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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 13 maggio 2015, n. 19783

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIEFFI Severo – Presidente

Dott. CASSANO Margherita – rel. Consigliere

Dott. MAZZEI Antonella – Consigliere

Dott. LA POSTA Lucia – Consigliere

Dott. CASA Filippo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza emessa in data 14/11/2013 dalla Corte di appello di Roma;

Visti gli atti, la sentenza, il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Margherita Cassano;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FRATICELLI Mario, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 21 dicembre 2011 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma, decidendo a seguito di giudizio abbreviato, dichiarava (OMISSIS) responsabile dei reati di concorso in lesioni volontarie aggravate (agli articoli 110 e 582 c.p., articolo 583 c.p., comma 1, n. 1, e articolo 585 c.p., commi 1 e 2, n. 1, (cosi’ riqualificata l’originaria contestazione di tentato omicidio di cui al capo a), e in detenzione e porto di armi comuni da sparo (articolo 61 c.p., comma 1, n. 2, articolo 110 c.p., e Legge 2 ottobre 1967, n. 895, articoli 2, 4 e 7, come modificati dalla Legge 18 aprile 1975, n. 110, articoli 10, 12 e 14, (capo b), e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, dichiarate equivalenti alle aggravanti e alla recidiva, ritenuta la continuazione tra tutti i fatti, applicata la riduzione per il rito, lo condannava alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione, oltre alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, a favore della persona offesa (OMISSIS), costituitasi parte civile, alla quale veniva riconosciuta una provvisionale immediatamente esecutiva di quattromila euro.

2. Il 14 novembre 2013 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, rideterminava la pena in complessivi due anni, otto mesi di reclusione ed euro cinquemila di multa (pena base anni due, mesi due e cinquemila euro, aumentata di mesi otto e mille euro per il porto dell’altra pistola, di mesi quattro e cinquecento euro per la detenzione di ciascuna delle due pistole, ed aumentata di ulteriori sei mesi e cinquecento euro di multa per il reato di cui al capo A, con la riduzione di un terzo per il rito abbreviato sulla pena complessiva pari a quattro anni di reclusione e settemilacinquecento euro di multa). Revocava la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e confermava nel resto la sentenza di primo grado.

3. Ad (OMISSIS) si contesta di avere, il 13 agosto 2010, assieme a persona non identificata in possesso di una pistola a tamburo cal. 38 special, esploso, con una pistola automatica cal. 7,65, all’indirizzo di (OMISSIS) almeno quattro colpi d’arma da fuoco, che attingevano la parte offesa alla gamba sinistra e le provocavano la ferita e la frattura pluriframmentata alla gamba, giudicate guaribili in un tempo superiore a quaranta giorni).

All’imputato e’, inoltre, contestato il concorso nella detenzione e nel porto, al fine di commettere il delitto di lesioni volontarie aggravate, di due armi comuni da sparo, una pistola a tamburo cal. 38 special e una pistola automatica cal. 7,65.

4. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, (OMISSIS), il quale formula le seguenti censure.

Lamenta violazione della Legge 18 aprile 1975, n. 110, articoli 10 e 12, e articolo 81 c.p., atteso che gli aumenti, a titolo di continuazione sulla pena base, per la detenzione illegale di due armi comuni da sparo e il porto illegale di un’arma comune da sparo costituivano violazioni del divieto di bis in idem. Osserva che sia per il delitto di detenzione che per quello di porto la pluralita’ di armi (detenute o portate) non integrano fattispecie autonome, ma un’unica condotta in relazione alla quale il numero di armi rileva ai soli fini della gravita’ della condotta (cita sez. 1 n. 44066 del 25/11/2010; n. 4353 del 17/01/2006, n. 12616 del 27/06/1986, rv. 174245; n. 10683 del 21/06/1995, rv. 202539).

Denuncia, inoltre, violazione della Legge 18 aprile 1975, n. 110, articoli 10 e 12, con riferimento alla condanna per la detenzione illegale delle armi, nonostante non risultasse in alcun modo provata una condotta di tal fatta autonoma e temporalmente distinta rispetto a quella del loro porto (cita sez. 1 del 05/02/1981; del 05/07/1983 Bergamasco; del 18/12/1986, Galliano; del 31/05/1988, Sparatore).

Eccepisce erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione con riferimento al diniego della circostanze attenuanti di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, nn. 1, 2 e 6. Afferma che le sentenze di merito non avevano considerato la versione dei fatti fornita dall’imputato e dal testimone (OMISSIS), bensi’, basandosi sulle sole dichiarazioni della parte civile, erano giunte a conclusioni sguarnite di prova. L’esclusione della provocazione non era sorretta da argomentazione logica adeguata, dal momento che la stessa persona offesa (OMISSIS) aveva ammesso la provocazione degli insulti e il tentativo di colpire l’imputato prima dello sparo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I primi due motivi di ricorso sono fondati.

1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, qualora un soggetto detenga o porti piu’ armi e tale condotta sia accertata in un unico contesto, egli deve rispondere di un solo reato e non gia’ di un reato continuato, mentre il numero delle armi e delle munizioni possono essere prese in considerazione solo ai fini della determinazione della pena, salvo che le armi superino il numero stabilito dall’articolo 10, decimo comma, legge n. 110 del 75, e concorra cosi’ tale ulteriore reato (Sez. 1, n. 10683 del 21/06/1995). Depongono univocamente in tale senso il tenore letterale della norma incriminatrice, contenente l’uso del plurale che evoca espresso una pluralita’ “armi”, nonche’ la configurazione come circostanza aggravante della commissione del fatto ad opera di piu’ persone riunite.

2. Costituisce, del pari, principio consolidato che la detenzione dell’arma per il tempo coincidente con il porto e’ assorbita per continenza in quest’ultimo, salvo che risulti o possa presumersi una autonoma detenzione anteriore, temporalmente eccedente l’episodio del porto.

3. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato.

In ordine alla ricostruzione della vicenda, alle ragioni dell’aggressione e al comportamento tenuto dalla vittima, la Corte di appello ha ineccepibilmente osservato che la tesi difensiva di (OMISSIS) – secondo cui: a) l’imputato si era recato dalla persona offesa solo per chiedere notizie e perche’ preoccupato delle condizioni della figlia in tenera eta’ avuta con la donna che ora aveva una relazione sentimentale con il (OMISSIS); b) senza ragione quest’ultimo aveva aggredito l’imputato; c) (OMISSIS), avendo visto anche avvicinarsi anche altri amici del (OMISSIS), aveva esploso per difesa dei colpi di pistola – era sostenuta solo dalle dichiarazioni dello stesso ed era apertamente contraddetta dal fatto obiettivo che l’imputato si era recato all’appuntamento con il (OMISSIS) armato di pistola e accompagnato da amico pure armato.

La sentenza impugnata ha, inoltre, evidenziato, che la persona offesa aveva dichiarato che l’imputato non aveva parlato della figlia, ma gli aveva intimato di lasciare la sua ex compagna, e dopo un breve diverbio verbale gli aveva sparato. Solo per un caso fortuito il complice non aveva fatto altrettanto perche’ a lui si apriva il tamburo della pistola, facendo cadere i proiettili.

I giudici di merito, con argomentazione correttamente sviluppata, osservavano che le dichiarazioni della persona offesa erano confermate anche sotto altri profili:

era stato l’imputato a dare appuntamento a (OMISSIS);

(OMISSIS) si era recato ad incontrare la persona offesa con un complice anch’egli armato;

sul luogo del fatto erano stati rinvenuti numerosi proiettili;

il numero e la tipologia dei colpi esplosi era perfettamente compatibile con le lesioni subite da (OMISSIS);

il teste (OMISSIS), che dalla finestra aveva assistito alla scena confermando che il (OMISSIS) era solo mentre gli aggressori erano in due.

4. Siffatta ricostruzione adeguatamente giustifica non solo il disconoscimento della legittima difesa e dell’attenuante di cui all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 1, evocate dall’imputato senza alcun elemento a sostegno, ma altresi’, per analoghe ragioni, dell’attenuante della provocazione, gia’ correttamente esclusa dal primo giudice in base al rilievo che l’imputato non aveva fornito alcuna prova di avere reagito a un fatto ingiusto del (OMISSIS) (che secondo il suo assunto, privo pero’ di qualsivoglia riscontro, avrebbe portato in giro, di notte, in ambienti frequentati da tossicodipendenti o spacciatori la ex compagna e la figlioletta).

5. Quanto all’attenuante del risarcimento del danno, del tutto esauriente appare l’osservazione della Corte di appello che la offerta di risarcimento, effettuata mettendo a disposizione la sola somma di cinquecento euro, era assolutamente inadeguata a fronte della ferita e della frattura pluriframmentata della gamba – guarita in tempo superiore a quaranta giorni – prodotte con il colpo di pistola.

Le deduzioni articolate in ricorso sono assolutamente generiche e totalmente prive di autosufficienza, oltre che, all’evidenza, afferenti valutazioni in fatto correttamente motivate e percio’ non sindacabili in questa sede.

6. In base alle considerazioni sinora svolte s’impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente ai delitti di detenzione illegale di armi, perche’ il fatto non sussiste, e di porto illegale della seconda arma, perche’ assorbito nell’unico delitto di porto illegale di arma, con conseguente eliminazione delle relative pene e rideterminazione della pena complessiva in un anno, nove mesi e giorni dieci di reclusione ed euro 3.666 di multa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai delitti di detenzione illegale di armi, perche’ il fatto non sussiste, e di porto illegale della seconda arma, perche’ assorbito nell’unico delitto di porto illegale di arma, ed elimina le relative pene, rideterminando la pena complessiva in un anno, nove mesi e giorni dieci di reclusione ed euro 3.666,00, di multa. Rigetta nel resto il ricorso.

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