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[…]

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 2051 c.c.; con il secondo si lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli articoli 253 e 281-ter c.p.c..
Osserva la ricorrente che la Corte di merito avrebbe errato nel rigettare la domanda sulla base dell’unica deposizione testimoniale, affermando che i fatti non si erano svolti secondo la prospettazione dell’attrice. In realta’, invece, la responsabilita’ del Condominio a titolo di custodia sussisterebbe anche se la caduta fosse avvenuta, come pare affermare la sentenza, sul viale che conduce dal cancello di strada al cancello di ingresso nel Condominio. L’androne comprenderebbe, cioe’, anche l’area esterna della quale il Condominio non aveva mai contestato la titolarita’.
2. I due motivi, da trattare congiuntamente, sono, quando non inammissibili, comunque infondati.
La Corte d’appello, con un accertamento non piu’ sindacabile in questa sede, ha affermato che, sulla base della deposizione dell’unica teste presente al momento del fatto, la caduta della (OMISSIS) non era avvenuta nell’androne del Condominio, quanto piuttosto sul viale che dal cancello di strada conduce alla palazzina, aggiungendo che quel viale era in buone condizioni di manutenzione e non bagnato. Da tanto ha tratto la convinzione che, non essendo stata dimostrata la dinamica dei fatti nei termini prospettati dall’attrice, la domanda fosse da respingere.
A fronte di tale ricostruzione, i due motivi di ricorso – pur prospettando un rilievo esatto, e cioe’ che lo spazio del viale esterno non poteva, di per se’, considerarsi sottratto alla custodia del Condominio – insistono con l’affermazione che la caduta sarebbe avvenuta in un’area condominiale per la presenza di un liquido incolore e scivoloso. In tal modo, pero’, le censure, benche’ formulate in termini di violazione di legge, finiscono con l’essere censure di vizio di motivazione, sollecitando questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito, posto che la sentenza impugnata ha dato conto che i fatti, comunque, si sono svolti con modalita’ diverse da quelle descritte dalla parte oggi ricorrente.
E’ appena il caso di ricordare, poi, che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, colui il quale invoca la violazione di un obbligo di custodia e’ comunque tenuto a dimostrare il nesso di causalita’ tra la cosa ed il danno.
3. Il ricorso, pertanto, e’ rigettato.
A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione nei confronti di entrambe le parti controricorrenti, liquidate ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno dei controricorrenti in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spe’se generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il.versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso

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