Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 24 gennaio 2018, n. 3448. La concessione di una misura alternativa alla detenzione e’ l’analisi della personalita’ individuale e la verifica della sua evoluzione psicologica

La concessione di una misura alternativa alla detenzione e’ l’analisi della personalita’ individuale e la verifica della sua evoluzione psicologica, che, partendo dal fatto di reato, si deve estendere ai precedenti e alle pendenze penali, agli eventuali progressi compiuti dal condannato nel periodo successivo ed ai comportamenti precedenti e successivi alla condanna, sulla scorta dei dati conoscitivi forniti dalla osservazione scientifica e dalle valutazioni offerte dal servizio sociale, allo scopo di accertare l’idoneita’ della misura alternativa a contribuire al reinserimento sociale del condannato ed a contenerne la sua pericolosita’ sociale, se tuttora esistente.
Ne discende che, al fine dell’assunzione della decisione sull’adozione di misure alternative alla detenzione, il giudice deve fondare la statuizione, espressione di un giudizio prognostico sulle future condotte del condannato, sui risultati del trattamento individualizzato come emersi dall’esame scientifico della personalita’ e la relativa motivazione deve dimostrare, con preciso riferimento alla fattispecie concreta, l’avvenuta considerazione di tutti gli elementi previsti dalla legge.

Sentenza 24 gennaio 2018, n. 3448
Data udienza 27 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. BONI Monica – rel. Consigliere

Dott. TALERICO Palma – Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 07/02/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere MONICA BONI;
lette le conclusioni del PG SALZANO Francesco che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 7 febbraio 2017 il Tribunale di sorveglianza di Roma dichiarava inammissibile la domanda, proposta nell’interesse di (OMISSIS), volta ad ottenere l’ammissione alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale e lo ammetteva alla detenzione domiciliare, rilevando la pericolosita’ sociale del condannato.
2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del difensore per chiederne l’annullamento per:
a) carenza o apparenza della motivazione e violazione del combinato disposto della L. n. 354 del 1975, articolo 47, commi 2 e 3 e articolo 125 c.p.p., comma 3. Secondo la difesa, l’ordinanza impugnata si e’ limitata a considerare i comportamenti anteriori alla condanna senza tenere in alcun conto la condotta tenuta dal ricorrente nel periodo successivo e gli elementi positivi rappresentati con l’istanza, ossia il possesso di regolare permesso di soggiorno rinnovato, senza alcuna riserva, fino a ottobre 2017; l’avvenuta apertura di impresa edile ed il possesso di certificato di apertura della partita i.v.a.; la dichiarazione dei redditi dell’anno 2016, attestante un reddito netto di circa Euro 8.000,00, con la ricevuta di pagamento dell’ imposta; l’assenza di procedimenti penali dal 2014 in poi e di collegamenti con la criminalita’ organizzata. Inoltre, le osservazioni critiche contenute nel provvedimento sulla mancata dimostrazione in termini certi dell’attivita’ d’impresa svolta dal condannato sono contraddette dalla dichiarazione dei redditi percepiti proprio dalla conduzione di tale attivita’.
b) Violazione di legge in riferimento alla L. n. 354 del 1975, articolo 47, commi 2 e 3; la disposizione che regola l’affidamento in prova al servizio sociale impone la considerazione del “comportamento” che “il condannato” ha “serbato” “dopo la commissione del reato”, mentre il Tribunale ha valorizzato, in funzione del giudizio prognostico negativo, le “pendenze giudiziarie per reati connessi sino al 2014” e quindi il periodo anteriore, incorrendo nell’erronea valutazione dei presupposti per l’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, dr. Francesco Salzano, ha chiesto disporsi l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato e merita dunque accoglimento.

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