Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 24 gennaio 2018, n. 3295. Legittimato ad impugnare un provvedimento di sequestro in caso di bene in leasing è il concedente e non l’utilizzatore

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Posto, infatti, che la ratio della impossibilita’ di sottoporre a sequestro a carico dell’utilizzatore il bene da costui detenuto in forza di un contratto di lesing, ove non sia dimostrata la mala fede del concedente, risiede nel fatto che il bene stesso non e’ appartenente al destinatario del sequestro ma ad un terzo soggetto, ne deriva, quale ineludibile conseguenza, che eventuale titolare del diritto alla restituzione del bene, in caso di revoca o annullamento del provvedimento cautelare, sia il soggetto che vanti un diritto assoluto sul bene stesso, quindi, con riferimento ad una fattispecie del tipo di quella ora in esame, il concedente.

Cio’ posto, considerato che legittimato ad impugnare un provvedimento di sequestro e’ chi avrebbe diritto alla restituzione del bene (Corte di cassazione, Sezione 5 penale, 18 maggio 2017, n. 22231; idem Sezione 3 penale, 19 agosto 2016, n. 35072), in una fattispecie quale la presente siffatta legittimazione compete esclusivamente al concedente, di tal che il ricorso proposto in tal senso dall’ (OMISSIS), mero utilizzatore, e’ inammissibile.

Quanto al profilo della esecuzione del sequestro sulle somme di danaro oggetto di conto corrente bancario cointestato, va, anche qui, confermata la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale e’ sufficiente, onde giustificare la esecuzione del sequestro sui beni di un determinato soggetto, che questi abbia la immediata disponibilita’ di essi, sicche’, come appunto gia’ affermato da questa Corte, con orientamento del tutto condiviso, va ulteriormente ribadito che le somme di denaro, depositate su conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, sono soggette a sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, in quanto quest’ultimo si estende ai beni comunque nella disponibilita’ dell’indagato, non ostandovi le limitazioni provenienti da vincoli o presunzioni operanti, in forza della normativa civilistica, nel rapporto di solidarieta’ tra creditori e debitori articolo 1289 c.c. – o nel rapporto tra istituto bancario e soggetto depositante – articolo 1834 c.c. (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 6 dicembre 2011, n. 45353; idem Sezione 6 penale, 17 novembre 2008, n. 42819).

Con riferimento, infine al terzo motivo di impugnazione, col il quale e’ lamentata la omessa preventiva verifica della possibilita’, prima di procedere al sequestro per equivalente dei beni dell’ (OMISSIS), di eseguire il provvedimento cautelare sui beni della societa’ da questo gestita, eventuale diretta beneficiaria del profitto del reato in provvisoria contestazione a carico dell’odierno ricorrente, rileva il Collegio come al riguardo – dovendosi in tal senso la motivazione del presente provvedimento discostarsi in parte rispetto alle ragioni addotte dal Tribunale onde respingere il relativo motivo di riesame, non potendosi affermare, come invece fatto dal Tribunale, che esista una sorta di presunzione di verifica da parte di chi abbia eseguito il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente in ordine alla insussistenza di beni sui quali procedere nella forma del sequestro diretto – valga il principio, gia’ ricostruito da questa Corte, secondo il quale, quando si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, e’ legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell’imputato, sul presupposto dell’impossibilita’ di reperire il profitto del reato nei confronti dell’ente, nel caso in cui, successivamente alla imposizione del vincolo cautelare, dallo stesso soggetto, non siano indicati i beni nella disponibilita’ della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 28 settembre 2016, n. 40362).

Poiche’ nel caso di specie il ricorrente non ha indicato alcun bene, immediatamente riferibile alla (OMISSIS) Srl e suscettibile di essere considerato costituente il profitto del reato, sul quale si sarebbe potuto eseguire il sequestro diretto, il motivo di impugnazione ora in esame va dichiarato infondato.

Alla derivante dichiarazione di infondatezza del presente ricorso fa seguito, oltre al suo rigetto, visto l’articolo 616 c.p.p., anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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