La circostanza che il fallimento venga dichiarato su istanza di un creditore diverso rispetto a quello da cui proviene la notificazione del ricorso non lede il diritto di difesa, a meno che il debitore non dedica di non essere stato in grado di allegare tempestivamente circostanze idonee a paralizzare l’istanza ulteriore e diversa rispetto a quella che gli era stata tempestivamente notificata
Suprema Corte di Cassazione
sezione I civile
ordinanza 22 giugno 2017, n. 15469
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
Dott. FERRO Massimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22699/2015 proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Reggio Calabria;
– intimato –
avverso la sentenza n. 278/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 17/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/04/2017 dal cons. DI VIRGILIO ROSA MARIA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che chiede che la Corte di Cassazione respinga il ricorso con le conseguenze previste dalla legge.
La Corte:
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza del 20/714/8/2015, ha respinto il reclamo proposto da (OMISSIS) srl avverso la sentenza di fallimento di detta societa’, fallimento dichiarato su istanza di (OMISSIS) ed (OMISSIS).
La Corte ha ritenuto infondata la doglianza sulla mancata instaurazione del contraddittorio per la mancata notificazione L. Fall., ex articolo 15, rilevando che la reclamante non aveva documentato alcun malfunzionamento o discontinuita’ presso il gestore di riferimento, e che in ogni caso, in punto di fatto, l’articolo 136 c.p.c., comma 3, consente il ricorso ad entrambe le forme di notificazione se non indifferentemente vista la consecutivita’ di quella a mezzo ufficiale giudiziario rispetto a quella a mezzo pec, in toto fungibili tra loro ai fini dell’effettiva tutela del contraddittorio(nella specie avvenuto col deposito nella casa comunale); infondata la doglianza sullo stato di insolvenza, non essendo di per se’ idonea alla reiezione della domanda di fallimento la mancanza di procedimenti esecutivi mobiliari o immobiliari, ed in fatto, nel caso, i due crediti erano portati da decreti ingiuntivi definitivi ed irrevocabili, i precetti erano stati azionati, gli importi erano di totali Euro 238.691,18, e la societa’ aveva solo provato il pagamento il 3/7/2013 di Euro 15611, 72 in favore di (OMISSIS); la transazione del 1/7/2014 (rectius, del 1/7/2013, come indicato concordemente dalle parti) solo con detta societa’ comportava il riconoscimento del debito nell’intero importo dell’ingiunzione, ne’ dalla doc. in atti risultava che la (OMISSIS) avesse comunicato ad (OMISSIS) di volersi avvalere di alcuna sospensione cautelativa degli accordi di rateizzazione pregressi; v’era in atti solo la prova della transazione del 1/7/2014 e non di quella a cui le missive del luglio 2013 e giugno 2014 avevano alluso, e non v’era nulla da cui inferire l’effettiva sussistenza della lamentata asserita coincidenza del contatore guasto difettato di cui alla vertenza indicata con quello da cui sarebbero state contabilizzate le forniture, ne’ che detti malfunzionamenti risalissero al periodo tra il 2008 ed il 2009, inficiando i conteggi dei crediti.
Secondo gli stessi bilanci della (OMISSIS), osserva la Corte d’appello, i cespiti immobiliari ammontavano a circa 6 milioni di Euro, con liquidita’ di 200 Euro, a fronte della debitoria di oltre 7 milioni di Euro e degli ultimi introiti di soli Euro 107.847,00, la societa’ aveva subito il 3/8/2012 sequestro penale preventivo, pendente alla data del 15/5/2014, sino a concorrenza di Euro 1.634.990,00, per contestazione che gia’ includeva i reati di associazione per delinquere, truffa e violazioni di plurime norme fiscali.
Ricorre avverso detta pronuncia la (OMISSIS) srl sulla base di due articolati motivi.
Si difendono con controricorso il Fallimento, (OMISSIS) ed (OMISSIS).
Il P.G. ha depositato le conclusioni.
La ricorrente ed (OMISSIS) hanno depositato le memorie ex articolo 380 bis c.p.c., comma 1.
Si da’ atto che il Collegio ha disposto la redazione della presente ordinanza nella forma della motivazione semplificata.
Considerato che:
In relazione al primo complesso motivo, deve essere in primis valutata la fondatezza delle censure rivolte nei confronti della pronuncia impugnata, in relazione alla valutazione della notificazione L. Fall., ex articolo 15, del primo ricorso per fallimento, che la ricorrente indica come depositato da (OMISSIS) l’8 aprile 2014, a fronte del secondo ricorso di (OMISSIS), depositato successivamente il 19 maggio 2014.
Questo perche’, ove venisse riscontrata l’infondatezza delle censure indicate, sarebbe del tutto superfluo esaminare i vizi dedotti nei confronti della notificazione della seconda istanza di fallimento: ed infatti, come affermato tra le piu’ recenti nelle pronunce del 6/11/2013, n. 24968 e del 7/11/2016, n.98, anche a seguito delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, e dal Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169, nel procedimento per dichiarazione di fallimento al debitore, cui sia stato regolarmente notificato il ricorso nel rispetto delle forme previste dalla legge, non devono essere necessariamente notificati i successivi ricorsi che si inseriscano nel medesimo procedimento, avendo egli l’onere di seguire l’ulteriore sviluppo della procedura e di assumere ogni opportuna iniziativa in ordine ad essa, a tutela dei propri diritti; ne consegue che la circostanza che il fallimento venga dichiarato su istanza di un creditore diverso rispetto a quello da cui proviene la notificazione del ricorso non lede il diritto di difesa, a meno che il debitore non deduca di non essere stato in grado di allegare tempestivamente circostanze idonee a paralizzare l’istanza ulteriore e diversa rispetto a quella che gli era stata tempestivamente notificata.
Nella specie, pertanto, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, garantiti nella fase prefallimentare dalla L. Fall., articolo 15, va valutata la regolarita’ della notificazione relativa all’istanza del creditore (OMISSIS), che la ricorrente ritiene viziata per le ragioni indicate alle pagine 9 e 10 del ricorso, e precisamente perche’, dopo che non era andato a buon fine il tentativo di notificare a mezzo pec, l’ufficiale giudiziario ha provveduto a notificare istanza e decreto di convocazione “senza specifica analitica richiesta della ricorrente…dichiarando di aver tentato la notifica presso la sede della societa’, senza, tuttavia, neppure indicare l’indirizzo esatto dove sarebbe stata ricercata la sede della (OMISSIS) srl e senza accertare che il luogo della tentata notificazione fosse corrispondente alla sede della societa’ risultante dal registro delle Imprese,come previsto dalla L. Fall., articolo 15”.
Ora, che la notificazione sia stata richiesta dalla societa’, in accordo col disposto di cui alla L. Fall., articolo 15, nel testo applicabile ratione temporis, come risultante a seguito della disposizione di cui al Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 17, e’ certamente plausibile, ed al piu’ la mancata indicazione da parte dell’Ufficiale giudiziario potrebbe configurare una irregolarita’, ma non certo la nullita’ dell’operato di questi; nel resto, la corrispondenza del luogo ove si e’ recato il notificante con la sede come risultante dal Registro delle Imprese risulta per tabulas, spettando, se mai alla parte far valere che quel luogo non corrispondeva alla propria sede, oppure che la sede non era chiusa.
Nel resto, come gia’ ritenuto da questa Corte nella pronuncia n. 26333 del 20/12/2016, la questione di costituzionalita’ fatta valere in riferimento agli articoli 3 e 24 Cost., della L. Fall., articolo 15, comma 3, (come sostituito dal Decreto Legge n. 179 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012), nella parte in cui prevede la notificazione del ricorso alla persona giuridica tramite posta elettronica certificata (PEC) e non nelle forme ordinarie di cui all’articolo 145 c.p.c., e’ manifestamente infondata, atteso che, come gia’ affermato da Corte costituzionale 16 giugno 2016, n. 146, la diversita’ delle fattispecie a confronto giustifica, in termini di ragionevolezza, la differente disciplina, essendo l’articolo 145 c.p.c., esclusivamente finalizzato ad assicurare alla persona giuridica l’effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati, mentre la contestata disposizione si propone di coniugare la stessa finalita’ di tutela del medesimo diritto dell’imprenditore collettivo con le esigenze di celerita’ e speditezza proprie del procedimento concorsuale, caratterizzato da speciali e complessi interessi, anche di natura pubblica, idonei a rendere ragionevole ed adeguato un diverso meccanismo di garanzia di quel diritto, che tenga conto della violazione, da parte dell’imprenditore collettivo, degli obblighi, previsti per legge, di munirsi di un indirizzo di PEC e di tenerlo attivo durante la vita dell’impresa.
Il secondo mezzo, col quale la ricorrente si duole, prospettando il vizio ex articolo 360 c.p.c., n. 3, sotto cinque diversi profili, del ritenuto stato di insolvenza, presenta profili di inammissibilita’ ed infondatezza.
La tesi di fondo della ricorrente e’ che non potevano essere valorizzati come indici di insolvenza il mancato pagamento dei decreti ingiuntivi definitivi e della transazione del luglio 2013 (si ricordi che (OMISSIS) aveva desistito dalla richiesta di fallimento a seguito della transazione del luglio 2013, e che (OMISSIS) aveva corrisposto la prima rata per poi non ottemperare al versamento delle rate successive concordate), perche’ la parte aveva richiesto un bonario componimento della vertenza, atteso che il provvedimento del Tribunale di Cosenza del 21/6/2013 nel giudizio promosso da (OMISSIS), affittuaria del complesso alberghiero della (OMISSIS), aveva accertato il malfunzionamento del misuratore, che era il medesimo che aveva originato “gli stratosferici consumi addebitati alla (OMISSIS) srl”.
Tale difesa e’ stata attentamente scrutinata dalla Corte territoriale, che, al di la’ dell’erroneo riferimento alla data della transazione(luglio 2014 anziche’ 2013, ma il provvedimento del Tribunale di Cosenza e’ del 21 giugno 2013, quindi in ogni caso anteriore alla transazione del luglio 2013, in cui la (OMISSIS) si e’ riconosciuta debitrice), ha rilevato che nelle missive la (OMISSIS) non aveva mai comunicato di volersi avvalere della sospensione cautelativa degli accordi di rateizzazione, che non vi era la prova che il misuratore mal funzionante fosse lo stesso e soprattutto, che il malfunzionamento risalisse al periodo 2008/2009, al quale si riferivano i conteggi dei crediti rimasti impagati.
In tal modo, la Corte del merito non e’ assolutamente andata in ultrapetizione, ma ha correttamente valutato le contestazioni della parte nell’ottica della valutazione degli indici dello stato di insolvenza, di sua specifica spettanza.
E, come affermato nella recente pronuncia del 14/3/2016, n. 5001, ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza, il giudice della fase prefallimentare, a fronte della ragionevole contestazione del credito vantato dal ricorrente, deve procedere all’accertamento, sia pur incidentale, dello stesso, salvo che la sua esistenza risulti gia’ accertata con una pronuncia giudiziale a cognizione piena, potendo, in tal caso, onde adempiere al suo dovere di motivazione, limitarsi ad un mero rinvio ad essa, con l’obbligo, invece, ove rilevi significative anomalie, tali da giustificare il dubbio sulla correttezza della conclusione ivi raggiunta, di dare specificamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad allontanarsi dalla precedente decisione.
Quanto infine alla valutazione dei bilanci, la censura della ricorrente e’ sostanzialmente inammissibile, tendendo a prospettare una diversa valutazione rispetto a quella condotta dalla Corte territoriale, sulla base anche degli ulteriori indici, oltre che sul bilancio, atteso che, come tra le ultime ribadito nella pronuncia n. 7252 del 27/03/2014, lo stato di insolvenza richiesto ai fini della pronunzia dichiarativa del fallimento dell’imprenditore non e’ escluso dalla circostanza che l’attivo superi il passivo e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili: in particolare, il significato oggettivo dell’insolvenza, che e’ quello rilevante agli effetti della L. Fall., articolo 5, deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di normalita’) all’esercizio di attivita’ economiche, si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa e si esprime, secondo una tipicita’ desumibile dai dati dell’esperienza economica, nell’incapacita’ di produrre beni con margine di redditivita’ da destinare alla copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte l’estinzione dei debiti), nonche’ nell’impossibilita’ di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio; ed il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione esauriente e giuridicamente corretta.
Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese, liquidate a favore di ciascun controricorrente in Euro 6200, di cui Euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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