Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 19 gennaio 2018, n. 2209. Alla fattispecie prevista dall’art. 434 cod. pen., possono essere ricondotti non soltanto gli eventi disastrosi di grande immediata evidenza che si verificano magari in un arco di tempo ristretto, ma anche quegli eventi non immediatamente percepibili

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2.1.3.1. Sulla base delle considerazioni che si sono esposte nel paragrafo precedente e della conseguente individuazione del dies a quo per il computo dei termini di prescrizione, anche il problema della data di consumazione del reato aggravato dall’evento, appare risolvibile nel senso che la concretizzazione dell’evento disastroso – che peraltro non e’ riscontrabile nel caso in esame sposta la data di consumazione del delitto di cui all’articolo 434 c.p., comma 2.
Ne discende che la prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione e che la stessa si ha quando la causa imputabile ha prodotto interamente l’evento disastroso che forma oggetto della norma incriminatrice. Sul punto, non si puo’ che richiamare il principio di diritto affermato nella sentenza di legittimita’ emessa a conclusione del processo “Eternit”, secondo cui: “Nel delitto previsto dal capoverso dell’articolo 434 c.p., il momento di consumazione del reato coincide con l’evento tipico della fattispecie e quindi con il verificarsi del disastro, da intendersi come fatto distruttivo di proporzioni straordinarie dal quale deriva pericolo per la pubblica incolumita’, ma rispetto al quale sono effetti estranei ed ulteriori il persistere del pericolo o il suo inveramento nelle forme di una concreta lesione; ne consegue che non rilevano, ai fini dell’individuazione del “dies a quo” per la decorrenza del termine di prescrizione, eventuali successivi decessi o lesioni pur riconducibili al disastro” (Sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, Rv. 262789).
D’altra parte, non ci sono argomenti sistematici che consentano di affermare che nella nozione di evento di cui all’articolo 434 c.p., comma 2 rientrino solo i risultati che sono assunti come elementi costitutivi del reato e non anche quelli che importano un aggravamento della pena. Di conseguenza, per le ipotesi di reato aggravato dall’evento disciplinate dall’articolo 434 c.p., comma 2, la progressione criminosa si interrompe con il verificarsi dell’evento disastroso, che deve essere individuato nel caso di specie dall’aumento delle patologie respiratorie riscontrate nei minori di eta’ pediatrica, compiutamente descritto nella tabella 4 del capo B della rubrica (Sez. 1, n. 2181 del 13/12/1994, Graniano, Rv. 200414; Sez. 5, n. 7119 del 20/06/1972, Sabatini, Rv. 122150).
Non e’, invero, dubitabile che, nelle ipotesi in cui l’evento disastroso aggravante e’ previsto come finalita’ originaria dell’agente, l’approfondimento della lesione e’ tipizzato nella stessa norma incriminatrice alla stregua di una conseguenza legata alla sua condotta illecita, in relazione alla quale, come evidenziato nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 72 della decisione di legittimita’ intervenuta nel processo “Eternit”, si configura “un doppio evento, il secondo dei quali non rappresenta mero effetto dannoso esterno alla fattispecie astratta ma e’ per ogni aspetto evento interno ad essa, persino sotto il profilo del dolo, e percio’ tipico, seppure non necessario per il perfezionamento nella forma “minima”, prevista per il titolo” (Sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, cit.).
Deve, pertanto, deve riconoscersi che, nell’ipotesi di cui all’articolo 434 c.p., comma 2, la realizzazione dell’evento disastroso costituisce un elemento di aggravamento del delitto disciplinato dal primo comma della stessa fattispecie incriminatrice, fermo restando che la data di consumazione del reato in questione non puo’ che farsi coincidere con il momento in cui l’evento disastroso si e’ realizzato.
Assume, pertanto, rilievo decisivo, ai fini dell’inquadramento della disciplina prescrizionale applicabile nelle ipotesi di cui all’articolo 434 c.p., comma 2, tenuto conto del momento di consumazione del reato, la questione dell’individuazione del verificarsi del disastro, che costituisce l’evento tipico della fattispecie in aggravata in esame.
Osserva, in proposito, il Collegio che la fattispecie in esame si riferisce, nel suo comma 2, al solo evento disastroso, non considerando le lesioni o le morti come eventi ulteriori, neppure sotto forma di aggravante; il che rende, all’evidenza, smentita dalle emergenze probatorie l’assunto processuale posto a fondamento dell’atto di impugnazione in esame, teso a correlare l’evento disastroso prodotto dallo stabilimento di (OMISSIS) ai dati epidemiologici, collegati all’insorgenza delle patologie respiratorie, nei minori di eta’ pediatrica, acquisiti nel corso delle indagini preliminari.
L’incolumita’ personale e collettiva, del resto, incide sulla fattispecie prevista dall’articolo 434 c.p. esclusivamente sotto il profilo della pericolosita’ ovvero della proiezione offensiva del comportamento illecito dell’agente, che ha per oggetto un evento materiale di natura disastrosa da intendere come fatto distruttivo di proporzioni straordinarie, qualitativamente caratterizzato dalla pericolosita’ della condotta.
Questa connotazione di pericolosita’ dell’evento disastroso, dunque, e’ indispensabile ai fini della configurazione della fattispecie di cui all’articolo 434 c.p., prescindendo, fatta salva la ricorrenza dell’aggravante di cui al secondo comma della stessa norma, dalle conseguenze concrete per l’incolumita’ delle persone, che rilevano ai soli fini della dimensione offensiva dell’ipotesi delittuosa in esame.
D’altra parte, il pericolo per la pubblica incolumita’ non puo’ essere ritenuto, in quanto tale, un macroevento naturalistico, costituendo, sul piano dogmatico, l’espressione di un giudizio qualitativo di probabilita’, che consente di collegare causalmente due fatti materiali, con la conseguenza che le connotazioni di pericolosita’ rilevano esclusivamente sotto il profilo probatorio, consentendo di ritenere sussistente il rischio di verificazione dell’evento disastroso prefigurato dall’articolo 434 c.p. (Sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, cit.).
Ne’ potrebbe essere diversamente, atteso che, come evidenziato nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 77 della decisione di legittimita’ intervenuta nel processo “Eternit”, il reato di disastro innominato “contempla, nella forma aggravata, un evento che e’ appunto il disastro verificatosi; il disastro e’ da intendere, perche’ sia assicurata, seguendo le rime obbligate desumibili dalla descrizione degli “altri disastri” nominati contemplati nel medesimo Capo I, la sufficiente determinatezza della fattispecie, come un fenomeno distruttivo naturale di straordinaria importanza (…); il pericolo per la pubblica incolumita’, in cui risiede la ragione della incriminazione e che individua il bene protetto, funge da connotato ulteriore del disastro e serve a precisarne sul piano della proiezione offensiva le caratteristiche (…); il persistere del pericolo, e tanto meno il suo inveramento quale concreta lesione dell’incolumita’, non sono richiesti per la realizzazione del delitto (…) e non essendo elementi del fatto tipico non possono segnare la consumazione del reato” (Sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, cit.).
2.1.4. Sulla scorta delle considerazioni che si sono esposte nei paragrafi precedenti, occorre affrontare il problema della prescrizione del reato di disastro, contestato al capo B agli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che costituisce la questione centrale del presente procedimento.
Osserva, in proposito, il Collegio che, nel caso di specie, la consumazione del reato di disastro non puo’ considerarsi protratta oltre il momento in cui ciascuno degli imputati cessava dalla carica di amministratore delegato della societa’ (OMISSIS) s.p.a., conformemente a quanto affermato nella sentenza di legittimita’ emessa nel processo “Eternit” (Sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, cit.).
Tali attivita’ gestionali, al contempo, non possono essere valutate unitariamente, imponendo un frazionamento delle responsabilita’ attribuite a ciascuno degli imputati, concordemente a quanto affermato dalla Corte di appello di Venezia nella sentenza impugnata.
Ne deriva che la responsabilita’ dell’imputato (OMISSIS), per l’ipotesi di cui all’articolo 434 c.p., comma 1 si collega al ruolo di amministratore delegato, ricoperto in seno alla societa’ (OMISSIS) s.p.a. dal (OMISSIS) al (OMISSIS); la responsabilita’ dell’imputato (OMISSIS) si collega al ruolo di amministratore delegato, ricoperto in seno alla societa’ (OMISSIS) s.p.a. dal (OMISSIS) al (OMISSIS); la responsabilita’ dell’imputato (OMISSIS) – fermo restando quanto si e’ gia’ affermato a proposito della sua estraneita’ ai fatti delittuosi contestatigli al capo B della rubrica – si collega al ruolo di amministratore delegato, ricoperto in seno alla societa’ medesima dal (OMISSIS) alla chiusura definitiva dello stabilimento di (OMISSIS), intervenuta nel (OMISSIS).
In questa cornice, come si dira’ piu’ avanti, nei paragrafi 3 e 4, cui sin d’ora si deve rinviare, appaiono recessive rispetto alla rilevazione della prescrizione del delitto contestato al capo B, ai sensi dell’articolo 434 c.p., comma 1, tutte le altre questioni censorie sollevate dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia nel suo ricorso.
Si consideri, in ogni caso, che nessuna delle questioni processuali sollevate dalla parte ricorrente potrebbe portare a un risultato diverso da quello recepito in questa sentenza, pur dovendosi ribadire la necessita’ di differenziare le posizioni degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) da quella dell’imputato (OMISSIS).
2.1.4.1. Con riferimento alla posizione di (OMISSIS) e (OMISSIS), prevale la regola dell’immediata declaratoria di estinzione del reato di cui al capo B, la cui causa che impone di ritenere inammissibile il ricorso in esame per carenza di interesse all’impugnazione – essendosi verificata prima dell’emissione della sentenza di primo grado pronunciata il (OMISSIS)2014 e non dipendendo da ulteriori verifiche giurisdizionali, riservate al giudice del merito, inibisce la retrocessione del giudizio e travolge tutte le statuizioni civili rese o reclamate. Sul punto, non si puo’ che richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: “Il giudice di appello che, nel pronunciare declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, accerti che la prescrizione del reato e’ maturata prima della sentenza di primo grado deve contestualmente revocare le statuizioni civili in essa contenute, con la conseguenza che e’ illegittima, in tal caso, la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile” (Sez. 5, n. 44826 del 28/05/2014, Regoli, Rv. 261815; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, n. 9081 del 21/02/2013, Colucci, Rv. 255054; Sez. 2, n. 5705 del 29/01/2009, Somma, Rv. 243290; Sez. 6, n. 33398 del 19/09/2002, Rusciano, Rv. 33398; Sez. 4, n. 10300 del 25/09/1997, De Meo, Rv. 209408; Sez. 2, n. 3899 del 21/12/1990, Pizzillo, Rv. 187300).
Tali conclusioni si impongono anche alla luce del risalente arresto giurisprudenziale, che ha ridefinito l’ambito di applicazione dell’articolo 578 c.p.p., secondo cui: “E’ illegittima la sentenza d’appello nella parte in cui, accertando che la prescrizione del reato e’ maturata prima della pronuncia di primo grado, conferma le statuizioni civili in questa contenute; in tale ipotesi, infatti, non sussistono i presupposti in presenza dei quali l’articolo 578 c.p.p. consente al giudice dell’impugnazione di decidere sugli effetti civili anche nel caso in cui dichiari l’estinzione del reato” (Sez. U, n. 10086 del 13/07/1998, Citaristi, Rv. 211191).
In questo contesto ermeneutico, deve rilevarsi che il termine massimo di prescrizione per l’ipotesi di cui all’articolo 434 c.p., comma 1 deve essere individuato in 7 anni e 6 mesi, applicando la nuova disciplina della prescrizione piu’ favorevole per gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), desumibile dal combinato disposto dell’articolo 157 c.p. e articolo 161 c.p., comma 2. Tali termini si computano individuando la prescrizione in 6 anni, cui si aggiungono ulteriori 1 anno e 6 mesi, per effetto dell’aumento di un quarto ex articolo 161 c.p., comma 2.
A tali termini prescrizionali, occorre aggiungere ulteriori 21 giorni di sospensione, conseguenti al rinvio dall’udienza dell’08/07/2013, per effetto dell’adesione dei difensori degli imputati all’astensione proclamata dagli organismi di categoria.
Ne discende che il reato di cui all’articolo 434 c.p., comma 1, cosi’ come ritenuto nelle sentenze di merito, risulta prescritto per l’imputato (OMISSIS) alla data del (OMISSIS)2009; mentre, per l’imputato (OMISSIS) tale ipotesi delittuosa risulta prescritta alla data del (OMISSIS)2012.
In entrambi i casi, dunque, la prescrizione del reato per la quale veniva riconosciuta la colpevolezza degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) da parte del Tribunale di Rovigo interveniva in epoca antecedente all’emissione della sentenza di primo grado, pronunciata il (OMISSIS)2014. Tale decorso dei termini prescrizionali impone di ritenere inammissibile il ricorso in esame per carenza di interesse all’impugnazione, nei termini di cui al paragrafo 3, cui si rinvia.
Occorre, infine, ribadire che, per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di primo grado, vengono conseguentemente meno tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni, essendo ogni decisione in proposito preclusa dagli articoli 538 e 578 c.p.p., che legano la potesta’ del giudice penale a provvedere sulle domande civili all’esistenza di una condanna a tali effetti, almeno di primo grado.
2.1.4.2. Ad analoghe conclusioni, sia pure sulla base di argomentativo differente, deve giungersi per la posizione processuale dell’imputato (OMISSIS), nei cui confronti i termini di prescrizione risultano decorsi alla data del 21/02/2017, in epoca successiva alla sentenza di appello – emessa il 18/01/2017 – ma antecedente alla data di proposizione del ricorso da parte del Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia, recante la data dell’01/06/2017.
Nel valutare gli effetti del decorso dei termini di prescrizione del reato di cui al capo B, in relazione all’imputato (OMISSIS), sui quali ci si soffermera’ nel paragrafo 4, cui sin d’ora si rinvia, occorre tuttavia tenere presenti gli elementi di differenziazione esistenti tra la sua posizione e quella degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), atteso che, per questi ultimi, i giudizi di merito – a differenza di quanto riscontrabile per (OMISSIS), assolto in entrambi i sottostanti processi – risultavano difformi, essendo stati i predetti imputati condannati dal Tribunale di Rovigo e assolti dalla Corte di appello di Venezia.
In questa cornice, occorre evidenziare che, nei confronti di (OMISSIS), per effetto del combinato disposto degli articoli 576 e 622 c.p.p., la legittimazione all’annullamento della sentenza assolutoria agli effetti della responsabilita’ civile, spettava esclusivamente alle parti civili costituite, atteso che, in presenza di una causa di estinzione del reato, l’annullamento della decisione di assoluzione nel merito, conforme nei sottostanti giudizi, era possibile solo attraverso un ricorso per cassazione, proposto agli effetti della responsabilita’ civile.
Pertanto, il decorso dei termini prescrizionali, in assenza di un’impugnazione delle parti civili costituite, impone di ritenere inammissibile il ricorso in esame per carenza di interesse all’impugnazione del Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia, nei termini di cui al paragrafo 4, cui si rinvia ulteriormente.
2.2. La seconda questione ermeneutica di carattere generale su cui occorre soffermarsi riguarda la possibilita’ di configurare l’aggravante prevista dall’articolo 434 c.p., comma 2 cosi’ come contestata agli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS). Tale ipotesi delittuosa aggravata, come si e’ gia’ detto, non risulta contestata all’imputato (OMISSIS), per il quale non si pone il problema della ricorrenza della circostanza in questione.
Su questi profili ermeneutici ci si e’ gia’ soffermati, in termini generali, nei paragrafi 2.1.3 e 2.1.3.1, cui si deve rinviare, pur apparendo indispensabili alcune ulteriori precisazioni, finalizzate a evidenziare la correttezza del percorso argomentativo seguito dai Giudici di merito, concorde sul punto, per escludere l’aggravante di cui all’articolo 434 c.p., comma 2, cosi’ come contestata agli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) al capo B della rubrica.
Questa operazione di ermeneutica processuale, dunque, deve essere compiuta tenendo presenti gli esiti giurisdizionali ai quali pervenivano le decisioni di merito, che, sull’esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 434 c.p., comma 2, appaiono sovrapponibili e non presentano discrasie argomentative meritevoli di censura.
Deve anzitutto rilevarsi che il Tribunale di Rovigo, nella sentenza emessa il (OMISSIS)2014, escludeva che l’aumento di incidenza delle patologie respiratorie, evidenziato dall’incremento dei ricoveri ospedalieri dei minori di eta’ pediatrica compiutamente descritto nella tabella 4 del capo B della rubrica, riscontrato nell’arco temporale compreso tra il 1998 e il 2002, potesse considerarsi un evento disastroso, rilevante ai fini del riconoscimento dell’aggravante prevista dall’articolo 434 c.p., comma 2, contestata agli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS). Tali conclusioni venivano recepite e ulteriormente ribadite dalla decisione di secondo grado, emessa dalla Corte di appello di Venezia il (OMISSIS)2017, che, sulla scorta dei dati epidemiologici acquisiti nel sottostante giudizio, escludeva che l’aumento dei ricoveri ospedalieri, sopra richiamato, potesse costituire un disastro, legittimante l’applicazione dell’aggravante in questione.
Per giungere a queste conclusioni, il Tribunale di Rovigo richiamava i principi affermati nella sentenza della Corte Costituzionale n. 327 del 2008, citando il passaggio motivazionale della predetta decisione, esplicitato nelle pagine 7 e 8, in cui si evidenziava che “l’analisi d’insieme dei delitti compresi nel capo I del titolo VI consenta, in effetti, di delineare una nozione unitaria di “disastro”, i cui tratti qualificanti si apprezzano sotto un duplice e concorrente profilo. Da un lato, sul piano dimensionale, si deve essere al cospetto di un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi. Dall’altro lato, sul piano della proiezione offensiva, l’evento deve provocare (…) un pericolo per la vita o per l’integrita’ fisica di un numero indeterminato di persone; senza che peraltro sia richiesta anche l’effettiva verificazione della morte o delle lesioni di uno o piu’ soggetti (…)” (Corte Cost., sent. n. 327, cit.).
Si evidenziava, al contempo, mediante il richiamo del passaggio motivazionale della stessa decisione del Giudice delle leggi, esplicitato a pagina 9, che “il concetto di “incolumita’” deve essere difatti inteso (…) nel suo preciso significato filologico, ossia come un bene, che riguarda la vita e l’integrita’ fisica delle persone (…)”. Ne conseguiva che il pericolo per la pubblica incolumita’ “viene cioe’ a designare (…) la messa a repentaglio di un numero non preventivamente individuabile di persone, in correlazione alla capacita’ diffusiva propria degli effetti dannosi dell’evento qualificabile come disastro” (Corte cost., sent. n. 327, cit.).
Sulla scorta di tali parametri ermeneutici, il Tribunale di Rovigo evidenziava che, nel caso di specie, non era ravvisabile l’effettiva produzione di un evento disastroso, tenuto conto delle condotte delittuose contestate agli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS).
A sostegno di tali conclusioni, il Giudice di primo grado richiamava la consulenza tecnica del professor (OMISSIS), sulla base della quale era possibile affermare il prodursi, nelle aree geografiche interessate dalle emissioni tossiche della Centrale di (OMISSIS), di un modesto incremento dei ricoveri ospedalieri di minori di eta’ pediatrica pari all’11% per patologie respiratorie, quantificabile in 76 ricoveri su un numero complessivo di 674 ricoveri, riguardante l’arco temporale compreso tra il 1998 e il 2002. Tuttavia, tale dato epidemiologico, come evidenziato dallo stesso consulente tecnico, nel passaggio motivazionale richiamato a pagina 78 della decisione di primo grado, risultava inidoneo a fornire informazioni sull’effettiva gravita’ delle infermita’ esaminate e sul numero di minori ricoverati, non potendosi escludere, in assenza di elementi certi, di una pluralita’ di ricoveri relativi allo stesso soggetto.
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