Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 16 gennaio 2018, n. 1580. La particolare dichiarazione di estinzione di cui all’art. 162-ter c.p. non può operare per il reato di atti sessuali con minorenni

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In particolare, la sentenza impugnata ha richiamato la sentenza del Tribunale laddove sono stati posti in rilievo l’alto grado di attendibilita’ intrinseca della persona offesa, autrice di rievocazioni precise, dettagliate e coerenti in sede di incidente probatorio (analiticamente riportate da pag. 7 a pag. 15 della sentenza di primo grado), rese con linguaggio accurato e preciso nonche’ gli elementi di riscontro (elencati da pag. 16 a pag. 21) dati dalle testimonianze della moglie dell’imputato nonche’ cugina della persona offesa, dei genitori della stessa, nonche’ di insegnanti della minore (tra cui in particolare (OMISSIS), cui la ragazza ebbe a confidare le attenzioni rivoltele da un “parente”).

In tale quadro, dunque, nessuno degli elementi indicati dal ricorrente appare tale da incidere sulla tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata.

Non in primo luogo il passaggio della perizia disposta dal G.u.p. menzionato dal ricorrente in relazione alla “confusione” ingenerabile nella persona offesa a seguito di sollecitazione emotiva che potrebbe portare a non percepire e riferire correttamente posto che la sentenza di primo grado ha, proprio in relazione a tale specifico aspetto, precisato quanto conclusivamente argomentato dallo stesso perito, all’esito della valutazione psicodiagnostica svolta, circa la mancanza di disturbi della sfera cognitiva tali da interferire sulla percezione della realta’ ovvero sulla capacita’ di ricordare e di riferire a terzi; non in secondo luogo quanto dichiarato dagli zii della minore circa la dislocazione assai ravvicinata delle stanze da letto posto che la sentenza impugnata ha sottolineato in maniera non illogica la irrilevanza della mancata percezione di cigolii notturni; non in terzo luogo la pretesa negazione da parte della minore di una infatuazione provata nei confronti di professore di scuola, dal medesimo invece confermata, posto che la sentenza impugnata ha unicamente rilevato una irrilevante diversita’ di versione circa il fatto che la ragazza attendesse o meno il professore presso la moto di questi per parlargli. Infine, correttamente non dirimente in ordine alla commissione del reato e’ stata giudicata la veridicita’ o meno della circostanza del messaggio che l’imputato, tramite facebook, avrebbe inviato alla minore circa il non volersi tirare indietro ove tra i due potesse esserci un bacio o qualcosa in piu’, alla luce dei plurimi riscontri indicati dalla sentenza di primo grado cui quella impugnata si e’ richiamata.

E, del resto, il vizio di motivazione che denunci la mancata risposta alle argomentazioni difensive, puo’ essere utilmente dedotto in Cassazione unicamente quando gli elementi trascurati o disattesi abbiano un chiaro ed inequivocabile carattere di decisivita’, nel senso che una loro adeguata valutazione avrebbe dovuto necessariamente portare, salvo intervento di ulteriori e diversi elementi di giudizio, ad una decisione piu’ favorevole di quella adottata (Sez.2, n. 37709 del 26/09/2012, dep. 28/09/2012, Giarri, Rv. 253445).

Inoltre, la denunzia di minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione (ma che non siano inequivocabilmente muniti di un chiaro carattere di decisivita’), non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto. Al contrario, e’ solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisivita’ degli elementi medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione (Sez.2, n. 9242 del 08/02/2013, dep. 27/02/2013, Reggio, Rv. 254988; Sez.2, n. 18163 del 22/04/2008, dep. 06/05/2008, Ferdico, Rv. 239789).

3. Con riguardo al terzo e quarto motivo, e’ inammissibile anzitutto la censura svolta con riguardo al pagamento di provvisionale posto che la stessa omette di considerare la regula iuris al riguardo costantemente enunciata da questa Corte (tra le altre, Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015, dep. 06/05/2015, D.G., Rv. 263486; Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, dep. 03/12/2014, P.C. e G., Rv. 261536; Sez. 4, n. 34791 del 23/06/2010, dep. 27/09/2010, Mazzamurro, Rv. 248348; Sez. 5, n. 5001 del 17/01/2007, dep. 07/02/2007, Mearini e altro, Rv. 236068; Sez. 5, n. 40410 del 18/03/2004, dep. 15/10/2004, Farina ed altri, Rv. 230105) secondo cui la pronuncia circa l’assegnazione di una provvisionale in sede penale ha carattere meramente delibativo e non acquista efficacia di giudicato in sede civile, mentre la determinazione dell’ammontare della stessa e’ rimessa alla discrezionalita’ del giudice del merito che non e’ tenuto a dare una motivazione specifica sul punto. Ne consegue che il relativo provvedimento non e’ impugnabile per cassazione in quanto, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato, e’ destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento.

Sono invece fondate le restanti censure di cui ai due motivi: infatti, ne’ in ordine alla richiesta di concessione dell’attenuante di cui all’articolo 609 quater c.p., u.c., ne’ in ordine al quantum delle spese liquidate in sede di giudizio di primo grado in favore della parte civile, profili entrambi a suo tempo dedotti ritualmente e con caratteri di specificita’ con l’atto di appello, la sentenza impugnata ha in alcun modo motivato, in tal modo incorrendo in totale omessa pronuncia.

4. Infine, con riguardo alla richiesta di applicazione del nuovo articolo 162 ter c.p., di cui alla memoria, la stessa e’ manifestamente infondata.

Recita, tale nuova disposizione, introdotta nel codice dalla L. n. 103 del 2017, articolo 1, comma 1, al comma 1, che “nei casi di procedibilita’ a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno puo’ essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi dell’articolo 1208 c.c. e ss., formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruita’ della somma offerta a tale titolo” a cio’ conseguendo, come previsto dal comma 3 sempre del novello articolo 162 ter c.p., la estinzione del reato. Quanto al regime intertemporale, precisa l’articolo 1 cit., comma 2, che le nuove disposizioni si applicano anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della legge e che l’estinzione puo’ essere dichiarata anche quando le condotte riparatorie siano state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.

Cio’ posto, allora, la norma appare prima facie inapplicabile ai reati de quibus.

Infatti, anche a volere prescindere dalla problematica compatibilita’ con il giudizio di legittimita’ di un procedimento che, per come strutturato laddove si richiede che vengano sentite le parti e la persona offesa, richiederebbe alla Corte di cassazione compiti estranei alle attribuzioni proprie di un giudice di legittimita’ (per altro verso dovendosi pero’ sottolineare che la espressa esclusione del giudizio di legittimita’ operata dal comma 2, con riguardo alla possibilita’ per l’imputato, nella prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della legge, di chiedere la fissazione di un termine non superiore a sessanta giorni per provvedere alle restituzioni e al pagamento, sembrerebbe muovere proprio dal presupposto della applicabilita’, per il resto, del procedimento anche dinanzi a questa Corte), e’ di ostacolo il fatto che, procedibili comunque, come gia’ visto sopra, d’ufficio i reati come nella specie contestati, anche in caso di procedibilita’ a querela, quest’ultima e’ comunque, per espresso dettato dell’articolo 609 septies c.p., comma 3, irrevocabile.

5. In definitiva, rigettato nel resto il ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, limitatamente alla ricorribilita’ o meno della circostanza attenuante di cui all’articolo 609 quater c.p., comma 4, nonche’ in relazione alla determinazione del quantum di liquidazione delle spese da rifondere dall’imputato in favore della parte civile.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al ricorrere della attenuante di cui all’articolo 609 quater c.p., comma 4, nonche’ in relazione alla determinazione dell’ammontare di liquidazione delle spese in favore della parte civile. con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova. Rigetta nel resto il ricorso.

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