Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 24 novembre 2014, n. 24948
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere
Dott. GHINOY Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12679-2011 proposto da:
(OMISSIS) c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE – UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LE MARCHE C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui uffici domicilia ope legis, in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 78/2011 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 07/02/2011 R.G.N. 635/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2014 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca che ha concluso per improcedibilita’, inammissibilita’, in subordine rigetto.
Per la cassazione propone ricorso il (OMISSIS), affidato ad unico motivo.
Resiste il Ministero con controricorso, mentre l’Ufficio scolastico regionale per le Marche e’ rimasto intimato.
Il motivo, cosi’ come proposto, e’ infondato, non risultando contestati i gravi fatti addebitati ed accertati in sede penale (riportati nella sentenza di primo grado: atti di libidine nei confronti di una alunna, costretta all’interno di un bagno della scuola). Il ricorrente non chiarisce peraltro, in contrasto col principio dell’autosufficienza, i tempi della vicenda (data della contestazione, data della sentenza penale di condanna, etc.), essendo nella facolta’ (ma non nell’obbligo, nel regime antecedente il Decreto Legislativo n. 150 del 2009) del datore quella di sospendere o meno il dipendente (nella specie peraltro nelle more adibito ad altre mansioni), per poi procedere al provvedimento disciplinare una volta intervenuta sentenza penale definitiva di condanna (nella specie non e’ sottoposta alla Corte alcuna questione di decadenza).
Il ricorso deve pertanto rigettarsi.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Leave a Reply