Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 19 gennaio 2018, n. 2389. Gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche o ambientali possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza dell’imputato

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2. E’ generico e manifestamente infondato il primo motivo di ricorso non essendo stati neppure indicati gli elementi che, portati all’attenzione del Tribunale nel corso dell’udienza camerale, i giudici della cautela avrebbero omesso di valutare e che, per assumere rilevanza ai fini del dedotto vizio di omessa motivazione, dovrebbero costituire specifiche e decisive doglianze la cui omissione incide sulla completezza della motivazione degradandola a vuoto schema decisorio. La censura difensiva, peraltro, e’ smentita dal tenore e contenuto dell’ordinanza impugnata che dopo avere riportato (cfr. pag. 3) le ragioni esposte dalla difesa a sostegno dell’annullamento dell’ordinanza genetica, si e’ soffermata nella disamina dei gravi indizi di colpevolezza enucleando gli elementi a carico del (OMISSIS).

2.1 I giudici a quibus hanno evidenziato che il (OMISSIS), benche’ non direttamente coinvolto nelle conversazioni intercettate, e’ stato inequivocabilmente identificato incrociando i dati dei movimenti dell’auto del (OMISSIS), che in piu’ occasioni veniva segnalata, tramite gps, in Santa Elisabetta, nei pressi del civico al quale corrisponde l’abitazione del ricorrente, e presso l’ovile del (OMISSIS), in questo caso a seguito di osservazione diretta degli inquirenti, e il contenuto delle conversazioni intrattenute dal (OMISSIS) che, al suo rientro nell’autovettura ovvero di ritorno a casa, riferiva ai suoi accompagnatori ed interlocutori (il (OMISSIS), la moglie, (OMISSIS) e (OMISSIS)), il contenuto dei colloqui avuti con il (OMISSIS) al quale aveva chiesto sia una dilazione dei pagamenti (per il consistente importo di quindici mila euro per precedenti forniture, pagamenti che aveva difficolta’ a corrispondere a seguito dell’arresto dell’ (OMISSIS)) sia un’ulteriore fornitura di cocaina (di settantacinque grammi) che il (OMISSIS) consegnava alla moglie affinche’ la nascondesse nella borsa e di cui informava (OMISSIS).

3. A fronte di tale compendio argomentativo si rivelano meramente assertive le enunciazioni difensive nella parte in cui attaccano la struttura argomentativa dell’ordinanza, senza enucleare alcuno specifico vizio logico della decisione, ovvero sollecitando una ricostruzione alternativa – ma neppure esplicitata – e minimalista del contenuto delle conversazioni. A tal riguardo, poi, si appalesa inconferente il riferimento ai criteri di valutazione della prova indiziaria, quindi il dedotto vizio di violazione di legge, posto che, secondo un risalente e mai smentito indirizzo di questa Corte, le dichiarazioni compiute da persone che conversino tra loro – se captate nel corso di attivita’ di intercettazione regolarmente autorizzata ed a loro insaputa – sono liberamente valutate dal giudice secondo gli ordinari criteri di apprezzamento della prova, anche quando presentino valenza accusatoria nei confronti di terzi che avrebbero concorso in reati commessi dagli stessi dichiaranti, non trovando in questo caso applicazione la regola di cui all’articolo 192 cod. proc. pen., comma 3 (Sez. 5, n. 38413 del 07/02/2003, Alvaro e altri, Rv. 227411). In altre parole, gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche o ambientali possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza dell’imputato – e vieppiu’, come nel caso, dell’indagato, ai fini di adozione della misura – e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano: a) gravi, cioe’ consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti; b) precisi e non equivoci, cioe’ non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; c) concordanti, cioe’ non contrastanti tra loro e, piu’ ancora, con altri dati o elementi certi (Sez. 6, n. 3882 del 04/11/2011 – dep. 31/01/2012, Annunziata, Rv. 251527), caratteri che, secondo l’ordinanza impugnata, sono ravvisabili nel contenuto dei colloqui intrattenuti con il (OMISSIS) che il (OMISSIS) riassumeva a persone di assoluta fiducia – la moglie e la figlia di (OMISSIS) – e che condividevano le sue preoccupazioni per le difficolta’ di approvvigionamento in cui il gruppo comisano si dibatteva dopo l’arresto del capo del gruppo, cioe’ l’ (OMISSIS).

4. L’ordinanza impugnata va, invece, annullata con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo esame sulla esistenza delle esigenze cautelari.

7. I giudici della cautela, a fronte della specifica deduzione difensiva e dell’ obiettivo risalente accertamento dei fatti rispetto alla data di applicazione della misura, non si sono fatti carico di svolgere la specifica analisi sulla sussistenza di elementi concreti alla stregua dei quali dare conto della continuita’ del pericu/um libertatis, ritenendo apoditticamente subvalente il tempo trascorso dai fatti e facendo esclusivo riferimento alla gravita’ dei fatti ascritti all’indagato in ragione dei rapporti intrattenuti con il gruppo di Comiso ed al negativo giudizio sulla personalita’ del (OMISSIS), perche’ gravato da precedenti condanne per il reato di cui all’articolo 416 bis cod. pen., senza verificare se tale giudizio sia o meno persistente rispetto al momento di adozione della cautela tenuto conto altresi’ delle peculiari caratteristiche della condotta illecita che avevano condotto al rigetto della richiesta cautelare per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 per la sporadicita’ delle forniture effettuate in favore del (OMISSIS) e del suo gruppo nel periodo in contestazione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Catania, sezione per il Riesame dei provvedimenti coercitivi

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