Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 4 novembre 2016, n. 46583

In tema di revoca delle misure alternative alla detenzione, secondo cui la revoca non può conseguire al mero riscontro di violazioni di legge o delle prescrizioni della misura, ma il Tribunale deve valutare (e spiegare) le ragioni per le quali la violazione commessa deve ritenersi indicativa di una volontà di allontanamento dalle finalità proprie della misura stessa

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 4 novembre 2016, n. 46583

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORTESE Arturo – Presidente
Dott. SANDRINI E. G. – rel. Consigliere
Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere
Dott. MANCUSO L. Fabrizio – Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 24/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di BARI, del 03/02/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI;

lette le conclusioni del PG Dott. ANIELLO Roberto, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 3.02.2015 il Tribunale di Sorveglianza di Bari ha revocato il beneficio della semiliberta’ concesso (OMISSIS) in relazione alla pena in corso di espiazione, a seguito dell’informativa dei carabinieri di Turi da cui emergeva che il condannato, ammesso a svolgere attivita’ lavorativa di portierato presso la locale stazione ferroviaria, non era presente sul luogo di lavoro alle (OMISSIS), avendo allegato di essersi allontanato per recarsi ad acquistare generi alimentari in una vicina salumeria; il Tribunale rilevava che il (OMISSIS), gravato di altri precedenti penali e gia’ destinatario di provvedimento di revoca della detenzione domiciliare, era consapevole di essere tenuto a una rigorosa osservanza degli obblighi della misura alternativa, comprendenti il divieto di frequentare locali pubblici e di allontanarsi dal luogo di lavoro senza autorizzazione del magistrato di sorveglianza, la cui violazione era percio’ sintomatica dell’insuccesso dell’opera di reinserimento sociale.

2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, rilevando di essere stato autorizzato dal datore di lavoro ad allontanarsi dalla postazione di lavoro per un massimo di 15 minuti per recarsi a un vicino esercizio commerciale ad acquistare generi alimentari, in mancanza di un posto di ristoro e di un distributore automatico di viveri sul luogo della prestazione lavorativa; lamenta l’omessa considerazione, da parte dell’ordinanza impugnata, della suddetta autorizzazione e della modesta entita’ della violazione, consistente in un allontanamento di pochi minuti.

3. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali chiede il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato e deve essere accolto, nei termini che seguono.

2. Risulta ex actis che il ricorrente aveva prodotto, mediante deposito in cancelleria il 2.02.2015, prima della celebrazione dell’udienza fissata davanti al Tribunale di sorveglianza per deliberare sulla proposta di revoca della misura alternativa, la dichiarazione del datore di lavoro ( (OMISSIS) per conto della (OMISSIS) s.r.l.) di aver autorizzato il (OMISSIS) a recarsi (quotidianamente) presso un vicino esercizio commerciale, tra le ore (OMISSIS) per un massimo di 15 minuti, salvo esigenze di servizio, in quanto la postazione di portierato a cui era addetto presso la stazione ferroviaria e’ priva di un posto di ristoro ed e’ sprovvista di distributore automatico in considerazione del numero esiguo di unita’ lavorative.

3. Dal testo dell’ordinanza impugnata emerge che il Tribunale di sorveglianza ha omesso di prendere in considerazione tale dichiarazione e di valutarne l’incidenza nel giudizio che ha condotto alla revoca della misura della semiliberta’, alla quale il (OMISSIS) era stato ammesso con provvedimento in data 2.10.2014; cio’ che integra il vizio di (omessa) motivazione denunciato dal ricorrente, che determina l’accoglimento del gravame.

Occorre precisare che l’autorizzazione del datore di lavoro ad allontanarsi dalla postazione lavorativa, per il tempo e le finalita’ ivi indicate, non esimeva il (OMISSIS) dal richiedere al magistrato di sorveglianza la corrispondente autorizzazione prescritta dal programma di trattamento da lui sottoscritto al momento della sottoposizione agli obblighi della semiliberta’; tuttavia l’incidenza dell’esistenza della predetta autorizzazione sull’elemento psicologico dell’autore della violazione, e dunque sul reale disvalore e gravita’ della condotta, nell’ambito della valutazione complessiva da compiersi sull’incompatibilita’ della prosecuzione della misura alternativa, doveva costituire oggetto di esame puntuale da parte del Tribunale di sorveglianza, alla stregua del principio piu’ volte affermato da questa Corte in tema di revoca delle misure alternative alla detenzione, secondo cui la revoca non puo’ conseguire al mero riscontro di violazioni di legge o delle prescrizioni della misura, ma il Tribunale deve valutare (e spiegare) le ragioni per le quali la violazione commessa deve ritenersi indicativa di una volonta’ di allontanamento dalle finalita’ proprie della misura stessa (ex plurimis, Sez. 1 n. 27713 del 6/06/2013, Rv. 256367).

4. Sotto tale profilo, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Bari.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Bari

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