Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 23 gennaio 2018, n. 1584. Il passeggero che agisca per il risarcimento del danno derivante dal negato imbarco o dalla cancellazione (inadempimento) o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto (inesatto adempimento)

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6. Il Regolamento CE n. 261/2004 istituisce regole comuni in materia di compensazione e assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato. A seconda dei casi, al passeggero e’ riconosciuto il diritto al rimborso del costo del biglietto o all’imbarco su un volo alternativo, alla c.d. assistenza (pasti, alloggi e ulteriori servizi minori) e ad una compensazione pecuniaria di importo crescente in proporzione alla gravita’ del ritardo. Con particolare riferimento a quest’ultima ipotesi, la normativa comunitaria identifica diverse ipotesi di gravita’ del ritardo, commisurate alla lunghezza della tratta. Quindi, dal punto vista oggettivo, il Regolamento introduce una tipizzazione legale della soglia oltre la quale l’inesatto adempimento (ritardo) del vettore diviene “grave” e genera obblighi risarcitori.

Anche il Regolamento, al pari della Convenzione di Montreal, non contiene alcuna disposizione in ordine all’onere della prova circa la durata del ritardo.

7. La Corte di Giustizia ha ripetutamente affermato che i passeggeri di voli ritardati di un tempo pari o superiore a tre ore possono essere assimilati ai passeggeri di voli cancellati e, pertanto, anch’essi possono reclamare il diritto alla compensazione pecuniaria previsto dall’articolo 7 del Regolamento (Corte di Giustizia 19 novembre 2009, C-402/07 Christopher Sturgeon, Gabriel Sturgeon e Alana Sturgeon contro Condor Flugdienst GmbH e C-432/07 Stefan Bock e Cornelia Lepuschitz contro Air France SA; Corte di Giustizia, Grande Sezione, 26 febbraio 2013, C-11/11 Air France contro Heinz-Gerke Folkerts e Luz-Teresa Folkerts, con riferimento al volo con una o piu’ coincidenze; Corte di Giustizia 23 ottobre 2012, C581/10, Nelson/Deutsche Lufthansa AG e C-629/10 British Airways Easyiet e International Air Transport Association/Civil Aviation Authority).

In caso di cancellazione del volo, l’articolo 5, comma 3, del Regolamento prevede che il vettore non e’ tenuto al pagamento della compensazione pecuniaria se ha tempestivamente avvertito il passeggero della cancellazione ovvero se dimostra che la stessa e’ dovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso.

Dunque, come gia’ previsto dalla Convenzione di Montreal, la responsabilita’ del vettore e’ elisa solamente dal caso fortuito o dalla forza maggiore, cui si aggiunge pero’ l’ipotesi del congruo preavviso che consenta al passeggero di organizzarsi diversamente, cosi’ minimizzando le conseguenze del disagio (quanto al termine entro cui deve essere dato il preavviso, perche’ possa sortire effetti liberatori, si veda l’articolo 5, comma 1, lettera c).

L’articolo 5, comma 4, aggiunge: “l’onere della prova, per quanto riguarda se e quando il passeggero e’ stato avvertito della cancellazione del volo, incombe al vettore aereo operativo”.

8. Il Regolamento CE n. 261/2004 e la Convenzione di Montreal contengono due discipline compatibili e congiuntamente applicabili, senza antinomie.

La Corte di Giustizia ha, infatti, specificato che le normative non si escludono l’un l’altra (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 10 gennaio 2006, C-344/04 International Air Transport Association, European Low Fares Airline Association / Department for Transport). La Convenzione di Montreal detta le condizioni per l’esercizio di azioni giudiziarie per il risarcimento danni promosse dinanzi ad organi giurisdizionali. Cio’ tuttavia non e’ d’ostacolo all’adozione di una concorrente disciplina comunitaria, anche migliorativa, per assicurare la tutela degli interessi dei passeggeri, al fine di garantire agli stessi adeguata assistenza nel momento in cui si verificano gli inconvenienti previsti e in modo da consentire adeguati indennizzi che possono essere richiesti e accordati senza l’esperimento di azioni giudiziarie.

Nel complesso, entrambe le normative si basano sull’affermazione del principio di presunzione di responsabilita’ del vettore aereo. Dunque, una volta provato l’inadempimento – o, piu’ esattamente, l’inesatto adempimento – l’imputabilita’ dello stesso al vettore aereo costituisce oggetto di una presunzione superabile, tanto che si faccia riferimento alla Convenzione di Montreal quanto che si applichi il Regolamento CE, solamente attraverso la prova liberatoria del caso fortuito o della forza maggiore.

L’affermazione della presunzione di colpa del vettore in caso di ritardo o, comunque, inesatto adempimento di un contratto di trasporto aereo di persone era presente, del resto, anche nelle precedenti convenzioni internazionali (Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, articoli 17, 18 e 19, emendata dal protocollo de L’Aja del 28 settembre 1955), di cui questa Corte ha gia’ avuto occasione di occuparsi (Sez. 3, Sentenza n. 20787 del 27/10/2004, Rv. 577848).

Si deve quindi ribadire che rimangono a carico del vettore i danni determinati da causa ignota, mentre il caso fortuito e la forza maggiore, quali fattori estranei all’organizzazione del trasporto, costituiscono causa non imputabile ex articolo 1218 c.c. e portano ad escludere la responsabilita’ del vettore se egli dimostri di non essere riuscito ad impedire l’evento nonostante l’adozione di ogni misura idonea a garantire la puntuale esecuzione del trasporto.

Si sottrae alla presunzione di responsabilita’ solamente il caso della cancellazione (cui puo’ essere equiparato il ritardo pari o superiore a tre ore) tempestivamente prevista e della quale sia stato dato avviso al passeggero nel rispetto dei termini di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c, del Regolamento.

9. La presunzione di responsabilita’ del vettore opera, com’e’ ovvio, sul piano dell’imputabilita’ dell’inadempimento, ai sensi dell’articolo 1218 c.c., non su quello della prova oggettiva dello stesso.

E’ quindi possibile dire che ne’ la Convenzione di Montreal, ne’ il Regolamento CE n. 261/2004 contengono alcuna regola specifica in tema di onere della prova dell’inadempimento (negato imbarco o cancellazione del volo) o dell’inesatto adempimento (ritardato arrivo rispetto all’orario previsto).

10. L’assenza di una norma speciale, impone di far riferimento ai criteri ordinari di riparto dell’onere della prova, di cui all’articolo 2697 c.c., e alla giurisprudenza di questa Corte stratificatasi, con plurime pronunce, senza piu’ incertezze dal noto arresto delle Sezioni unite del 2001.

Costituisce, infatti, oramai vero e proprio ius receptum il principio di diritto secondo cui, in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto e’ gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sara’ sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformita’ quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento (Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001, Rv. 549956; fra le piu’ recenti, Sez. 3, Sentenza n. 826 del 20/01/2015, Rv. 634361; Sez. 1, Sentenza n. 15659 del 15/07/2011, Rv. 618664).

11. Facendo applicazione di tali regole nel caso in esame, va affermato il seguente principio di diritto:

“il passeggero che agisca per il risarcimento del danno derivante dal negato imbarco o dalla cancellazione (inadempimento) o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto (inesatto adempimento), deve fornire la prova della fonte (negoziale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, ossia deve produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente, potendosi poi limitare alla mera allegazione dell’inadempimento del vettore. Spetta a quest’ultimo, convenuto in giudizio, dimostrare l’avvenuto adempimento, oppure che, in caso di ritardo, questo sia stato contenuto sotto le soglie di rilevanza fissate dall’articolo 6, comma 1, del Regolamento CE n. 261/2004”.

12. All’affermazione di tale principio non e’ d’ostacolo il principio c.d. di “prossimita’ della prova”, poiche’, nei rapporti fra passeggero e vettore aereo e’ vero semmai il contrario. Mentre il passeggero di regola non ha disponibilita’ di una prova diretta del ritardo dell’aeromobile su cui viaggiava (tranne, in ipotesi, la riproduzione fotografica dei tabelloni informativi dell’aeroporto), il vettore aereo – che opera in un regime di controllo e verifica, da parte delle autorita’ aeroportuali, del tracciato aereo di ogni volo – ha agevole facolta’ di accesso alla prova ufficiale dell’orario esatto in cui il veicolo e’ atterrato.

Non risulta indicativo, infine, neppure il tenore testuale del gia’ citato articolo 5, comma 4, del Regolamento, a mente del quale “l’onere della prova, per quanto riguarda se e quando il passeggero e’ stato avvertito della cancellazione del volo, incombe al vettore aereo operativo”. La norma, infatti, risulta perfettamente allineata a quanto disposto dall’articolo 2697 c.c. trattandosi di fatto estintivo dell’altrui pretesa, che va dunque provato da chi lo eccepisce.

A contrario, si potrebbe osservare che, proprio perche’ altrimenti la norma sarebbe superflua, dovrebbe affermarsi indirettamente l’esistenza in subiecta materia di un principio opposto a quello generale, con conseguente collocamento dell’onere della prova dell’inadempimento in capo all’attore. Un simile ragionamento, tuttavia, sarebbe basato su un argomento non decisivo, ne’ convincente, anche perche’ non terrebbe conto della circostanza che la disciplina comunitaria, volta ad assicurare l’omogeneo trattamento della posizione del passeggero in tutti gli Stati membri, e’ ben possibile che ponga talune regole coincidenti con quelle dell’ordinamento interno di uno Stato membro e divergenti da quelle di un altro. La sovrapponibilita’ del criterio contenuto nell’articolo 5, comma 4, del Regolamento ai principi generali in tema di onere della prova di cui l’articolo 2697 c.c., non e’ quindi indicativa della necessita’ di configurare una ricostruzione sistematica alternativa.

13. Il vettore aereo sostiene che al caso di specie non potrebbe applicarsi l’articolo 2697 c.c., non versandosi in ipotesi di responsabilita’ contrattuale, bensi’ di una responsabilita’ sui generis, come si dovrebbe ricavare dalla circostanza che tale responsabilita’ puo’ farsi valere anche nei confronti del vettore di fatto.

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