tra la denuncia – e la condanna – per il reato di evasione commesso dal soggetto in espiazione pena in regime di arresti domiciliari e il ripristino della detenzione carceraria, dovendo il Tribunale di sorveglianza procedere a un’autonoma valutazione delle circostanze in cui l’allontanamento ingiustificato dall’abitazione e’ avvenuto, valutazione da compiersi nella prospettiva del percorso di risocializzazione intrapreso dal condannato, in conformita’ al principio affermato da questa Corte per cui la condanna per il delitto di cui all’articolo 385 cod. pen. non e’ di per se’ automaticamente preclusiva della possibilita’ di fruire dei benefici penitenziari e, in particolare, della misura alternativa della detenzione domiciliare, dovendo il giudice procedere ad un esame approfondito della personalita’ del condannato e della sua effettiva, perdurante, pericolosita’ sociale (Sez. 1 n. 22368 del 6/05/2009, Rv. 244130; Sez. 1, n. 29 del 19/11/2014, rv. 261705).
Tanto in piena aderenza all’insegnamento del giudice delle leggi, la cui decisione, come innanzi richiamata (ed incongruamente evocata col decreto impugnato) risulta massimata nei seguenti termini: “E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’articolo 3 Cost., articolo 27 Cost., commi 2 e 3, e 32, la Legge 26 luglio 1975, n. 354, articolo 47-ter, u.c. (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della liberta’), nella parte in cui fa derivare automaticamente la sospensione della detenzione domiciliare dalla presentazione di una denuncia per il reato previsto dall’ottavo 8 dello stesso articolo, sia perche’ la norma impugnata – che prevedeva), per il caso di denunzia del condannato per il reato di evasione (articolo 47-ter, comma 8), la “sospensione automatica della detenzione domiciliare” – non lasciando spazio per un accertamento, sia pure incidentale e limitato alla verifica del fumus boni juris sulla esistenza del reato (di evasione), urta indubbiamente contro il principio di ragionevolezza; sia perche’ la stessa, nello statuire una sospensione automatica senza un minimo di previa delibazione giudiziale circa il fondamento della denunzia di reato, a cui la sospensione e’ collegata, collide con il principio costituzionale che esclude presunzioni di colpevolezza e che ha una forza espansiva che si riflette su varie parti dell’ordinamento, al di la’ degli stretti limiti del processo penale e dei problemi inerenti alla custodia cautelare; sia perche’ – tenuto conto che la misura alternativa alla detenzione, intitolata detenzione domiciliare, e’ indubbiamente caratterizzata da una finalita’ umanitaria ed assistenziale – la sospensione automatica di tale misura, senza valutazione delle circostanze in cui l’allontanamento denunziato come reato e’ avvenuto, urta contro la finalita’ rieducativa assegnata dalla Costituzione ad ogni pena, e dunque anche alle misure alternative previste in seno all’ordinamento penitenziario; sia perche’, rispondendo la detenzione domiciliare anche ad una finalita’ volta alla protezione della salute del condannato, la sua sospensione automatica sulla base di una semplice denuncia e senza, in particolare, che il magistrato di sorveglianza possa vagliare la compatibilita’ della traduzione in carcere con le condizioni di salute del condannato stesso, rappresenta una lesione o, quantomeno, una compromissione del diritto fondamentale alla salute” (C. Cosi, 5 giugno 1997, n. 173, est. Vassalli, massima n. 0023293).
Su tali premesse non possono che condividersi le considerazioni difensive in ordine alla necessita’ che la norma di riferimento, e cioe’ l’articolo 58-quater O.P., commi 2 e 3, debba essere interpretata, alla luce dei principi innanzi affermati dal giudice delle leggi, al di fuori di ogni automatismo e sulla base di una complessiva valutazione della eventuale causa ostativa alla concessione della misura in uno con la meritevolezza dell’istante a fruirne.
Di qui, pertanto, la evidente e palese irritualita’ del decreto presidenziale in scrutinio, adottato ai sensi dell’articolo 666 c.p.p., comma 2, eppertanto al di fuori delle ipotesi ivi previste, quella della manifesta infondatezza della domanda per difetto delle condizioni di legge, circostanza questa che ha comportato una stridente violazione del principio del contraddittorio.
Il decreto impugnato va pertanto annullato senza rinvio con restituzione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
la Corte, annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta.
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