Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 15 gennaio 2018, n. 1448. Configura l’elemento oggettivo e soggettivo del reato, di cui all’art. 544-ter del codice penale, il maltrattato con crudeltà e senza necessità di cuccioli di cane

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3.2.- Quanto al secondo e terzo motivo, con i quali il ricorrente si duole che non sia stata disposta consulenza radiografica per datare l’eta’ dei cuccioli, gli stessi appaiono manifestamente infondati in quanto come osservato con logica valutazione da parte del giudice di merito, l’eta’ e’ stata valutata con ricorso al criterio della dentizione, sulla base delle concordi valutazioni dei medici veterinari interessati nel procedimento mentre la circostanza relativa alla quantita’ dei cuccioli allontanati prematuramente dalla madre, la cui esistenza non contesta il ricorrente, non incide certamente sulla sussistenza del reato di cui all’articolo 544 ter c.p., che non appare ancorato alla sussistenza di un numero minimo di animali. La sentenza di merito ha poi evidenziato con motivazione adeguata sulla base delle prove testimoniali, che il 30% dei cuccioli rinvenuti il 4.2.2009 e’ deceduto entro poche settimane, valorizzando tale aspetto ai fini della aggravante dell’evento morte di cui all’articolo 544 ter c.p., comma 3.
3.3.- Infine inammissibile e’ il primo motivo, relativo al reato di falso, relativamente al quale il ricorrente denuncia la propria estraneita’ che si dovrebbe desumere dalla circostanza che egli consegno’ i documenti alla ASL e che gli elementi relativi alla falsita’ del timbro del veterinario ungherese non erano coerenti (avendo le autorita’ ungheresi riferito che il veterinario risultava possessore di altro timbro).
Al riguardo, invero, come esaurientemente chiarito sin dalla sentenza di primo grado, i cui argomenti sono stati motivatamente ripresi dalla corte di appello per respingere la doglianza qui riproposta, i passaporti di numerosi esemplari, mai consegnati agli acquirenti degli stessi, riportavano il timbro contraffatto di medico veterinario ungherese che tale timbro (in base a quanto riferito dalle autorita’ ungheresi) avrebbe ricevuto 8 mesi dopo (come da comunicazione acquisita dal Tribunale in primo grado). Da cio’ i giudici di merito concordemente hanno desunto la consapevolezza da parte del ricorrente che era esperto del settore attesa l’attivita’ commerciale che svolgeva (v. pag. 12 sentenza appello) e che di tale falsificazione si avvantaggiava (v. pag. 13 sentenza appello) anche tenuto conto del fatto che questi, anche in sede di ricorso per cassazione, ha dichiarato di recarsi personalmente all’estero per acquisire i requisiti richiesti in Ungheria per commercializzare animali.
3.4. – Infondato e’, infine, il motivo relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Come e’ noto, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62 bis c.p., operata con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 2002, convertito con modifiche dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, e’ assolutamente sufficiente che il giudice si limiti a dar conto, come nel caso in esame, di avere valutato e applicato i criteri di cui all’articolo 133 c.p.. In tema di attenuanti generiche, infatti, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa e’ quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso piu’ favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si e’ reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non puo’ mai essere data per scontata o per presunta, si’ da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo l’affermata insussistenza. Al contrario, secondo una giurisprudenza consolidata di questa Corte Suprema, e’ la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (cosi’, ex plurimis, sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, rv. 192381; sez. 1 n. 12496 del 02/09/1999, Guglielmi ed altri, rv. 214570; sez. 6, n. 13048 del 20//06/2000, Occhipinti ed altri, rv. 217882; sez. 1, n. 29679 del 13/06/2011, Chiofalo ed altri, rv. 219891). In altri termini, dunque, va ribadito che l’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (cfr. sez. 2, n. 38383 del 10/07/2009, Squillace ed altro, rv. 245241, e sez. 4, n. 43424 del 29/09/2015). Nel caso che occupa la Corte del merito ha pure motivato il diniego del riconoscimento delle attenuanti in parola valorizzando la assenza di resipiscenza, la sussistenza di un precedente penale specifico, l’elevato numero di cuccioli coinvolti, la gravita’ dei maltrattamenti, il contesto di commissione elle condotte.
4.- Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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