cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 13 ottobre 2015, n. 41051

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente

Dott. GRILLO Renato – Consigliere

Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 3077/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 21/11/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/09/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. BALDI F. che ha concluso per l’annullamento senza rinvio limitatamente alla subordinazione della condizionale alla demolizione.

 

RITENUTO IN FATTO

 

1. La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 21/11/2014 ha confermato la decisione con la quale, in data 27/11/2012, il Tribunale di Grosseto – Sezione Distaccata di Orbetello aveva affermato la responsabilita’ penale di (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine ai reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c) e Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1-bis perche’, quali esecutori materiali, realizzavano (unitamente al proprietario del terreno), in area sottoposta a vincolo paesaggistico ed in assenza del permesso di costruire e dell’autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo, opere consistenti in sbancamento del terreno, realizzazione di manufatti, di un marciapiede, di uno scannafosso, di un riporto di terra e materiali di risulta e di muro di contenimento in pietra ((OMISSIS)).

Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per cassazione tramite il loro difensore di fiducia.

2. Con un primo motivo di ricorso rilevano che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto le opere in corso di realizzazione alla data dell’accertamento, mentre il corpo principale del fabbricato era stato realizzato in epoca precedente e le opere descritte nell’imputazione costituirebbero modeste modifiche dell’edifico principale.

3. Con un secondo motivo di ricorso deducono che, considerato che le opere realizzate, quanto meno quelle concernenti l’edifico principale, sarebbero risalenti nel tempo, il giudice dell’appello avrebbe dovuto rilevare la prescrizione dei reati contestati.

4. Con un terzo motivo di ricorso denunciano il vizio di motivazione in relazione alla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale all’ordine di rimessione in pristino, atteso che, in quanto meri esecutori materiali, essi non hanno, diversamente dal proprietario, la disponibilita’ di quanto realizzato, cosicche’ sarebbe loro impedito di provvedere autonomamente alla disposta rimessione in pristino.

Insistono, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. Il ricorso e’ solo in parte fondato.

Va rilevato, con riferimento al primo ed al secondo motivo di ricorso, che la sentenza impugnata e’ immune da censure per cio’ che riguarda la natura delle opere, la necessita’ dei titoli abilitativi, che si e’ accertato non essere stati richiesti e la datazione degli interventi.

La mera descrizione degli interventi contenuta nel capo di imputazione ne evidenzia la assoggettabilita’ al permesso di costruire, trattandosi di opere che, considerate nel loro complesso, obiettivamente comportano una trasformazione del territorio, quanto meno per cio’ che riguarda quelle non accessorie, quali i singoli edifici.

Certamente, per tutti gli interventi, nessuno escluso, era necessaria l’autorizzazione paesaggistica.

Per cio’ che concerne la loro datazione, la Corte del merito ha rilevato che, all’atto dell’accertamento, le opere erano in corso di esecuzione e che i due manufatti in muratura non risultano preesistenti non essendo neppure censiti in catasto, osservando anche che tale tesi difensiva era stata prospettata solo nel giudizio di appello e non anche nel corso del giudizio abbreviato.

A fronte di tali affermazioni, che non presentano cedimenti logici o manifeste contraddizioni, i ricorrenti oppongono generiche censure prive di ogni correlazione con la decisione, cosicche’ i motivi di ricorso devono ritenersi inammissibili per difetto di specificita’.

2. A conclusioni diverse deve pervenirsi per cio’ che concerne il terzo motivo di ricorso.

Il Tribunale ha infatti subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena, nei confronti di tutti gli imputati, alla riduzione in pristino dei luoghi entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, disponendo la restituzione delle opere in sequestro agli aventi diritto al fine di consentire lo spontaneo adempimento a quanto disposto.

La Corte territoriale ha confermato la statuizione sul punto, respingendo le censure degli appellanti, rilevando che la destinazione ad abitazione dei manufatti non assumeva rilievo ai fini della riduzione in pristino, osservando anche come il proprietario, sebbene destinatario di un ordine di demolizione emesso dal Comune di Porto Santo Stefano (n. 57/2010), non vi avesse comunque adempiuto e che tale evenienza rafforzava l’esigenza di subordinare la concessione del beneficio della sospensione condizionale alla rimessione in pristino.

3. Cio’ posto, occorre preliminarmente ricordare che la giurisprudenza di questa Corte riconosce ormai pacificamente, per cio’ che riguarda la disciplina urbanistica, la legittimita’ della sospensione condizionale subordinata alla demolizione, che appare, peraltro, giustificata dalla circostanza che la presenza sul territorio di un manufatto abusivo rappresenta, indiscutibilmente, una conseguenza dannosa o pericolosa del reato, da eliminare (cfr. Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013 (dep.2014), Russo, Rv. 258517; Sez. 3, n. 28356 del 21/5/2013, Farina Rv. 255466; Sez. 3, n. 38071 del 19/9/2007, Terminiello, Rv. 237825 ; Sez. 3, n. 18304 del 17/1/2003, Guido, Rv. 22471; Sez. 3, n. 4086 del 17/12/1999 (dep. 2000), Pagano, Rv. 216444).

Analoghi principi sono stati affermati con riferimento alla rimessione in pristino, cui pure puo’ essere subordinata la sospensione condizionale della pena, atteso che la non autorizzata immutazione dello stato dei luoghi, in zona sottoposta a vincolo, puo’ comportare conseguenze dannose o pericolose e che la sanzione specifica della rimessione ha una funzione direttamente ripristinatoria del bene offeso (Sez. 3, n. 48984 del 21/10/2014, Maresca, Rv. 261164; Sez. 3, n. 38739 del 28/5/2004, Brignone, Rv. 229612; Sez. 3, n. 29667 del 14/6/2002, Arrostuto S, Rv. 222115; Sez. 3, n. 23766 del 23/3/2001, Capraro A, Rv. 219930).

Si e’ ulteriormente specificato che la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo non e’ impedita dall’eventuale acquisizione del manufatto al patrimonio del comune a seguito dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione, salvo che l’autorita’ comunale abbia dichiarato l’esistenza di interessi pubblici prevalenti rispetto a quello del ripristino dell’assetto urbanistico violato (cfr. Sez. 3, n. 4444 del 12/01/2012, Seoni, Rv. 251972. V. anche Sez. 3, n. 26149 del 9/6/2005, Barbadoro, Rv. 231941; Sez. 3, n. 37120 del 8/7/2003, Bommarito e altro, Rv. 226321).

4. I principi appena richiamati, tuttavia, riguardano il proprietario o comunque colui che materialmente dispone delle opere e che, pertanto, puo’ provvedere all’adempimento della condizione apposta alla concessione del beneficio, mentre per altri soggetti coinvolti, quali il direttore dei lavori o gli esecutori materiali, la possibilita’ di adempiere sarebbe necessariamente subordinata alla volonta’ del proprietario.

Di tale evenienza ha gia’ tenuto conto questa Corte, che ha infatti chiarito come il giudice, nel disporre la condanna dell’esecutore e/o del direttore dei lavori per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44 non puo’ subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla effettiva eliminazione delle opere abusive, in quanto solo il proprietario, ai sensi dell’articolo 31 del citato Decreto del Presidente della Repubblica, puo’ ritenersi soggetto passivamente legittimato rispetto all’ordine di demolizione (Sez. 3, n. 17991 del 21/01/2014, Ciccone e altri, Rv. 261497).

A tale principio, pienamente condiviso dal Collegio, deve essere dunque data continuita’, rilevando come, nel caso in esame, la subordinazione della condizionale alla rimessione in pristino sia stata erroneamente disposta nei confronti dei ricorrenti.

Invero sebbene la decisione del giudice del merito risulti corretta per cio’ che concerne il proprietario del terreno – il quale potra’ comunque provvedervi, per quanto si e’ detto in precedenza, anche a seguito dell’acquisizione ope legis della proprieta’ dell’abuso e dell’area di sedime all’amministrazione comunale in conseguenza dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione (cfr. ex pi. Sez. 3, n. 22237 del 22/4/2010, Gotti, Rv. 247653) – ma non anche per soggetti diversi che, come nel caso di ricorrenti, meri esecutori materiali, non dispongono liberamente dell’area e dei manufatti abusivi.

5. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla subordinazione del concesso beneficio della sospensione condizionale della pena alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, sospensione che va quindi mantenuta per entrambi i ricorrenti senza la prescrizione imposta.

 

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio l’impugnata sentenza limitatamente alla subordinazione della sospensione condizionale della pena alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, subordinazione che elimina.

Rigetta nel resto il ricorso.

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