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8.3. L’approdo ermeneutico prevalente della giurisprudenza amministrativa, comunque, sulla base del dictum di Cons. St., ad. plen., n. 4 del 23/02/1982, e’ nel senso che l’eventuale violazione della norme sul riparto dei compiti tra ufficiali giudiziari non costituisce – stante il principio della tipicita’ delle nullita’ processuali – ragione di nullita’ della notificazione del ricorso, ma una mera irregolarita’, solo fonte di eventuale responsabilita’ disciplinare del l’organo notificante (Cons. St., IV, n. 8072 del 14/12/2004; V, n. 3757 del 07/07/2005, oltre a copiosa giurisprudenza dei t.a.r. per i quali v. ad es. Emilia Romagna, I, n. 130 del 17/02/2012).
8.4. A detto orientamento prevalente si oppone indirizzo, soprattutto di scaturigine regionale siciliana ma includente pronuncia del C.g.a. in sede giurisd., secondo il quale – nell’ambito di un ipotizzato richiamo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1229 del 1959, articoli 106 e 107, dagli articoli 3 e ss. del regolamento di procedura di cui al Regio Decreto n. 642 del 1907 (ratione temporis vigente) – i ricorsi giurisdizionali amministrativi potrebbero essere notificati dagli ufficiali giudiziari solo nell’ambito del mandamento in cui ha sede l’ufficio al quale essi sono addetti, mentre la notificazione (a mezzo posta) al di fuori di tale mandamento dovrebbe essere effettuata soltanto dagli ufficiali giudiziari aventi sede nella citta’ in cui ha sede l’adito organo di giustizia amministrativa; con conseguente asserita inammissibilita’ del ricorso notificato a mezzo posta dall’ufficiale giudiziario il cui ufficio non si trovi nella stessa citta’ del t.a.r. adito (C.g.a. in sede giurisd., n. 399 dell’11/05/2009 (che richiama la giurisprudenza civile e pronuncia del Cons. St. antecedente il 1982); t.a.r. Palermo, III, n. 8974 del 27/07/2010 (che espressamente dichiara di attenersi alla giurisprudenza del “giudice del ripartol, n. 1339 del 19/6/2013 e n. 1338 dell’11/7/2011, oltre altre).
9. Cosi’ ripercorso in sintesi lo stato dell’elaborazione giurisprudenziale, talune osservazioni di questo collegio possono prendere le mosse dalla considerazione del tenore degli articoli 106 e 107 del piu’ volte richiamato Decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, recante “Ordinamento degli ufficiali giudiziari”, aggiornato con il Decreto Legge n. 132 del 2014 conv. in L. n. 162 del 2014. Dette disposizioni limitative (articolo 106: “L’ufficiale giudiziario compie con attribuzione esclusiva gli atti del proprio ministero nell’ambito del mandamento ove ha sede l’ufficio al quale e’ addetto, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo seguente”; articolo 107, comma 2: “Tutti gli ufficiali giudiziari possono eseguire, a mezzo del servizio postale, senza limitazioni territoriali, la notificazione degli atti relativi ad affari di competenza delle autorita’ giudiziarie della sede alla quale sono addetti…”) sono significativamente inserite nell’ambito del titolo II della disciplina (rubricato “Servizi degli ufficiali giudiziari e trattamento economico”) e, precisamente, nel capo I di detto titolo (rubricato “Obblighi, attribuzioni, competenza”).
9.1. La valenza delle norme di riparto territoriale delle attribuzioni balza chiara ove si consideri che il riparto stesso e’ strettamente legato alla struttura retributiva degli ufficiali giudiziari che, a norma degli articoli 122 ss. del Regio Decreto cit., sono compensati mediante proventi costituiti dai diritti che sono autorizzati ad esigere, secondo le disposizioni dell’ordinamento, oltre che con percentuali su recuperi, vendite e altre attivita’. Significativamente (se, come si ritiene, la sedes materiae fornisce ausilio interpretativo) la disciplina sui proventi e’ contenuta al capo III (“Retribuzione, percentuale, indennita’”) del medesimo titolo dinanzi menzionato, dedicato unitariamente all’organizzazione e al trattamento economico. Se, infatti, la struttura retributiva e’ strettamente correlata all’attivita’ svolta, e’ comprensibile che la legge si sforzi di collegare (almeno, nelle logiche dell’epoca di redazione della disciplina) in maniera obiettiva le attivita’ a un territorio e, quindi, a predeterminare in tal modo un’equa distribuzione di compensi a tutti gli ufficiali giudiziari.
9.2. Confermativa di quanto innanzi e’ altresi’ la severa disposizione del Regio Decreto articolo 63, comma 2, lettera h), in base alla quale la grave sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e’ inflitta agli ufficiali giudiziari, tra l’altro, “per avere scientemente ecceduto i limiti delle proprie attribuzioni”.
10. Il passaggio in chiave ermeneutica dalla considerazione di una norma in materia di ambito spaziale di attribuzioni di un pubblico ufficiale all’affermazione della nullita’ degli atti compiuti fuori da tale ambito spaziale ha antecedenti remotissimi nell’ordinamento (Dig. 1.12.3, Ulp. 2 ad ed.: Praefectus urbi cum terminos urbis exierit, potestatem non habet).
10.1. Limitando la visuale agli atti dei pubblici ufficiali con funzioni certificative, puo’ considerarsi che, a differenza del caso in esame, espressamente la L. not. n. 89 del 1913, articolo 58, sanziona di nullita’ – salva la conversione dell’articolo 2701 c.c. (gia’ articolo 1316 c.c. 1865) – l’atto posto in essere dal notaio in violazione dell’articolo 27, comma 2, che a sua volta prescrive che il notaio non puo’ esercitare il suo ministero fuori del distretto della corte d’appello in cui e’ ubicata la sua sede.
10.2. Investito da dubbi della sezione semplice circa la validita’ o meno di attivita’ certificativa esercitata da pubblici ufficiali ultra vires (nella specie, giudice di pace autenticante extraterritorialmente sottoscrizioni di liste elettorali), Cons. St. Ad. plen. n. 22 del 9/10/2013 ha confermato il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui i pubblici ufficiali, ai quali la legge elettorale conferisce il potere di autenticare le sottoscrizioni delle liste di candidati, siano legittimai ad esercitare il potere certificativo esclusivamente nel territorio di competenza dell’ufficio di cui sono titolari o al quale appartengono, con conseguenze invalidanti delle autenticazioni e, indirettamente, della idonea presentazione delle liste. In tale ambito, indubbiamente distante da quello in esame, l’adunanza plenaria ha svolto rilievi utili per una unitaria considerazione dei fenomeni affini:
– l’individuazione dei soggetti, ai quali la legge conferisce la pubblica funzione certificativa, propria dell’atto pubblico (articolo 2699 c.c.), implicherebbe un rinvio (probabilmente, implicito) allo statuto proprio delle singole figure di pubblici ufficiali, e dunque anche ai limiti territoriali, entro i quali i medesimi esercitano, in via ordinaria, le proprie funzioni;
– i limiti alla competenza territoriale dell’ufficio di appartenenza integrerebbero, dunque, un elemento costitutivo della fattispecie autorizzatoria;
– l’articolo 2699 c.c. – secondo cui “l’atto pubblico e’ il documento redatto, con le richieste formalita’, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto e’ formato” – stabilirebbe un preciso nesso di collegamento tra competenza territoriale del pubblico ufficiale e luogo di esercizio del potere;
– il successivo articolo 2701 c.c. (sopra evocato in tema di nullita’ di atto notarile), prevedendo espressamente che il documento formato da pubblico ufficiale “incompetente o incapace” non abbia l’efficacia di fede privilegiata di atto pubblico, salva la conversione in scrittura privata, confermerebbe il quadro anzidetto.
10.3. Considerando, poi, l’atto notificatorio nel quadro della legge di ordinamento di cui al piu’ volte menzionato Decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, ai cui articoli 106 e 107 e’ ipotizzato un rinvio anche ad opera della disciplina processualcivilistica, non potrebbe tacersi che nella parallela disciplina del provvedimento amministrativo (della cui natura l’atto processuale partecipa, stante l’ipotizzato rinvio) la L. n. 241 del 1990, articoli 21-septies e 21-octies, hanno chiarito, da un lato, essere fortemente limitata la categoria della nullita’ (ristretta al difetto assoluto di attribuzione dall’articolo 21-septies) e, dall’altro, essere ricondotta l’incompetenza all’annullabilita’ – sanabile – dell’atto.
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