Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 15 febbraio 2018, n. 3767. L’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex articolo 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli od ai fratelli della vittima

L’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex articolo 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli od ai fratelli della vittima, a nulla rilevando ne’ che la vittima ed il superstite non convivessero, ne’ che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del quantum debeatur). Nei casi suddetti e’ pertanto onere del convenuto provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo

Ordinanza 15 febbraio 2018, n. 3767
Data udienza 14 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 4264-2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 3223/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2009 (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero dinanzi al Tribunale di Milano (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a. (che in seguito mutera’ ragione sociale in (OMISSIS) s.p.a.) esponendo:
-) di essere, rispettivamente, moglie, figli, madre e fratelli di (OMISSIS);
-) l'(OMISSIS) (OMISSIS) venne investito da un autocarro condotto da (OMISSIS), di proprieta’ di (OMISSIS) ed assicurato dalla (OMISSIS);
-) in conseguenza dell’investimento (OMISSIS) perse la vita.
Gli attori chiesero pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni rispettivamente patiti.
2. Con sentenza 26.2.2014 n. 2785 il Tribunale rigetto’ la domanda.
Con sentenza 24.7.2015 n. 3223 la Corte d’appello di Milano, in accoglimento parziale del gravame proposto dai soccombenti, ha:
(-) rigettato la domanda proposta dalla madre e dai fratelli della vittima, ritenendo non provata una “effettiva compromissione di un rapporto affettivo in essere al momento del fatto”;
(-) accolto la domanda di risarcimento proposta dalla moglie e dai figli della vittima, addossando tuttavia a quest’ultima un concorso di colpa del 50%;
(-) ritenuto che il danno non patrimoniale patito dalla moglie e dai figli della vittima dovesse essere “ragguagliato alla realta’ socioeconomica in cui vivono i soggetti danneggiati”; sicche’, accertato che gli attori risiedevano tutti in Romania, ha ridotto del 30% il risarcimento che avrebbe altrimenti liquidato a persone residenti in Italia.
3. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da tutti i congiunti della vittima, con ricorso fondato su tre motivi.
Ha resistito la (OMISSIS) con controricorso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo i ricorrenti assumono, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, che la Corte d’appello avrebbe violato gli articoli 2043 e 1223 c.c., per avere ridotto il risarcimento in considerazione del loro luogo di residenza, ovvero la Romania.
1.2. La societa’ (OMISSIS) ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso, sostenendo che esso sarebbe irrispettoso dei precetti di cui all’articolo 366 c.p.c., nn. 3 e 6.
Tale eccezione e’ infondata.
Quanto alla esposizione dei fatti (richiesta dall’articolo 366 c.p.c., n. 3), essi sono chiaramente riassunti alle pp. 4 e 5 del ricorso, ove si da’ conto dell’evento mortale, della proposizione della domanda di risarcimento, e del contenuto della sentenza appellata (trascritto anche alle pp. 6 e 7). Quanto all’onere di indicazione degli atti su cui il ricorso si fonda (richiesto dall’articolo 366 c.p.c., n. 6), nel nostro caso v’era ben poco da indicare, posto che il primo motivo di ricorso pose una questione di puro diritto: ovvero se il risarcimento del danno debba o no variare in funzione del luogo di residenza del danneggiato.
1.3. Nel merito, il ricorso e’ fondato.
Questa Corte, infatti, ha gia’ ripetutamente affermato che “la realta’ socioeconomica nella quale vive la vittima d’un fatto illecito e’ del tutto irrilevante ai fini della liquidazione del danno aquiliano” (cosi’ Sez. 3, Sentenza n. 7932 del 18/05/2012; nello stesso senso Sez. 3, Sentenza n. 12146 del 14/06/2016; Sez. 3, Sentenza n. 12221 del 12/6/2015; Sez. 3, Sentenza n. 24201 del 13/11/2014).
Alle motivazioni poste a fondamento di tale consolidato orientamento sara’ dunque sufficiente, in questa sede, richiamarsi.
1.4. Le deduzioni in senso contrario svolte dalla difesa della (OMISSIS) nel controricorso (pp. 5-7) e nella memoria (pp. 2-5) non possono essere condivise.

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