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Si deduceva, in proposito, che l’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rovigo contro la sentenza di assoluzione emessa nei confronti dell’imputato (OMISSIS), nel giudizio di primo grado, aveva effetto pienamente devolutivo, con la conseguenza che, attribuendo al giudice di appello gli ampi poteri decisori previsti dall’articolo 597 c.p.p., comma 2, lettera b), legittimava la rivalutazione da parte della Corte territoriale veneziana dei profili processuali censurati dalla parte ricorrente.
Tenuto conto di queste incontroverse premesse sistematiche, non si comprendeva sulla base di quali elementi si riteneva che la Corte territoriale veneziana avesse violato i limiti posti alla sua decisione, nell’affrontare la questione relativa al concorso doloso nel reato di cui all’articolo 434 c.p., peraltro imposta dalla stessa impugnazione proposta dal pubblico ministero rodigino avverso l’assoluzione dell’imputato (OMISSIS).
Si evidenziava, in ogni caso, che l’assoluzione di (OMISSIS) per l’insussistenza del reato di cui al capo B, conseguente all’insussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie dell’articolo 434 c.p., rendeva secondaria la questione processuale oggetto di vaglio.
5.2.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, per la cui ricognizione si rinvia al paragrafo 4.2, i difensori di (OMISSIS) evidenziavano che tale doglianza si fondava su affermazioni generiche e prive di collegamento con le emergenze probatorie, che risultavano univocamente orientate in senso favorevole all’imputato.
Secondo la difesa di (OMISSIS), la doglianza in esame si fondava su una premessa, costituita dalla consapevolezza dell’imputato del comportamento dei suoi predecessori – (OMISSIS) e (OMISSIS) – che risultava indimostrata, oltre a postulare una rivalutazione di fatto degli elementi probatori acquisiti nei sottostanti giudizi, preclusa al giudice di legittimita’. Non si comprendeva, pertanto, sulla base di quali fonti di prova, nemmeno genericamente richiamate nel ricorso in esame, si era giunti alla conclusione che l’imputato fosse a conoscenza delle condotte illecite poste in essere dai suoi predecessori, apoditticamente collegate dalla parte ricorrente all’attivita’ dirigenziale di (OMISSIS).
Si evidenziava, infine, che il principio secondo cui la mancata eliminazione di una situazione di pericolo a opera dei terzi era una condizione negativa che concorreva a causare l’evento, nelle ipotesi di reati omissivi impropri, era inapplicabile alla fattispecie dell’articolo 434 c.p., sulla base di quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ consolidata, cui ci si riferiva diffusamente.
5.2.3. Quanto al terzo motivo del ricorso in esame, per la cui ricognizione si rinvia al paragrafo 4.3, la difesa di (OMISSIS) evidenziava che la Corte di appello di Venezia, al contrario di quanto affermato dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia, non aveva travisato il giudizio espresso dal Tribunale di Rovigo in tema di elemento soggettivo del reato contestato al capo B, censurando il percorso argomentativo seguito dal Giudice di primo grado sulla base di una corretta ricostruzione del compendio probatorio, fondata sui parametri ermeneutici affermati dalla Corte di cassazione nella sentenza emessa a conclusione del processo “Eternit” (Sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, cit.).
Ne discendeva che la Corte territoriale veneziana non condivideva, sulla base di argomentazioni giuridiche ineccepibili e supportate dalla giurisprudenza di legittimita’ consolidata, il percorso argomentativo seguito dal Tribunale di Rovigo in tema di elemento soggettivo del reato di cui all’articolo 434 c.p., comma 1, com’era evidente dal passaggio motivazionale esplicitato nelle pagine 68 e 69 della decisione impugnata, espressamente richiamato nelle memorie difensive in esame.
Si deduceva, in proposito, che il Giudice di appello veneziano, sulla base di un’ineccepibile ricostruzione delle conclusioni alle quali era pervenuto il Tribunale di Rovigo, fondava il respingimento dell’atto di appello proposto nei confronti di (OMISSIS) dal pubblico ministero rodigino, sull’assenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’articolo 434 c.p., comma 1, cosi’ come contestato al capo B della rubrica.
5.2.4. Quanto, infine, al quinto motivo del ricorso in esame, per la cui ricognizione si rinvia al paragrafo 4.5, i difensori di (OMISSIS) evidenziavano che tale doglianza richiedeva alla Corte di cassazione un’inammissibile rivalutazione dei dati epidemiologici acquisiti nel giudizio di primo grado, che risultavano correttamente valutati dalla Corte di appello di Venezia e imponevano di escludere la sussistenza di una situazione di pericolo per la pubblica incolumita’, indispensabile per la configurazione del reato di cui all’articolo 434 c.p., comma 1.
Si trascurava, al contempo, di considerare che l’operazione di ermeneutica processuale richiesta dalla parte ricorrente risultava finalizzata al compimento di un esame del merito delle deposizioni acquisite nel dibattimento di primo grado e dei dati epidemiologici raccolti dalle aziende sanitarie locali del territorio rodigino interessato dalle emissioni tossiche della Centrale termoelettrica di (OMISSIS), che fuoriusciva dagli ambiti di verifica e dai poteri giurisdizionali propri del giudizio di legittimita’.
Si pretendeva, dunque, che la Corte di cassazione compisse un vaglio di natura fattuale, precluso in sede di legittimita’, senza nemmeno allegare o riprodurre il contenuto degli atti e dei documenti richiamati a sostegno della doglianza in esame, in palese violazione del principio di autosufficienza degli atti di impugnazione, cosi’ come prefigurato dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte, diffusamente richiamata.
Si ribadiva, in ogni caso, l’infondatezza del quinto motivo del ricorso introduttivo del presente procedimento, sulla scorta degli argomenti enucleati nei punti I-X della censura in esame, esplicitati nelle pagine 14-16, che richiamavano gli argomenti esposti nell’atto di appello proposto davanti alla Corte di appello di Venezia, fondati sull’inidoneita’ del compendio probatorio acquisito a dimostrare che un evento di macro-inquinamento fosse stato cagionato da (OMISSIS) nel periodo in cui ricopriva la carica di amministratore delegato della societa’ (OMISSIS) s.p.a..
In definitiva, l’assoluzione di (OMISSIS) si imponeva, in conseguenza del fatto che nessuna prova era stata fornita nei sottostanti giudizi sulla verificazione di un marco-evento, quale presupposto per la configurazione di una situazione di pericolo concreto per la pubblica incolumita’, rilevante ai sensi dell’articolo 434 c.p., comma 1.
Queste ragioni imponevano la conferma della sentenza impugnata, limitatamente alla posizione dell’imputato (OMISSIS).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Venezia e’ inammissibile.
2. In via preliminare, e’ necessario richiamare i principi di carattere generale che consentono un corretto inquadramento sistematico della vicenda processuale in esame, alla luce dei parametri ermeneutici affermati da questa Corte.
2.1. La prima questione ermeneutica su cui occorre soffermarsi riguarda le imputazioni ascritte agli imputati, per le quali deve evidenziarsi che, in conseguenza del ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia, si procede per il reato di cui al capo B, contestato, ai sensi dell’articolo 81 c.p., comma 2, articoli 110 e 434 c.p., in forma semplice per l’imputato (OMISSIS) e in forma aggravata per gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS).
Deve, invero, rilevarsi che, nel ricorso in esame, vi e’ un contrasto tra la parte motivazionale – dalla quale si evince che l’impugnazione veniva proposta, in relazione all’aggravante di cui all’articolo 434 c.p., comma 2, sia per l’imputato (OMISSIS) sia per l’imputato (OMISSIS) – e le richieste conclusive, riguardanti, relativamente alla circostanza in questione, la sola posizione di (OMISSIS).
Tuttavia, tale discrasia espositiva deve ritenersi, all’evidenza, il frutto di un mero lapsus calami, atteso che dall’esposizione dei cinque motivi attraverso cui si articola il ricorso in esame si evince chiaramente che, relativamente all’aggravante di cui all’articolo 434 c.p., comma 2, l’impugnazione riguarda sia l’imputato (OMISSIS) sia l’imputato (OMISSIS).
2.1.1. Tanto premesso, deve evidenziarsi che, come si e’ gia’ detto nella prima parte di questa sentenza, il compendio probatorio del presente procedimento si basa essenzialmente su indagini epidemiologiche svolte sulla popolazione residente nell’area interessata dalle emissioni nocive della Centrale termoelettrica di (OMISSIS), sulla cui rilevanza processuale le decisioni di merito raggiungevano conclusioni differenti.
Secondo il Tribunale di Rovigo, il compendio probatorio consentiva di formulare un giudizio di colpevolezza nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), per il reato di cui all’articolo 434 c.p., comma 1, contestato al capo B, con la conseguente condanna degli imputati alla pena di 3 anni di reclusione; le fonti di prova acquisite nel giudizio di primo grado, invece, non consentivano di ritenere (OMISSIS) colpevole dell’ipotesi di cui al capo B, dalla quale veniva assolto.
Viceversa, secondo la Corte di appello di Venezia, l’impianto accusatorio non consentiva di collegare il pericolo per la salute pubblica conseguente alle emissioni tossiche prodotte dalla Centrale termoelettrica di (OMISSIS) alle condotte gestionali contestate agli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), succedutisi nella carica di amministratore delegato della societa’ (OMISSIS) s.p.a. dal (OMISSIS) al (OMISSIS).
In questa cornice, occorre evidenziare che le conclusioni raggiunte dai Giudici di merito divergono in ordine alla sussistenza del reato di cui al capo B della rubrica e alla qualificazione dell’evento disastroso collegato all’attivita’ produttiva della Centrale di (OMISSIS).
Assume, pertanto, rilievo preliminare, in relazione al reato di cui al capo B, l’inquadramento del delitto di disastro previsto dall’articolo 434 c.p., comma 1 e dell’ipotesi delittuosa di cui al comma 2 come fattispecie autonoma o aggravata dall’evento.
Risolto questo problema, occorre individuare la data di consumazione del reato contestato al capo B, avuto riguardo alla natura dell’evento disastroso preso in considerazione dall’articolo 434 c.p., dalla quale fare decorrere il computo dei termini di prescrizione, anche ai fini dell’eventuale applicazione dell’articolo 129 c.p.p..
In relazione al primo ordine di questioni, relativo all’inquadramento della fattispecie dell’articolo 434 c.p., comma 1, occorre prendere le mosse dall’ultimo intervento chiarificatore di questa Corte (Sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, cit.), cui ci si e’ gia’ riferiti nel paragrafo 4.3 della prima parte di questa sentenza, al quale si rinvia, che ha ricostruito l’ipotesi delittuosa in esame sulla scorta delle indicazioni ermeneutiche fornite dalla sentenza della Corte Costituzionale 1 agosto 2008, n. 327 e dagli arresti giurisprudenziali intervenuti sulla materia, collegati alla stessa pronuncia del Giudice delle leggi.
Fatta tale indispensabile premessa, occorre anzitutto osservare che questa Corte, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 64 della decisione di legittimita’ citata, intervenuta a conclusione del procedimento “Eternit”, evidenziava che, sulla base delle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 327 del 2008 (Corte Cost., sent. n. 327 del 2008), era possibile “delineare una nozione unitaria di “disastro”, i cui tratti qualificanti si apprezzano sotto un duplice e concorrente profilo. Da un lato, sul piano dimensionale, si deve essere al cospetto di un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi. Dall’altro lato, sul piano della proiezione offensiva, l’evento deve provocare un pericolo per la vita o per l’integrita’ fisica di un numero indeterminato di persone; senza che peraltro sia richiesta anche l’effettiva verificazione della morte o delle lesioni di uno o piu’ soggetti (…)” (Sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, cit.).
Veniva, in questo modo, individuata una nozione unitaria di disastro, che traeva il proprio fondamento sistematico dalla pronuncia della Corte costituzionale che si e’ richiamata e dalla giurisprudenza di legittimita’ consolidata (Sez. 3, n. 9418 del 16/01/2008, Agizza, Rv. 239160; Sez. 4, n. 19342 del 20/02/2007, Rubiero, Rv. 236140; Sez. 1, n. 30216 del 25/06/2003, Barilla’, Rv. 225504; Sez. 4, n. 1171 del 09/10/1997, Posfortunato, Rv. 210152; Sez. 1, n. 17549 del 21/12/1988, dep. 1989, Sequestro, Rv. 182862), da ultimo ribadita dalla decisione di legittimita’ intervenuta nel processo “Eternit”, che costituisce il punto di riferimento ermeneutico indispensabile per inquadrare la vicenda delittuosa in esame (Sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, cit.).
2.1.2. In questa cornice, occorre affrontare un primo problema, costituito dalla possibilita’ che la diffusione di polveri sottili, collegata all’attivita’ produttiva della Centrale di (OMISSIS), pur connotata da incontrovertibile pericolosita’ dato processuale, questo, che puo’ ritenersi pacifico, oltre a non essere contestato dagli imputati – possa ritenersi idonea a integrare l’evento distruttivo che, come si e’ detto nel paragrafo precedente, connota la nozione di disastro recepita nell’articolo 434 c.p., comma 1, sul cui inquadramento si incentrano le censure proposte dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia con l’atto di impugnazione in esame.
Si tratta, dunque, di verificare la possibilita’ di individuare un evento disastroso in un fenomeno non dirompente ed eclatante, ma diffuso, silente e penetrante, valutandone la compatibilita’, come evidenziato nel passaggio motivazionale esplicitato nelle pagine 64 e 65 della decisione di legittimita’ intervenuta nel processo “Eternit”, con la “necessita’, postulata dalla esigenza di determinatezza della fattispecie, che la teorica polivalenza del termine disastro trovi soluzione univoca nella omogeneita’ strutturale della relativa nozione da accogliersi ai fini dell’ipotesi in esame, rispetto ai “disastri” contemplati negli altri articoli compresi nel capo dei delitti di comune pericolo “mediante violenza” (…)” (Sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, cit.)”.
Si puo’, innanzitutto, ritenere pacifico che la fattispecie dell’articolo 434 c.p., nella parte in cui punisce il disastro innominato, svolge la funzione di norma di chiusura, mirando a riempire i vuoti di tutela, all’interno del capo del codice penale nel quale la disposizione in questione e’ inserita.
Ne discende che, nonostante l’inclusione della fattispecie di cui all’articolo 434 c.p. nell’ambito normativo che tratta specificamente del crollo, non si richiede che di tale fenomeno il disastro replichi le caratteristiche fenomeniche e naturalistiche, essendo evidente che puo’ farsi concretamente riferimento a un evento di natura eterogenea rispetto a quelli presi in considerazioni dalle altre fattispecie del capo in cui la disposizione in esame e’ inserita.
Occorre, al contempo, rilevare che, tenuto conto delle altre fattispecie incriminatrici disciplinate dal capo del codice penale in questione, e’ possibile escludere che la riconducibilita’ dei fenomeni disastrosi a un macroevento di dirompente portata distruttiva costituisca un requisito essenziale per la configurazione del reato di cui all’articolo 434 c.p..
Basti, in proposito, richiamare un altro fondamentale arresto giurisprudenziale di questa Corte, intervenuto in relazione al “Disastro di Porto Marghera” (Sez. 4, n. 4675 del 17/05/2006, dep. 2007, Bartalini, Rv. 235669), nel quale, nel passaggio motivazionale esplicitato nelle pagine 334 e 335 della decisione citata, si evidenziava che non tutte le ipotesi di disastro previste dal codice penale nell’ambito dei delitti contro l’incolumita’ pubblica si caratterizzano per l’esistenza di un macroevento di manifestazione esteriore immediata, potendo anche consistere in fenomeni persistenti ma impercettibili di durata pluriennale. Ne consegue che, alla fattispecie prevista dall’articolo 434 c.p., possono essere ricondotti “non soltanto gli eventi disastrosi di grande immediata evidenza (…) che si verificano magari in un arco di tempo ristretto, ma anche quegli eventi non immediatamente percepibili, che possono realizzarsi in un arco di tempo anche molto prolungato, che pure producano quella compromissione imponente delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettivita’ che consentono di affermare l’esistenza di una lesione della pubblica incolumita’ (…)”.
Queste connotazioni fenomeniche dell’evento disastroso, a ben vedere, si attagliano perfettamente alla vicenda processuale in esame, atteso che le emissioni tossiche prodotte dalla Centrale termoelettrica di (OMISSIS) si protraevano lungo un arco temporale pluriennale, compreso, per quanto di interesse ai presenti fini, tra il 1998 e il 2009 e coinvolgevano la gestione dello stabilimento industriale rodigino da parte dei diversi amministratori delegati che si erano succeduti alla guida della societa’ (OMISSIS) s.p.a.. Questi amministratori, in particolare, erano l’imputato (OMISSIS), che ricopriva la carica societaria contestata dal (OMISSIS) al (OMISSIS); l’imputato (OMISSIS), che ricopriva la carica societaria contestata dal (OMISSIS) al (OMISSIS); l’imputato (OMISSIS), che ricopriva la carica societaria contestata dal (OMISSIS) alla chiusura definitiva dello stabilimento di (OMISSIS), intervenuta nel (OMISSIS).
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