Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 26 maggio 2017, n. 26567

Ai fini della concessione di un permesso premio, la devoluzione al tribunale di sorveglianza dell’accertamento incidentale della collaborazione impossibile, ai sensi dell’articolo 4-bis, comma 1-bis dell’ordinamento penitenziario, non investe la valutazione sull’assenza di attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, costituente concorrente ma autonoma condizione per la concessione dei benefici, che spetta al giudice di sorveglianza investito dalla richiesta di beneficio, al quale spetta altresì svolgere l’indagine tramite C.p.o.s.p. (Comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica) prevista dal comma 2 del medesimo articolo 4-bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 26 maggio 2017, n. 26567

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Maria Stefani – Presidente

Dott. NOVIK Adet Ton – rel. Consigliere

Dott. TARDIO Angela – Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. TALERICO Palma – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 896/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA, del 23/02/2016;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;

lette le conclusioni del PG Dott. TOCCI Stefano, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 23 febbraio 2016, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila, investito nell’ambito di procedura attivata a seguito di richiesta di permesso premio rivolta al magistrato di sorveglianza da (OMISSIS), condannato alla pena dell’ergastolo, rigettava la domanda di declaratoria della impossibilita’ della collaborazione con la giustizia ai sensi della L. n. 354 del 1975, articolo 58-ter in riferimento ai reati oggetto del provvedimento di cumulo emesso dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Salerno il 18 dicembre 2008. Il tribunale dava atto che tutti i fatti per cui il detenuto era stato condannato erano stati integralmente accertati e tutti i responsabili erano stati individuati, ma affermava che era carente l’ulteriore presupposto per fruire del beneficio penitenziario richiesto costituito dall’acquisizione di elementi tali da escludere l’attualita’ di collegamenti con la criminalita’ organizzata. Rilevava sul punto che la Direzione Nazionale Antimafia, richiamando la nota della Direzione Distrettuale, aveva evidenziato che (OMISSIS) non aveva intrapreso nessuna collaborazione e non aveva reciso i rapporti con la criminalita’ organizzata; la Questura di Salerno aveva informato che la moglie del condannato era stata arrestata nel 1996 per reato associativo e che il figlio nel 2011 era stato attinto al ginocchio da colpi di arma da fuoco esplosi da ignoti. Unitamente a queste emergenze, in relazione alla gravita’ dei reati per i quali (OMISSIS) era stato condannato, osservava che anche l’osservazione di sintesi aveva riportato la mancanza di elementi da cui ricavare l’emancipazione dalla cultura mafiosa e l’assenza di specifici progressi che consentissero un giudizio favorevole al beneficio.

2. Avverso questa ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il condannato, a mezzo del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento per erronea applicazione dell’articolo 4-bis O.P. e per vizio della motivazione. In particolare, il difensore lamenta che ai fini del giudizio di insussistenza di collegamenti con la criminalita’ organizzata sia stata data prevalenza ai risultati dell’osservazione trattamentale anziche’ alle informazioni di polizia e alle certificazioni del casellario giudiziale e dei carichi pendenti del figlio e della moglie del (OMISSIS) che la difesa aveva allegato e contesta che tale giudizio competa al tribunale di sorveglianza.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte nella sua requisitoria scritta ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato e va accolto per le ragioni che seguono. L’articolo 4-bis, comma 1 bis Ord. Pen. prevede che coloro, condannati per i reati preclusivi ivi elencati, che siano nella concreta impossibilita’ di collaborare con la giustizia possono essere ammessi ai benefici penitenziari “purche’ siano acquisiti elementi tali da escludere l’attualita’ di collegamenti con la criminalita’ organizzata”: in altri termini, per i citati condannati non e’ possibile che residui alcun dubbio sui legami con le forme di criminalita’ organizzata, ma vi debbono essere elementi positivi dimostrativi della recisione di ogni possibile legame di tal fatta.

2. Pur nel silenzio della norma, l’identita’ di ratio induce a ritenere che l’accertamento della cd. collaborazione impossibile, specularmente a quanto previsto per la collaborazione attiva, competa al tribunale di sorveglianza ex articolo 58-ter, comma 2, direttamente per le materie rientranti nelle sue attribuzioni e incidentalmente per quelle del magistrato di sorveglianza.

3. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte di Cassazione, cui questo Collegio intende aderire, in tema di ordinamento penitenziario, la qualita’ di collaboratore a norma della L. 26 luglio 1975, n. 394, articolo 58-ter e succ. modd. non puo’ formare oggetto di una pronuncia dichiarativa di preventivo riconoscimento di una condizione assimilabile ad uno “status”, ma deve essere accertata nell’ambito di un procedimento di merito attivato dalla richiesta di ottenimento di un beneficio in relazione al quale l’accertamento della condotta collaborativa costituisce presupposto per superare il divieto altrimenti posto dall’articolo 4-bis della medesima legge. (Sez. 1, n. 9301 del 05/02/2014 – dep. 26/02/2014, Miranda Quintero, Rv. 259471; n. 1865 del 1999 Rv. 213066; n. 29195 del 2003 Rv. 225066; n. 38288 del 2005 Rv. 232464; n. 7267 del 2006 Rv. 234072).

3.1. Ritiene il Collegio, sulla base di orientamento ormai consolidato (pur non risultando affermazioni aplicite in tal senso, non constano negli ultimi anni decisioni di inammissibilita’ e ricorsi rivolti alle decisioni del tribunale di sorveglianza ai sensi dell’articolo 58-ter Ord. Pen. assunte in via incidentale risultano costantemente scrutinati nel merito), e diversamente da quanto affermato da non recente sentenza di questa Corte (Sez. 1, n. 4473 del 03/07/1996 – dep. 12/08/1996, Brizuela, Rv. 205637), aderendo ad autorevole Dottrina, che il provvedimento del tribunale che accerta preventivamente l’eventuale collaborazione con la giustizia del detenuto, anche in riferimento alla richiesta di benefici di competenza del magistrato di sorveglianza, sia autonomamente impugnabile con ricorso per cassazione. Orienta questa conclusione l’inestricabile situazione che si verrebbe a creare nel caso in cui la Corte di cassazione, adita dal condannato che si e’ visto rigettare dal magistrato di sorveglianza la richiesta di un provvedimento rientrante nella sua competenza (permesso premio, assegnazione al lavoro esterno) per aver il tribunale di sorveglianza escluso l’impossibilita’ della collaborazione, dovesse in accoglimento del ricorso ritenere viziata questa verifica. In questo caso il giudice di legittimita’ non potrebbe che annullare il provvedimento di rigetto e restituire gli atti al magistrato di sorveglianza per un nuovo esame dell’istanza, senza pero’ poter incidere sul provvedimento negativo del tribunale (non oggetto dell’impugnazione). Esame questo che il magistrato di sorveglianza non potrebbe che compiere sulla base dello stesso accertamento ritenuto dalla Cassazione viziato.

3.2. Sotto altro aspetto, osserva il Collegio che l’articolo 58-ter, secondo 2, ord. pen., nel prevedere che “Le condotte indicate nel comma 1 sono accertate dal tribunale di sorveglianza, assunte le necessarie informazioni e sentito il pubblico ministero presso il giudice competente per i reati in ordine ai quali e’ stata prestata la collaborazione”, rimette al giudicante di verificare sulla base degli atti a disposizione la sussistenza del requisito della impossibilita’ di qualsiasi attivita’ collaborativa. La norma invece nulla dice sull’accertamento da parte del tribunale dell’ulteriore presupposto della rottura dei collegamenti con la criminalita’ organizzata, che, a sua volta, “e’ condizione necessaria sia pure non sufficiente, per valutare il venir meno della pericolosita’ sociale”.

Ed anzi, il riferimento alle “condotte” quale oggetto dell’accertamento e la mancanza, diversamente da quanto figura nell’articolo 4-bis, comma 2, di uno specifico riferimento agli organi istituzionalmente preposti a questa verifica, induce a individuare in questa ultima norma la fonte che disciplina l’accertamento della persistenza dei collegamenti con la criminalita’ organizzata. In questo senso, l’articolo 4, comma 1-bis nel prevedere che “I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per uno dei delitti ivi previsti, purche’ siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualita’ di collegamenti con la criminalita’ organizzata, terroristica o eversiva, altresi’ nei casi in cui (….) l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilita’, operato con sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile un’utile collaborazione con la giustizia”, va letto nel senso che spetta all’organo investito della richiesta di un beneficio penitenziario, magistrato di sorveglianza o tribunale di sorveglianza, procedere all’accertamento sulla esclusione di attualita’ di collegamenti con la criminalita’ organizzata. E la previsione del medesimo articolo 4-bis, comma 2, secondo cui “il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato” convalida tale interpretazione, espressamente individuando la competenza del giudice di sorveglianza investito della richiesta del detenuto ad attivare l’interpello – obbligatorio seppur non vincolante – del C.P.O.S.P., al fine – appunto – dell’accertamento di tali collegamenti.

4. Nel caso in esame, il tribunale di sorveglianza, dopo aver appurato che tutti i fatti per cui (OMISSIS) era stato condannato erano stati integralmente accertati e tutti i responsabili erano stati individuati, ha rigettato la richiesta del condannato ritenendo che lo stesso non aveva reciso i rapporti con la criminalita’ organizzata, giudizio questo che, per quanto detto, rientrava nella competenza del magistrato di sorveglianza deputato al rilascio del permesso premio.

5. L’ordinanza va quindi annullata e gli atti trasmessi al tribunale di sorveglianza che si atterra’ al seguente principio di diritto “Ai fini della concessione di un permesso premio, la devoluzione al tribunale di sorveglianza dell’accertamento incidentale della collaborazione impossibile, ai sensi dell’articolo 4-bis, comma 1-bis, Ord. Pen. non investe la valutazione sull’assenza di attualita’ di collegamenti con la criminalita’ organizzata, costituente concorrente ma autonoma condizione per la concessione dei benefici, che spetta al giudice di sorveglianza investito della richiesta del beneficio, al quale spetta altresi’ svolgere l’indagine tramite il C.P.O.S.P. prevista dal medesimo articolo 4-bis, comma 2”.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di sorveglianza dell’Aquila

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