Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 23 gennaio 2018, n. 2741. In caso di omesso versamento delle ritenute la responsabilità all’interno dell’azienda non è limitata al rappresentante legale

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4.1.E’ noto l’ormai consolidato indirizzo di questa Corte secondo il quale il reato di omesso versamento delle ritenute certificate presenta una componente omissiva, rappresentata dal mancato versamento nel termine delle ritenute effettuate, ed una precedente componente commissiva, consistente, a sua volta, in due distinte condotte, costituite, nella versione anteriore alle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015, articolo 7, comma 1, lettera a) e b), dal versamento della retribuzione con l’effettuazione delle ritenute e dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni prima dello spirare del termine previsto per la presentazione della dichiarazione quale sostituto d’imposta e che la prova dell’elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate, il cui onere incombe all’accusa, non puo’ essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro. Tale approdo interpretativo si base sulle seguenti considerazioni: a) il modello 770 e la certificazione rilasciata ai sostituti sono documenti disciplinati da fonti normative distinte, rispondono a finalita’ non coincidenti, e non devono essere consegnati o presentati contestualmente; b) da nessuna casella o dichiarazione contenuta nei modelli 770 emerge che il sostituto attesti (sia pure indirettamente o implicitamente) di avere rilasciato ai sostituiti le relative certificazioni; c) la valenza indiziaria della sola presentazione del modello 770, ai fini della prova del rilascio delle certificazioni, non solo non e’ sorretta da alcuna massima di esperienza e dall’id quod plerumque accidit, ma e’ anche implicitamente, e indiscutibilmente, esclusa dal legislatore, che altrimenti avrebbe molto piu’ semplicemente punito con la sanzione penale l’omesso versamento (oltre una certa soglia) di ritenute risultanti dal modello 770 e non gia’ di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti (Sez. 3, n. 40526 del 08/04/2014, Gagliardi).
4.2.La validita’ di tale ultima considerazione trova conferma nella recente modifica apportata dal legislatore al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-bis, che ha esteso la fattispecie penale anche alle ipotesi di omesso versamento delle ritenute “dovute sulla base della stessa dichiarazione” (Decreto Legislativo n. 158 del 2015, articolo 7, comma 1, lettera b) e ha conseguentemente mutato il titolo del reato da “omesso versamento di ritenute certificate” a “omesso versamento di ritenute dovute o certificate” (cfr., al riguardo, Sez. 3, n. 10509 del 16/12/2016, Pisu, Rv. 269141, secondo cui l’estensione del reato anche alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della sola dichiarazione mod. 770 va interpretata, “a contrario”, come dimostrazione che la precedente formulazione del citato articolo 10-bis non soltanto racchiudesse nel proprio parametro di tipicita’ solo l’omesso versamento di ritenute risultanti dalla predetta certificazione, ma richiedesse anche, sotto il profilo probatorio, la necessita’ di una prova del suo rilascio ai sostituiti; nello stesso senso anche Sez. 3, n. 10104 del 07/01/2016, Grazzini, Rv. 266301).
4.3.Tale indirizzo, pero’, non esclude affatto la valenza indiziaria della dichiarazione del sostituto di imposta che se, come detto, non puo’ assurgere a prova del reato di omesso versamento delle ritenute certificate, tuttavia non esclude che possa costituirne indizio, sufficiente ai fini della adozione di un provvedimento cautelare reale (in termini, Sez. U, n. 4 del 25/03/1993, Gifuni, Rv. 193117, secondo cui le condizioni generali per l’applicabilita’ delle misure cautelari personali, indicate nell’articolo 273 cod. proc. pen., non sono estensibili, per le loro peculiarita’, alle misure cautelari reali; ne consegue che ai fini della doverosa verifica della legittimita’ del provvedimento con il quale sia stato ordinato il sequestro preventivo di un bene pertinente ad uno o piu’ reati, e’ preclusa ogni valutazione sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza e sulla gravita’ degli stessi). Come autorevolmente affermato da questa Corte, ancorche’ in tema di confisca ai sensi del Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12-sexies, commi 1 e 2, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, le condizioni necessarie e sufficienti per disporre il sequestro preventivo di beni confiscabili consistono, quanto al “fumus commissi delicti”, nell’astratta configurabilita’, nel fatto attribuito all’indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal P.M., di una delle ipotesi criminose previste dalla norma citata, senza che rilevino ne’ la sussistenza degli indizi di colpevolezza, ne’ la loro gravita’ e, quanto al “periculum in mora”, coincidendo quest’ultimo con la confiscabilita’ del bene, nella presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca (Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, Montella, Rv. 226492)
4.4.Tale principio e’ gia’ ripreso da questa Corte con sentenza Sez. 3, n. 48591 del 26/04/2016, Pellicani, Rv. 268492, secondo cui “in tema di omesso versamento di ritenute certificate, se per i fatti antecedenti alla modifica apportata dal Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158, articolo 7, al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10 bis, e’ richiesta per un giudizio di colpevolezza la prova del rilascio ai sostituti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, non essendo sufficiente la dichiarazione proveniente dal datore di lavoro (c.d. mod. 770), la sussistenza del “fumus commissi delicti”, ai fini dell’applicazione del sequestro preventivo per equivalente, puo’, tuttavia, essere desunta anche dalla indicata dichiarazione o (infra) da altri elementi, purche’ se ne fornisca motivazione adeguata”.
4.5.L’errore nel quale cadono i ricorrenti e’ quello di pretendere, ai fini della cautela reale, “una puntuale e coerente verifica delle risultanze processuali, laddove possano portare ad un giudizio prognostico di probabile condanna dell’imputato”. Ma tale giudizio prognostico, come detto, non e’ necessario ai fini della adozione del sequestro preventivo, nemmeno se finalizzato alla confisca per equivalente, come precisato da questa Corte che, riallaciandosi ai principi sopra enunciati, ha ribadito che non occorre a tal fine un compendio indiziario che si configuri come grave ai sensi dell’articolo 273 c.p.p., ma e’ comunque necessario che il giudice valuti la sussistenza del “fumus delicti” in concreto, verificando in modo puntuale e coerente gli elementi in base ai quali desumere l’esistenza del reato astrattamente configurato, in quanto la “serieta’ degli indizi” costituisce presupposto per l’applicazione delle misure cautelari (Sez. 3, n. 37851 del 04/06/2014, Parrelli, Rv. 260945).

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