Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 24 gennaio 2018, n. 3448. La concessione di una misura alternativa alla detenzione e’ l’analisi della personalita’ individuale e la verifica della sua evoluzione psicologica

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1.Nell’escludere i presupposti applicativi della piu’ ampia misura alternativa chiesta dal condannato, il provvedimento in verifica ha condotto l’analisi del caso, partendo correttamente dalla considerazione della natura e della gravita’ dei reati accertati, soprattutto in materia di contraffazione di marchi industriali e di pirateria di prodotti fonografici e filmici, per i quali e’ stata irrogata la pena in espiazione, come emergente dagli atti del relativo procedimento, in merito ai quali ha motivatamente espresso un giudizio di disvalore, tale in se’ da precludere l’accesso al beneficio di maggior favore richiesto. Ha, quindi, ravvisato l’impossibilita’ di riscontrare lo svolgimento effettivo di attivita’ lavorativa quale muratore ed il rischio che egli, se ammesso alla piu’ ampia misura richiesta, possa nuovamente dedicarsi alla commissione di reati analoghi a quelli gia’ commessi.
1.1 In tal modo non ha considerato che la lettura sistematica delle varie disposizioni contenute nell’articolo 47 citato impone che la valutazione della richiesta di affidamento in prova, pur partendo dalla considerazione della natura e della gravita’ dei reati per i quali e’ stata irrogata la pena in espiazione, non possa mai prescindere dalla condotta tenuta dal condannato dopo la commissione degli illeciti e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini dell’apprezzamento dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva (Cass. sez. 1, n. 775 del 06/12/2013, Angilletta, rv. 258404; sez. 1, n. 18437 del 05/04/2013, Ottieri, rv. 255850; sez. 1, n. 1501 del 12/3/1998, Fatale, rv. 210553; sez. 1, n. 371 del 15/11/2001, Chifari, rv. 220473; sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, Gobbo, rv. 244322). Cio’ che la norma di riferimento, come interpretata dalla giurisprudenza, richiede per la concessione di una misura alternativa alla detenzione e’ l’analisi della personalita’ individuale e la verifica della sua evoluzione psicologica, che, partendo dal fatto di reato, si deve estendere ai precedenti e alle pendenze penali, agli eventuali progressi compiuti dal condannato nel periodo successivo ed ai comportamenti precedenti e successivi alla condanna (Cass. sez. 1, n. 5061 del 29/11/1999, Navone, rv. 214844), sulla scorta dei dati conoscitivi forniti dalla osservazione scientifica e dalle valutazioni offerte dal servizio sociale, allo scopo di accertare l’idoneita’ della misura alternativa a contribuire al reinserimento sociale del condannato ed a contenerne la sua pericolosita’ sociale, se tuttora esistente.
Ne discende che, al fine dell’assunzione della decisione sull’adozione di misure alternative alla detenzione, il giudice deve fondare la statuizione, espressione di un giudizio prognostico sulle future condotte del condannato, sui risultati del trattamento individualizzato come emersi dall’esame scientifico della personalita’ e la relativa motivazione deve dimostrare, con preciso riferimento alla fattispecie concreta, l’avvenuta considerazione di tutti gli elementi previsti dalla legge, che hanno giustificato l’accoglimento o il rigetto dell’istanza.
1.2 Nel caso in esame l’indagine condotta dal Tribunale di sorveglianza si e’ arrestata ai precedenti penali ed a quelli giudiziari riportati dal condannato, che sono stati oggetto di una valutazione generica, non addentratasi nella considerazione dei fatti e del loro disvalore effettivo. Difetta poi la valutazione critica degli esiti dell’opera di risocializzazione: nessun accenno e’ dato rinvenire nella motivazione alla personalita’ del ricorrente ed alla sua possibile evoluzione dopo la consumazione della condotta sanzionata, al comportamento piu’ recente, all’impegno profuso nel lavoro lecito come attestato dalla documentazione relativa all’impresa gestita, agli esiti della relazione di sintesi degli operatori penitenziari, ampiamente positiva e favorevole all’espiazione del residuo di pena in regime di affidamento. Non e’ stata dedicata alcuna attenzione nemmeno all’astensione dalla commissione di altri reati in tempi recenti e neppure se dalla stessa fosse deducibile un positivo indice del dedotto mutato atteggiamento del condannato rispetto alle pregresse esperienze criminose, nonostante la produzione da parte della difesa di ampia documentazione al riguardo.
In conseguenza dei plurimi profili di violazione di legge e di carenza motivazionale, s’impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per il rinnovato esame della domanda, che dovra’ attenersi ai principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnate e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.

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