Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 9 gennaio 2018, n. 317. Il diritto di critica va escluso qualora le espressioni denigratorie siano generiche e non collegabili a specifici episodi, risolvendosi in frasi gratuitamente espressive di sentimenti ostili

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1.1. Agli imputati era fatto carico di avere affisso lungo le vie del Comune di Furci Siculo dei manifesti pubblici in cui al Sindaco, (OMISSIS), venivano rivolte espressioni quali “Falso Bugliardo Ipocrita Malvagio”.
Il fatto era avvenuto in esito ad una serie di dissapori di natura politica fra il Sindaco e alcuni componenti dell’opposizione, capeggiati dal (OMISSIS), i quali avevano riconosciuto la paternita’ del manifesto ma avevano escluso ogni intento denigratorio, sostenendo che era frutto di una decisione politica diretta ad attaccare il Sindaco e la Giunta da lui presieduta, che aveva deliberato l’erogazione dell’indennita’ di funzione, cosi’ tradendo le promesse elettorali.
Il Tribunale aveva escluso la configurabilita’ dell’esimente del diritto di critica politica, viste le connotazioni personali delle ingiurie contenute nel testo dei manifesti.
Di segno contrario la decisione della Corte d’Appello, che ha ravvisato la scriminante ritenendo che le frasi siano offensive ma che la lettura integrale del manifesto consenta di ricondurle alle critiche di carattere politico, rispetto alle quali paiono pertinenti, sebbene espressione di un costume politico deteriore ma ampiamente diffuso.
2. Propone ricorso il difensore della parte civile deducendo, con il primo motivo, la violazione degli articoli 51 e 595 c.p. tenuto conto che le espressioni impiegate superano i limiti di continenza del diritto di critica, presentandosi come inutilmente umilianti del soggetto criticato.
Il limite dell’esercizio di critica va individuato, secondo il ricorrente, nel rispetto della dignita’ altrui e non può costituire l’occasione di gratuiti attacchi alla persona ed alla sua reputazione.
Con il secondo motivo si deducono vizi motivazionali e travisamento della prova in quanto il giudice di appello avrebbe erroneamente messo in relazione gli epiteti ingiuriosi a pregresse vicende di natura politica, quando, in realta’, non vi era alcuna attinenza con tali vicende ed era assolutamente falsa la versione dei fatti contenuta nei manifesti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il diritto di critica attiene ad un giudizio valutativo che trae spunto da un fatto ed esclude la punibilita’ di affermazioni lesive dell’altrui reputazione purche’ le modalita’ espressive siano proporzionate e funzionali all’opinione o alla protesta espresse, in considerazione degli interessi e dei valori che si ritengono compromessi (Sez. 1, n. 36045 del 13/06/2014 Rv. 261122).
Si deve, altresi’, considerare, nella valutazione del requisito della continenza, il complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dall’agente, pur aspri e forti, non siano gravemente infamanti e gratuiti, ma siano, invece, comunque pertinenti al tema in discussione (Sez. 5, n. 4853 del 18/11/2016, dep. 01/02/2017, Rv. 269093).
In quest’ambito, il rispetto della verita’ del fatto assume un rilievo piu’ limitato e necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, in quanto la critica, ed ancor piu’ quella politica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica (Sez. 5, n. 25518 del 26/09/2016, dep. 23/05/2017 Rv. 270284).
Va, invece, esclusa l’applicabilita’ dell’esimente qualora le espressioni denigratorie siano generiche e non collegabili a specifici episodi, risolvendosi in frasi gratuitamente espressive di sentimenti ostili (Sez. 5, n. 48712 del 26/09/2014 Rv. 26148901; Sez. 5, Sentenza n. 48712 del 26/09/2014 Rv. 261489) o espressione di un attacco personale lesivo della dignita’ morale ed intellettuale dell’avversario (Sez. 5, n. 8824 del 01/12/2010, dep. 07/03/2011, Rv. 250218).
2. La sentenza impugnata ha correttamente applicato i principi esposti, in quanto e’ partita dal presupposto incontestabile della offensivita’ delle espressioni utilizzate dagli imputati (diversamente sarebbe stata esclusa la sussistenza del reato e non gia’ ritenuta operante la scriminante) per riconoscere che gli epiteti rivolti alla parte offesa presentavano una stretta attinenza alle vicende che avevano visto l’opposizione contrapporsi al Sindaco in merito alla erogazione dell’indennita’ di funzione, a cui il primo cittadino aveva dichiarato di voler rinunciare in campagna elettorale.
In quest’ambito, gli epiteti “falso, bugiardo, ipocrita” si ricollegano, secondo la Corte territoriale, al mancato adempimento delle promesse elettorali nonche’ all’avere omesso di dichiarare pubblicamente il proprio ripensamento sul tema dell’indennita’ di funzione e, quanto all’aggettivo “malvagio”, ad azioni giudiziarie, asseritamente infondate, che egli aveva promosso contro gli avversari politici.
Il contesto politico e di contrapposizione in merito a scelte di carattere politico-amministrativo e’, secondo la Corte d’Appello, evidente dalla lettura integrale del manifesto all’interno del quale erano contenute le espressioni ingiuriose.
E’ apparso quindi chiaro ai giudici di merito che l’attacco al (OMISSIS) riguardava specificamente le scelte politiche ed amministrative sue e della sua maggioranza e, del tutto correttamente, si e’ escluso che sia trasmodato in un attacco alla dignita’ morale ed intellettuale della persona offesa, cosi’ come sostiene, invece, il ricorrente.
2.1. Le osservazioni svolte nella seconda parte del ricorso, in cui si contesta che le vicende politiche sottese alla controversia sfociata nella pubblicazione di quel manifesto si siano svolte cosi’ come ricostruito in entrambe le sentenze di merito, non hanno rilevanza, da un lato in quanto contengono generiche censure in fatto rispetto ad una identica ricostruzione della vicenda nei due giudizi di merito, che differiscono soltanto in ordine alla valutazione dei presupposti del diritto di critica, dall’altro, in quanto, come si e’ detto, il requisito della verita’ del fatto assume, nel diritto di critica, un rilievo piu’ limitato che nel diritto di cronaca.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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