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2.2. Le censure sopra riassunte sono fondate nei limiti e nei sensi di cui di seguito.
La colpa civile consiste in una devianza: ovvero nello scostamento da una regola di condotta.
Tale regola di condotta puo’ essere dettata tanto da una norma di legge, quanto da regole di comune prudenza.
In tema di circolazione stradale, le regole di condotta sono ovviamente dettate dal codice della strada, con precetti che tuttavia non esauriscono la gamma delle condotte prudenti esigibili degli utenti della strada, in quanto anche condotte non espressamente previste dal codice potrebbero legittimamente pretendersi dagli automobilisti o dai pedoni, quando siano da loro esigibili alla stregua della diligenza esigibile dal buon padre di famiglia, ai sensi dell’articolo 1176 c.c., comma 1.
Pertanto il giudice chiamato a valutare se la condotta tenuta dal conducente di un veicolo sia stata o non sia stata prudente, e come tale ideona a vincere le presunzioni di cui all’articolo 2054 c.c., comma 1 e 2, deve innanzitutto ricostruire in facto quella condotta; e poi valutare in iure se essa sia conforme: (a) ai precetti del codice della strada; (b) alle regole di ordinaria prudenza esigibile nel caso concreto.
2.3. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato in punto di fatto che:
(a) (OMISSIS), dopo essere sceso dal bus, venne preso in braccio (o comunque tenuto per mano) dalla madre;
(b) quando il conducente del bus chiuse le porte del mezzo, e si accinse a ripartire, la madre del bambino si trovava all’altezza del guidatore;
(c) il bambino cadde all’altezza della ruota posteriore del bus.
Dopo avere accertato questi fatti, la Corte d’appello ha ritenuto che in essi non fosse ravvisabile alcuna condotta colposa del conducente lo scuolabus.
Lo ha fatto con un ragionamento cosi’ riassumibile: dopo avere visto il bambino essere ormai sotto la sorveglianza della madre, il conducente poteva ragionevolmente attendersi che fosse questa a badare all’incolumita’ del piccolo; egli pertanto, legittimamente trascuro’ di occuparsi della posizione e della condotta dei due pedoni che si trovavano alla sua destra, in quanto doveva prioritariamente occuparsi di ripartire, e quindi di sorvegliare il sopraggiungere di veicoli dalla sua sinistra.
La Corte d’appello, in definitiva, ha accertato in punto di fatto che il conducente di un bus ha lasciato scendere dei passeggeri, ed e’ poi ripartito senza occuparsi di dove fossero, perche’ “l’autista doveva badare al traffico e non poteva prospettarsi una caduta del minore, sotto la diretta sorveglianza della madre che lo teneva per mano” (cosi’ la sentenza impugnata, p. 10, primo capoverso).
Cosi’ giudicando, la Corte d’appello e’ effettivamente incorsa in un errore di diritto, consistito nel falsamente applicare le regole del codice della strada che disciplinano la condotta dei conducenti.
2.4. La regola principale cui ogni conducente deve attenersi e’ quella della salvaguardia dell’incolumita’ propria ed altrui, dettata dall’articolo 140 C.d.S., comma 1. Tale norma stabilisce che gli utenti della strada devono sempre “comportarsi in modo da non costituire pericolo (…) per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale”.
“In ogni caso” vuol dire che su qualsiasi altra esigenza (di circolazione, di celerita’, di efficienza d’un servizio), prevale per la nostra legge sempre e comunque la salvaguardia dell’incolumita’ delle persone.
Il successivo articolo 191 C.d.S., comma 3, fin dal testo originario nel disciplinare la condotta dei conducenti rispetto ai pedoni, stabilisce che “i conducenti….devono comunque prevenire situazioni di pericolo che possano derivare da comportamenti scorretti o maldestri di bambini o di anziani, quando sia ragionevole prevederli in relazione alla situazione di fatto”.
Anche in questo caso la norma detta una prescrizione che non ammette deroghe.
Ora, sarebbe evidentemente assurda un’interpretazione del combinato disposto di queste due norme che portasse alla seguente conclusione: che il conducente di un veicolo a motore debba sorvegliare la strada dinanzi a se’, ma possa disinteressarsi dei pedoni che si trovino accanto e dietro il suo veicolo, anche quando sia possibile avvistarli con l’ordinaria diligenza e tanto piu’ quando debba ripartire dopo averli fatti scendere dal veicolo condotto.
Una interpretazione di questo tipo, infatti, sarebbe incoerente con lo scopo della legge, che per quanto detto e’ garantire nel massimo grado possibile l’incolumita’ degli utenti della strada.
Le due norme appena ricordate vanno dunque lette nel loro insieme, e nel loro insieme esse esprimono un concetto molto semplice: poiche’ chi guida un autobus puo’ provocare danni a chi circola a piedi, deve prestare particolare attenzione nella guida, in ragione dell’intrinseca pericolosita’ dell’attivita’ svolta.
“Prestare particolare attenzione” vuoi dire che il conducente di un veicolo a motore, massimamente quando si tratti di veicoli di ingombranti dimensioni come gli autobus, prima di eseguire qualsiasi manovra deve accertarsi non solo che nel raggio d’azione del mezzo non vi siano pedoni, ma anche che non possano ragionevolmente entrarvi od interferirvi.
Il conducente di un mezzo di ingombranti dimensioni, dunque, ha l’obbligo di non iniziare o proseguire alcuna manovra, quando avvisti intorno a se’ pedoni che tardino a scansarsi, e che possano teoricamente interferire coi movimenti del mezzo. Questa e’ la regola di condotta che risulta dal combinato disposto dell’articolo 140 C.d.S., comma 1, e articolo 191 C.d.S., comma 4.
questo precetto, dunque, la Corte d’appello avrebbe dovuto comparare la condotta del conducente dello scuolabus, per come accertata in concreto: e se l’avesse fatto, avrebbe dovuto concludere che quella condotta, cosi’ come ricostruita dalla Corte d’appello, a quel precetto conforme non fu, dal momento che il conducente riprese la marcia nonostante vi fossero ancora pedoni nelle vicinanze del mezzo; non aspetto’ che si allontanassero, e non ne sorveglio’ i movimenti.
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