Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 3 novembre 2016, n. 46240

Il reato di sottrazione di persone incapaci di cui all’art. 574 c.p. è di natura permanente, con l’effetto che il termine per proporre la querela decorre dal momento in cui cessa la permanenza. Inoltre, qualora un imputato venga prosciolto per l’accertata mancanza di querela, la parte civile non ha interesse alla impugnazione, trattandosi, la relativa decisione, di pronuncia meramente processuale priva di idoneità ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell’azione civilistica.

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 3 novembre 2016, n. 46240

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente
Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere
Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierluig – rel. Consigliere
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

– PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO;

– (OMISSIS) nato il (OMISSIS);

nei confronti di:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 10/03/2016 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/09/2016, la relazione svolta dal Consigliere DI STEFANO PIERLUIGI;

sentite le conclusioni del PG ANTONIO BALSAMO che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

sentite le conclusioni dell’avvocato (OMISSIS) per (OMISSIS) che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

sentite le conclusioni dell’avvocato (OMISSIS) per (OMISSIS) che ha chiesto l’inammissibilita’/rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Larino il 24 settembre 2015 assolveva (OMISSIS) con la formula “perche’ i fatti non sussistono” per i seguenti reati:

“a) Artt. 388 e 574 c.p., perche’ con condotta continuativa impediva alla figlia minore nel periodo dal (OMISSIS), all’epoca di anni cinque, la frequentazione del padre (OMISSIS) utilizzando scuse varie e comunque tutte pretestuose per evitare tali incontri, cosi’ eludendo la esecuzione dei provvedimenti del tribunale dei minorenni di Roma, il giudice tutelare di Termoli, la Corte di Appello di Roma, il Tribunale dei minori di Campobasso che imponevano di consentire le visite della figlia al padre.

b) del reato di maltrattamenti in quanto con tali comportamenti privava la figlia di rapporti con il padre creando volutamente una condizione di estraneita’, educando la minore al disprezzo ed al rifiuto del padre.

Fatti commessi in (OMISSIS)”.

La Corte di Appello di Campobasso, su appello della parte civile e del procuratore generale;

– dichiarava non doversi procedere per il reato di cui all’articolo 574 c.p., per la condotta anteriore al (OMISSIS) per mancanza di querela;

– dichiarava non doversi procedere per il reato di cui all’articolo 572 c.p., perche’ estinto per prescrizione;

– rigettava nel resto gli appelli.

Osservava in dettaglio la Corte:

La querela per il reato di cui all’articolo 574 c.p., era stata presentata soltanto il (OMISSIS) e, quindi, non poteva procedersi per i fatti antecedenti al (OMISSIS); ne’, nell’arco dei tre mesi per i quali vi era procedibilita’, risultavano condotte tali da integrare il reato in contestazione. Osservava, comunque, che non sussistevano elementi indicativi di una effettiva sottrazione della minore.

Quanto al reato di maltrattamenti, secondo la Corte di Appello era decorso il termine massimo di prescrizione e, d’altronde, le deduzioni degli appellanti potevano, tutt’al piu’, consentire una assoluzione con la formula di cui all’articolo 530 c.p.p., comma 2. Era, difatti, dubbio che vi fossero state condotte della madre tendenti alla svalutazione del padre e, del resto, la Corte considerava le possibili ragioni alternative della condotta della bambina.

Per quanto riguarda la contestazione del reato cui all’articolo 388 c.p., “relativamente ai pochi giorni della fine del mese di agosto a cui e’ limitata tale imputazione qui in esame”, la sentenza confermava come non vi fossero elementi indicativi di un assoluto ed ingiustificato inadempimento, quanto al consentire gli incontri con il padre; vi corrispondeva il fatto non vi era stata alcuna valutazione negativa da parte del Tribunale dei Minori.

Sia la parte civile che il procuratore generale hanno presentato ricorso:

Parte civile (OMISSIS).

1. Violazione di legge nella dichiarazione di improcedibilita’ del reato di cui all’articolo 574 c.p., per i fatti antecedenti al (OMISSIS) per mancanza di querela. Il Tribunale non ha considerato che il reato di cui all’articolo 574 c.p. e’ permanente e, quindi, la querela puo’ essere proposta sino a tre mesi dalla cessazione della permanenza. La condotta relativa al reato di cui all’articolo 574 c.p. e’ stata unica, pur in presenza di varie singole condotte del reato di cui all’articolo 388 c.p.. Richiama l’orientamento giurisprudenziale che ritiene esservi interesse della parte civile a dedurre l’erronea dichiarazione di improcedibilita’ perche’, pur non avendo effetto preclusivo rispetto all’azione civile, vi e’ comunque l’interesse all’esercizio della stessa in sede penale.

2. Violazione di legge nella valutazione delle condotte di cui al capo a) laddove e’ stato escluso che integrino il reato di cui all’articolo 574 c.p.. Erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto che non vi fosse stata sottrazione di minore per essere noto al padre il domicilio della figlia in quanto la condotta significativa e’ consistita nella preclusione al padre di avere un ordinario rapporto con la figlia. Il ricorrente critica la valutazione della Corte che ha attribuito alla figlia la volonta’ di non aver rapporti con il padre.

3. Violazione di legge nella declaratoria di prescrizione per il reato di cui all’articolo 572 c.p.. La Corte non indica le modalita’ di calcolo della prescrizione, tenuto conto che il termine decorre dall’ultima condotta contestata nel capo di imputazione; tale prescrizione, comunque, tenuto conto dei periodi di sospensione della decorrenza della stessa, non si e’ affatto verificata il 10 marzo 2016. La decorrenza andava collocata nella prima settimana di giugno 2016. Peraltro la Corte, avendo riformato su tale punto la sentenza di assoluzione di primo grado, avrebbe dovuto affermare incidentalmente la sussistenza di prova di responsabilita’ della imputata e non che la stessa, se del caso, andava assolta ai sensi dell’articolo 530 c.p.p., comma 2.

4. e 5. Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla contestazione di cui al capo B della imputazione (articolo 572 c.p.), critica la ricostruzione della Corte di Appello nella parte in cui esclude che le condotte dell’imputata abbiano determinato gravi danni sia al padre che alla figlia. Nella sentenza e’ mancata la valutazione globale delle condotte e le argomentazioni sono illogiche nella parte in cui la Corte ha escluso la significativita’ delle condotte della imputata.

6. Violazione di legge in riferimento alla contestazione del reato di cui all’articolo 388 c.p., comma 2, di cui al capo A). Il ricorrente ritiene erronea la valutazione della Corte di Appello che ha affermato la sufficienza della condotta di consentire materialmente l’incontro tra padre e figlia per ritenere rispettati gli obblighi imposti dal provvedimento del Tribunale dei Minori; la Corte di Appello avrebbe, invece, dovuto considerare la mancanza di collaborazione della madre affidataria per favorire tali incontri, avendo costei tenuto un atteggiamento ostile nel corso degli stessi.

Procuratore Generale:

1. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla contestazione di cui all’articolo 574 c.p., per essere stato ritenuto che la querela rendesse procedibili solo i fatti entro tre mesi dalla sua presentazione laddove, in presenza di un reato permanente, il diritto di querela puo’ essere esercitato fino a tre mesi dalla cessazione dalla permanenza con riferimento a tutto l’arco temporale di durata del reato. Inoltre la Corte non ha tenuto conto delle risultanze istruttorie che dimostrano numerosi casi in cui al padre e’ stato impedito l’incontro con la figlia.

2. Violazione di legge per la ritenuta prescrizione del reato di cui all’articolo 572 c.p.. La Corte non tiene conto dei tre periodi di sospensione del termine di’ prescrizione, rispettivamente per giorni 28, giorni 63 e giorni 7. La data corretta di prescrizione era quella dell’8 giugno 2016.

3. violazione legge e vizio di motivazione quanto al reato continuato di cui agli articoli 572 e 388 c.p., sia per la omessa confutazione degli argomenti dell’appello del pubblico ministero, che per la presenza di elementi che dimostravano le condotte ascritte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Entrambi i ricorsi sono infondati.

Ricorso della parte civile:

In ordine al primo motivo va premesso che il ricorrente, contrariamente a quanto afferma, non ha un interesse alla impugnazione della decisione di improcedibilita’ per difetto di querela (“La parte civile e’ priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell’imputato per improcedibilita’ dell’azione penale dovuta a difetto di querela, trattandosi di pronuncia penale meramente processuale priva di idoneita’ ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell’azione civilistica. (Sez. U, n. 35599 del 21/06/2012 – dep. 17/09/2012, P.O. in proc. Di Marco e altro, Rv. 253242)”). Trattandosi di questione che, comunque, e’ stata posta anche dal procuratore generale, va considerato che effettivamente vi e’ un errore della Corte di Appello che non ha tenuto conto che la regola in caso di reato permanente e’ nel senso che il termine per proporre querela decorra dal momento in cui cessi la permanenza; d’altro canto, comunque, per quanto in termini sintetici, la Corte di Appello ha affrontato il merito della contestazione affermando che, a prescindere dalla mancanza di querela, in ogni caso non era dimostrata affatto la sottrazione della minore, cosi’ confermando la valutazione di merito del giudice di primo grado. Quindi l’errore in ordine alla proposizione della querela e’ superato dalla decisione in merito sulla condotta per il periodo del capo di cui alla contestazione.

Il secondo motivo affronta la decisione in merito, ma e’ da ritenersi infondato: a fronte, difatti, di un provvedimento in cui la Corte di Appello analizza gli elementi di fatto traendone le conclusioni con una motivazione congrua e logica, in particolare escludendo che determinate condotte fossero significative di una “sottrazione di minore”, il ricorrente sostiene una diversa tesi basata sulla propria diversa valutazione delle stesse condotte giudicate nella sentenza. Non rispetta, quindi, i limiti di deducibilita’ del vizio di motivazione in questa sede.

Il terzo motivo e’ infondato poiche’, nella stessa prospettazione di parte ricorrente, la prescrizione, pur se non realizzatasi alla data indicata dalla Corte di merito, si sarebbe comunque verificata alla data odierna.

Quarto e quinto motivo apparentemente contestano presunte valutazioni illogiche della Corte di Appello ma, in realta’, lo fanno in base ad una comparazione con la propria valutazione sulla ricostruzione dei fatti. Si tratta, quindi, di valutazione in merito non ammissibile in questa sede.

Il sesto motivo presenta il medesimo errore precedente: pur a fronte della apparente denunzia di errori della Corte di Appello, in realta’ si prospetta una diversa lettura del materiale probatorio.

Ricorso del procuratore generale:

il primo motivo e’ infondato in quanto, pur se nella prima parte correttamente si rileva l’errore della Corte di Appello nel determinare la data di decorrenza del termine per la presentazione della querela, poi, nel contestare gli argomenti con i quali la Corte di Appello aveva affermato che comunque le accuse erano infondate nel merito, non formula motivi specifici. Peraltro non deduce alcunche’ di specifico quanto a vizi rilevanti della sentenza di appello e, soprattutto, di quella richiamata di primo grado, ma affronta il merito, rinviando alla lettura dei verbali della istruttoria.

Il secondo motivo in tema di prescrizione del reato di maltrattamenti e’ infondato come gia’ affermato per la parte civile, in quanto non si deduce che il reato ad oggi sia prescritto ma solo che lo e’ stato in data non corrispondente a quella indicata dalla sentenza.

Il terzo motivo e’ infondato da un lato perche’ affronta temi di merito, dall’altro perche’ non li sviluppa e si limita a rinviare alla lettura degli atti.

Come da richiesta della difesa dell’imputato, la parte civile deve essere condannata al pagamento delle spese processuali in favore della imputata, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali, nonche’ a rifondere all’imputata (OMISSIS) le spese processuali sostenute, liquidate complessivamente in Euro 3.500,00 (tremilacinquecento), oltre il 15% per spese generali, iva e cpa

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