Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 19 gennaio 2018, n. 2209. Alla fattispecie prevista dall’art. 434 cod. pen., possono essere ricondotti non soltanto gli eventi disastrosi di grande immediata evidenza che si verificano magari in un arco di tempo ristretto, ma anche quegli eventi non immediatamente percepibili

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Le peculiari condizioni di operativita’ dello stabilimento industriale in questione, quindi, imponevano ai suoi gestori e ai vertici aziendali della societa’ (OMISSIS) s.p.a. – tra cui gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – di regolare l’attivita’ di produzione energetica, in modo da non mettere in pericolo l’incolumita’ pubblica dell’ambiente circostante e della popolazione che risiedeva in tale area, che occorreva salvaguardare.
Ne discendeva che, in presenza di una reiterata e sistematica violazione dei parametri imposti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988, il giudizio assolutorio formulato dalla Corte di appello di Venezia nei confronti degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per il delitto di cui all’articolo 434 c.p., comma 1, cosi’ come contestato al capo B, appariva espresso in contrasto con le emergenze probatorie. L’assoluzione degli imputati, infatti, risultava fondata sulla pretermissione dei dati epidemiologici che si sono richiamati, che imponeva di ritenere provata l’esistenza di una correlazione tra i fattori di inquinamento ambientale prodotti dal ciclo di produzione dello stabilimento di (OMISSIS) e le patologie respiratorie riscontrate nell’area geografica interessata da tale attivita’.
A fronte di queste univoche emergenze probatorie, dalla sentenza impugnata emergeva l’erroneo convincimento della Corte territoriale veneziana che il rispetto dei limiti stabiliti dalla disciplina normativa di riferimento impedisse di qualificare come antigiuridica l’emissione di sostanze inquinanti provocata dagli impianti di (OMISSIS). Nella decisione censurata, infatti, non si faceva alcun riferimento alla tossicita’ delle emissioni, alla quale, al contrario di quanto affermato dal Giudice di appello veneziano, la disciplina di settore si richiamava espressamente.
Secondo il Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia, infatti, i dati di incidenza epidemiologica sull’area rodigina imponevano di ritenere esistente una correlazione causale tra l’inquinamento prodotto dallo stabilimento di (OMISSIS) e le patologie respiratorie della popolazione residente, che non erano altrimenti spiegabili, tenuto conto delle dimensioni dell’evento disastroso in esame. Ne’ era possibile ipotizzare che l’eccesso statistico di morbilita’ riscontrato nell’area geografica in questione potesse essere causato da fattori causali differenti da quelli che si stanno considerando, non trovando tale ipotesi alcun fondamento scientifico.
Le discrasie argomentative censurate dalla parte ricorrente apparivano ancora piu’ evidenti alla luce di un ulteriore elemento probatorio, costituito dal fatto che i dati forniti dall’A.S.L. (OMISSIS), relativi al periodo compreso tra il 2004 e il 2006, testimoniavano un calo significativo delle patologie tumorali, del quale la Corte territoriale veneziana non aveva tenuto conto. Tali dati clinici venivano irragionevolmente disattesi dalla sentenza impugnata, che non dava atto della contestuale diminuzione, prossima all’azzeramento, delle quantita’ di fattori inquinanti immessi nell’atmosfera nello stesso arco temporale, che rendeva incontroversa l’esistenza di una correlazione tra l’emissione di sostanze tossiche riconducibili all’attivita’ di produzione dello stabilimento di (OMISSIS) e l’incremento di patologie respiratorie della popolazione locale.
Si evidenziava, infine, nel passaggio del ricorso in esame, esplicitato a pagina 12, che la sentenza impugnata “aveva ignorato i documenti che pure erano stati prodotti all’udienza del gennaio 2014 proprio in ordine all’equivoco suscitato dai consulenti (OMISSIS) – sui dati di mortalita’ per tumore al polmone, erroneamente presentati come riferibili all’area della Centrale (ASL (OMISSIS)) quando, invece, erano relativi all’ASL (OMISSIS), distante oltre 60 Km da quei luoghi. E a seguito della diminuzione (quasi azzeramento) della quantita’ di inquinanti immessi nell’aria della Centrale corrisponde, infatti, il venir meno dell’eccesso statistico di mortalita’ per tumore al polmone per la prima volta in un quarto di secolo”.
4.5. Con il quinto motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge della sentenza impugnata, conseguente al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse adeguatamente conto degli elementi costitutivi del delitto di cui all’articolo 434 c.p., cosi’ come contestato al capo B della rubrica, sotto il profilo dell’individuazione del pericolo per la pubblica incolumita’.
Si evidenziava, in proposito, che la decisione impugnata, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 82, espressamente richiamato a pagina 13 del ricorso in esame, riteneva necessario per la configurazione del pericolo per la pubblica incolumita’ richiesto dall’articolo 434 c.p. un “inquinamento atmosferico grave diffuso e macroscopico e come conseguenza un grave pericolo per la salute di un numero indeterminato di persone (…)”.
Partendo da tale premessa sistematica, ritenuta dalla parte ricorrente contrastante con la formulazione dell’articolo 434 c.p., che non richiede per la configurazione di tale ipotesi delittuosa la sussistenza di una situazione di pericolo connotata da gravita’, la Corte di appello di Venezia giungeva all’erronea conclusione della mancanza di prove della condizione di pericolosita’ per la pubblica incolumita’, sulla base dei dati epidemiologici forniti nella consulenza tecnica svolta dal professor (OMISSIS), cui ci si e’ gia’ riferiti.
Queste conclusioni dovevano ritenersi erronee sotto un duplice profilo.
Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia evidenziava anzitutto che, per integrare la situazione di pericolo prefigurata dall’articolo 434 c.p., era sufficiente l’astratta idoneita’ della condotta delittuosa a provocare l’effetto disastroso temuto, con una percentuale statistica che poteva anche essere modesta, atteso che l’elevata frequenza, al contrario di quanto affermato nella decisione di appello impugnata, era necessaria esclusivamente in riferimento ai comportamenti criminosi riconducibili ai reati di danno; categoria alla quale le condotte illecite degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non erano pacificamente riconducibili.
Nei reati di pericolo, infatti, assumeva rilevanza anche la bassa probabilita’ di verificazione dell’evento delittuoso considerato dalla fattispecie incriminatrice, laddove tale probabilita’, come nel caso in esame, risulti associata a circostanze connotate da univocita’ probatoria.
Queste conclusioni, del resto, risultavano avvalorate dalla sentenza “Franzese” (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222138), di cui, a pagina 13 del ricorso in esame, si richiamava il passaggio motivazionale esplicitato a pagina 15 della stessa decisione di legittimita’, in cui si osservava: “E’ indubbio che coefficienti medio-bassi di probabilita’ c.d. frequentista per tipi di evento, rivelati dalla legge statistica (e ancor piu’ da generalizzazioni empiriche del senso comune o da rilevazioni epidemiologiche), impongano verifiche attente e puntuali sia della fondatezza scientifica che della specifica applicabilita’ nella fattispecie concreta. Ma nulla esclude che anch’essi, se corroborati dal positivo riscontro probatorio, condotto secondo le cadenze tipiche della piu’ aggiornata criteriologia medico-legale, circa la sicura non incidenza nel caso di specie di altri fattori interagenti in via alternativa, possano essere utilizzati per il riconoscimento giudiziale del necessario nesso di condizionamento (…)”.
Ne’ era possibile affermare che un siffatto grado di probabilita’ di verificazione dell’evento disastroso non ricorresse nel caso di specie, costituendo un dato processuale incontroverso quello secondo cui, nell’area geografica interessata dalla Centrale termoelettrica di (OMISSIS), si riscontravano indici di morbilita’ collegati a patologie polmonari notevolmente superiori alle medie nazionali – quantomeno per i soggetti di sesso maschile – per un periodo di oltre 20 anni.
Il secondo elemento di discrasia argomentativa della sentenza impugnata evidenziato dalla parte ricorrente, con riferimento alla configurazione del reato di cui all’articolo 434 c.p., riguardava la circostanza che la Corte territoriale veneziana, nell’emettere la decisione assolutoria censurata, non aveva tenuto conto di tutti gli altri indicatori di pericolo per la pubblica incolumita’ acquisiti nel giudizio di primo grado, che non erano riconducibili alle sole conclusioni formulate dal professor (OMISSIS), peraltro valutate isolatamente e in termini svincolati dal compendio probatorio.
Ci si riferiva, in primo luogo, alla deposizione resa dal dottor (OMISSIS) all’udienza del 23/09/2013, celebrata davanti al Tribunale di Rovigo, cosi’ richiamata a pagina 13 del ricorso in esame: “C’e’ una corrispondenza tra i valori assoluti, diciamo previsti al suolo, quindi modelli elaborati da (OMISSIS) e i danni che abbiamo trovato nella flora lichenica. E prevedono anche dei livelli di inquinamento da SO2 che addirittura sopravanzano quelli che diciamo i limiti di legge (…). I valori di legge per la protezione della salute umana relativo all’anidride solforosa (…)”.
Nella stessa direzione, occorreva considerare il passaggio della deposizione resa dal dottor (OMISSIS), anch’esso richiamato a pagina 13 dell’impugnazione in esame, in cui si affermava che era “emersa una sostanziale corrispondenza tra le previsioni quantitative degli output di (OMISSIS) e i dati espressi dalla biodiversita’ lichenica (…)”.
Un ulteriore elemento sintomatico della situazione di pericolo per la pubblica incolumita’, rilevante ai sensi dell’articolo 434 c.p., erroneamente disatteso dalla Corte territoriale veneziana, era costituito dagli studi sulla mortalita’ per l’insorgenza di patologie tumorali svolti dalla A.S.L. (OMISSIS), cosi’ come richiamati nelle pagine 13 e 14 del ricorso in esame. Secondo tali studi epidemiologici, nell’arco temporale compreso tra il 1999 e il 2007 – valutato comparativamente con il periodo compreso tra il 1987 e il 1993 – la mortalita’ per tumori polmonari, nel territorio di competenza della stessa A.S.L., era in notevole aumento, sia per quanto riguardava la popolazione di sesso maschile sia per quanto riguardava la popolazione di sesso femminile.
Secondo la parte ricorrente, nella formulazione del giudizio assolutorio censurato, non si era nemmeno tenuto conto dei dati contenuti nel Registro tumori della Regione Veneto, che costituivano un ulteriore elemento sintomatico della situazione di pericolo per la pubblica incolumita’ causata dall’attivita’ produttiva svolta nello stabilimento di (OMISSIS).
Si evidenziava, infine, che, nella decisione impugnata, non si era tenuto conto delle gravissime conseguenze prodotte dalle emissioni inquinanti in esame sulle condizioni di resilienza dell’ecosistema, nel valutare le quali occorreva considerare che, per 25 anni, si era verificata una contaminazione atmosferica progressiva da parte della Centrale termoelettrica di (OMISSIS), che aveva determinato un deterioramento delle difese immunitarie degli organismi viventi di quell’area geografica.
Sulla scorta di tali considerazioni, la parte ricorrente, nel passaggio argomentativo esplicitato a pagina 14 del ricorso in esame, osservava conclusivamente che, anche se “non visivamente ed immediatamente percepibile, la compromissione delle caratteristiche di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettivita’ tale da determinare una lesione della pubblica incolumita’ puo’ realizzarsi in un periodo di tempo molto prolungato, come si verifica in caso in di immissioni tossiche che incidono sull’ecosistema e sulla qualita’ dell’aria respirabile, determinando processi di deterioramento anche di lunga durata dell’habitat umano”.
4.6. Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.
5. Occorre, in ultimo, dare conto del fatto che, nell’interesse degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), venivano depositate memorie difensive, in relazione al ricorso introduttivo del presente procedimento, di cui occorre dare separatamente conto.
5.1. L’imputato (OMISSIS), a mezzo degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), in data 21/12/2017, depositava una memoria difensiva con la quale venivano articolati i seguenti argomenti difensivi, distinti in relazione a ciascuno dei motivi del ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia.
5.1.1. Quanto al primo motivo di ricorso, per la cui ricognizione si rinvia al paragrafo 4.1, i difensori di (OMISSIS) evidenziavano che il tema del concorso nel reato di cui all’articolo 434 c.p., per la posizione del loro assistito, era assolutamente marginale ai fini del giudizio assolutorio espresso dai Giudici di merito nei suoi confronti.
Si evidenziava anzitutto che il ricorso introduttivo del presente procedimento trascurava di considerare l’effetto pienamente devolutivo del giudizio di appello, rispetto al quale il Giudice di secondo grado veneziano era legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a rivalutare, laddove ritenuto necessario, i punti della decisione impugnata che non avevano formato oggetto di specifica censura, non essendo vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di impugnazione, come affermato dalle Sezioni unite in un risalente e tuttora insuperato arresto (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231675).
Ne discendeva che, al contrario di quanto dedotto dalla parte ricorrente, la Corte di appello di Venezia era legittimata ad affrontare la questione relativa al concorso doloso nel reato di cui al capo B, ancorche’ non evidenziata espressamente negli atti di appello, in conseguenza del fatto che l’impugnazione presentata dal pubblico ministero rodigino imponeva di considerare tutti i punti e i capi della decisione della decisione di primo grado, in conseguenza dell’effetto devolutivo di cui si e’ detto.
Si evidenziava, al contempo, che il tema del concorso doloso veniva trattato dalla Corte territoriale veneziana esclusivamente nell’ambito delle considerazioni preliminari della decisione impugnata; mentre, il fulcro della pronuncia in esame era costituito dalla ritenuta insussistenza del reato di cui all’articolo 434 c.p., sia sotto il profilo dell’elemento oggettivo sia sotto il profilo dell’elemento soggettivo.
5.1.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, per la cui ricognizione si rinvia al paragrafo 4.2, i difensori di (OMISSIS) evidenziavano che l’articolazione di tale doglianza si sviluppava attraverso argomenti generici e prospettati in termini apodittici, non comprendendosi sulla base di quali elementi di giudizio era possibile affermare la consapevolezza dell’imputato in ordine all’operato gestionale del suo predecessore e del suo successore.
Queste considerazioni, infatti, non tenevano conto della circostanza che i reati omissivi impropri comportano la punibilita’ del soggetto attivo sulla base della clausola di equivalenza prefigurata dall’articolo 40 c.p., comma 2, che, nel caso in esame, il Giudice di appello veneziano, sulla base di un percorso argomentativo ineccepibile, riteneva di non potere applicare nei confronti di (OMISSIS).
Si deduceva, in proposito, che la mancata eliminazione di una situazione di pericolo a opera di terzi costituisce una condizione negativa che concorre a causare l’evento delittuoso, che deve essere valutata unitamente al presupposto che si proceda per reati colposi e non gia’, come nel caso in esame, che si proceda per reati dolosi.
5.1.3. Quanto al terzo motivo del ricorso in esame, per la cui ricognizione si rinvia al paragrafo 4.3, la difesa dell’imputato (OMISSIS) evidenziava che tale doglianza era inammissibile, non individuando profili della sentenza impugnata censurabili, ma limitandosi a esprimere, in termini meramente assertivi, convinzioni non supportate da elementi probatori in ordine alla consapevolezza delle emissioni tossiche collegate all’attivita’ produttiva della Centrale termoelettrica di (OMISSIS).
Tuttavia, tali considerazioni non tenevano conto del fatto che il compendio probatorio acquisito aveva dimostrato l’assenza del dolo di disastro in capo a (OMISSIS), per configurare il quale sarebbe stata necessaria la volonta’ dell’imputato di cagionare l’evento inquinante oggetto di contestazione, agendo con tale specifico fine, rispetto al quale non era ipotizzabile che (OMISSIS) avesse semplicemente accettato di determinarlo, atteso che tale atteggiamento non sarebbe stato sufficiente a concretizzare l’elemento soggettivo richiesto per la configurazione della fattispecie di cui all’articolo 434 c.p..
Si richiamava, in proposito, la giurisprudenza consolidata di questa Corte (Sez. 1, n. 41306 del 07/10/2009, Scola, Rv. 245039), secondo la quale si ha dolo diretto solo quando la volonta’ dell’agente, al contrario di quanto riscontrabile nel caso in esame, e’ diretta al perseguimento di un determinato risultato, rispetto al quale si ritengono voluti gli effetti comunque previsti, come possibili o anche solo astrattamente verificabili.
La difesa di (OMISSIS), al contempo, evidenziava che, per la configurazione della fattispecie di cui all’articolo 434 c.p., si richiede che l’agente abbia commesso un fatto diretto a provocare un evento disastroso, con la conseguenza che nell’ipotesi in cui il fatto sia stato posto in essere non per conseguire tale risultato ma altre finalita’, difettano sia l’elemento oggettivo sia l’elemento soggettivo del reato. Ne consegue che e’ possibile ipotizzare il dolo eventuale nei reati di disastro solo a condizione che il soggetto attivo non si sia determinato alla consumazione della condotta con un determinato obiettivo, teso a provocare un disastro.
5.1.4. Quanto al quarto motivo del ricorso in esame, per la cui ricognizione si rinvia ai paragrafi 4.1 e 4.1.1, i difensori di (OMISSIS) evidenziavano che tale doglianza era inammissibile, richiedendo alla Corte di cassazione una rivalutazione, non consentita in sede di legittimita’, degli elementi di fatto utilizzati dalla Corte di appello di Venezia per pervenire a un giudizio assolutorio nei confronti dell’imputato.
A tali dirimenti considerazioni, occorreva aggiungere che tutti gli atti processuali richiamati dalla parte ricorrente a sostegno della doglianza in esame non venivano ne’ allegati ne’ trascritti nel ricorso introduttivo del presente procedimento, con la conseguente violazione del principio di autosufficienza degli atti di impugnazione.
Si osservava, al contempo, che l’assunto su cui la doglianza in oggetto si fondava risultava smentita dalle emergenze probatorie, trascurando di considerare che la condotta censurata risultava legislativamente consentita, se non addirittura imposta dal governo dell’epoca, con la conseguenza di non permettere di affermare l’antigiuridicita’ del comportamento di (OMISSIS) in presenza di interventi legislativi specificamente finalizzati ad autorizzare l’attivita’ produttiva svolta dalla Centrale termoelettrica di (OMISSIS).
La parte ricorrente, infatti, sosteneva la sussistenza del reato di cui all’articolo 434 c.p., senza tenere conto del fatto che le emissioni della Centrale di (OMISSIS) risultavano sempre contenute entro i limiti previsti dalla legge, ritenendo erroneamente che, a prescindere dall’osservanza delle prescrizioni normative, vi era stata una compromissione della qualita’ dell’aria e della salute dei cittadini, rispetto alla quale non si erano attivati i meccanismi impeditivi necessari a determinare la concretizzazione di un pericolo per la pubblica incolumita’ dei soggetti residenti nell’area geografica rodigina interessata dalle emissioni tossiche.
Tale impostazione processuale, dunque, non teneva conto della liceita’ della condotta di (OMISSIS), conseguente all’osservanza delle prescrizioni normative di cui si e’ detto, affermando in termini apodittici il coinvolgimento concorsuale dell’imputato sulla base di un indimostrato peggioramento delle emissioni tossiche prodotte dalla Centrale termoelettrica di (OMISSIS).
Ne’ potevano rilevare in senso contrario i dati provenienti dal Registro tumori del Veneto, richiamati genericamente e senza le indicazioni documentali indispensabili all’inquadramento della rilevanza epidemiologica degli elementi addotti a sostegno della doglianza in questione. Tale richiamo, infatti, trascurava di considerare che la stessa decisione del Tribunale di Rovigo aveva ritenuto scarsamente attendibili i dati provenienti dal Registro tumori del Veneto, in conseguenza del fatto che non era stata esplicitata la metodologia scientifica sulla base della quale si stabiliva un collegamento tra l’attivita’ produttiva dello stabilimento di (OMISSIS) e le patologie respiratorie oggetto di osservazione nosografica.
5.1.5. Quanto, infine, al quinto motivo del ricorso in esame, per la cui ricognizione si rinvia al paragrafo 4.5, la difesa dell’imputato (OMISSIS) evidenziava che tale doglianza si sviluppava su un piano meramente fattuale, effettuando un’interpretazione delle risultanze probatorie alternativa a quella posta a fondamento della decisione impugnata, in assenza di elementi che legittimassero una siffatta lettura del compendio probatorio.
Si evidenziava, in proposito, che la parte ricorrente pretendeva il compimento di un siffatto percorso valutativo senza allegare o anche solo riprodurre gli elementi probatori su cui fondava le proprie deduzioni processuali, violando il principio di autosufficienza degli atti di impugnazione, negli stessi termini censurati con riferimento al quarto motivo di ricorso.
Ne discendeva che la parte ricorrente si limitava a richiedere una rilettura degli elementi probatori non supportata da specifiche allegazioni processuali e contrastante con i poteri riconosciuti al giudice di legittimita’. Il ricorrente, dunque, si limitava a richiamare nuovi e differenti parametri di valutazione dei fatti in contestazione, affermandone la maggiore plausibilita’ in termini apodittici, senza effettuare alcuna allegazione probatoria idonea a supportare tali conclusioni processuali.
Queste ragioni processuali imponevano la conferma della sentenza impugnata, limitatamente alla posizione dell’imputato (OMISSIS).
5.2. L’imputato (OMISSIS), a mezzo degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), in data 21/12/2017, depositava una memoria difensiva, con la quale si censuravano i singoli motivi del ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia.
5.2.1. In questa cornice, preliminarmente la difesa di (OMISSIS) eccepiva la carenza di legittimazione all’impugnazione del Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia, conseguente al fatto che, a fronte dell’intervenuta assoluzione dell’imputato dal reato di cui al capo B, non era stato presentato alcun ricorso delle parti civili, legittimante l’intervento di questa Corte, per effetto del combinato disposto degli articoli 576 e 622 c.p.p..
A sostegno di queste argomentazioni si richiamava la giurisprudenza di legittimita’ consolidata, cui ci si riferiva diffusamente nelle pagine 2-4 delle memorie in esame.
Passando a considerare le singole censure difensive, quanto al primo motivo di ricorso, per la cui ricognizione si rinvia al paragrafo 4.1, la difesa di (OMISSIS) evidenziava che tale doglianza trascurava la piena devoluzione della cognizione del giudice di appello, su tutti i capi e i punti della sentenza impugnata, che rendeva destituito di fondamento l’assunto da cui muoveva la parte ricorrente, che risultava palesemente in contrasto con la giurisprudenza di legittimita’ consolidata, analiticamente esaminata.

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