Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 12 gennaio 2018, n. 658. In tema di industrial design

In tema di industrial design, il valore dell’opera consiste non già nella diversità della stessa rispetto ad altre preesistenti, che attiene piuttosto al profilo della creatività, ma in un quid pluris la cui prova spetta alla parte che ne invoca la protezione, e che può essere ricavato da una serie di parametri, non tutti compresenti, quali la creazione da parte di un noto artista, il riconoscimento della sussistenza di qualità estetiche ed artistiche da parte degli ambienti culturali e istituzionali, l’esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l’attribuzione di premi, ovvero il raggiungimento di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato alla sua funzionalità.

Ordinanza 12 gennaio 2018, n. 658
Data udienza 11 luglio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28553/2012 R.G. proposto da:

(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);

– controricorrente –

e

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, Sezione specializzata per la proprieta’ industriale ed intellettuale, n. 3625/11 depositata il 25 novembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 luglio 2017 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

FATTI DI CAUSA

1. L’ (OMISSIS) S.r.l. convenne in giudizio la (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS), per sentir accertare che i pastori per presepe prodotti dalla prima e commercializzati dal secondo costituivano violazione dei diritto d’autore ad essa spettante, nonche’ oggetto di concorrenza sleale ai sensi dell’articolo 2598 cod. civ., e per sentirne disporre l’immediato ritiro dal mercato, con ordine di astenersi dalla prosecuzione della predetta condotta e condanna dei convenuti al risarcimento dei danni o, in subordine, al pagamento dell’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento.

Si costitui’ la (OMISSIS) e resistette alla domanda, chiedendone il rigetto.

1.1. Con sentenza del 28 maggio 2009, il Tribunale di Napoli, Sezione specializzata per la proprieta’ industriale ed intellettuale, rigetto’ la domanda.

2. L’impugnazione proposta dall’ (OMISSIS) e’ stata rigettata dalla Corte d’appello di Napoli, Sezione specializzata per la proprieta’ industriale ed intellettuale, con sentenza del 25 novembre 2011.

A fondamento della decisione, la Corte ha ritenuto che le statuine da presepe prodotte dall’attrice, opera dell’artista (OMISSIS), non possedessero i requisiti necessari per la tutela come opere dell’ingegno, non trattandosi di prodotti nei quali era riconoscibile un’opera creativa atta a rendere visibile l’impronta personale dell’autore, ma di statuette di materiale plastico destinate alla grande distribuzione ed alla riproduzione seriale a stampo, realizzate in modo palesemente dozzinale e con scarsa attenzione ai dettagli, con sbavature di colore e materiale plastico. Ribadito che l’assenza di forme, materiali o dettagli che comportassero una reale diversificazione rispetto ad analoghi prodotti presenti sul mercato impediva di attribuirvi valore artistico, ha ritenuto corretta anche l’esclusione della concorrenza sleale per imitazione servile, per mancanza di caratteri realmente individualizzanti, trattandosi di forme del tutto comuni, pienamente corrispondenti all’iconografia classica. Precisato che, nonostante la dettagliata indicazione delle differenze tra i pastori prodotti dell’attrice e quelli della convenuta, la sentenza di primo grado aveva escluso la pedissequa imitazione ed il rischio di associazione sulla base di un apprezzamento complessivo, ha confermato che nel complesso le due collezioni apparivano sufficientemente differenziate, rilevando comunque che l’appellante non aveva neppure chiarito quali fossero le caratteristiche individualizzanti del proprio prodotto, corrispondente ad una tipologia generale presente da anni sul mercato. Ha ritenuto generica la denunzia della concorrenza sleale per appropriazione di pregi e del lavoro altrui, concorrenza parassitaria e violazione di norme pubblicistiche, reputando non pertinente anche l’asserita apposizione alle statuine della dicitura “modello registrato”, comunque non corrispondente al vero, in quanto le stesse recavano alla base la sola dicitura “Italy”, accompagnata da un numero. Ha confermato infine la decisione di primo grado, nella parte in cui aveva ritenuto assorbite le questioni concernenti l’ingiustificato arricchimento ed il risarcimento dei danni.

3. Avverso la predetta sentenza l’ (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. La (OMISSIS) ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria. Il (OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. 22 aprile 1941, n. 633, articolo 1, articolo 2, n. 4 e articolo 10, nonche’ l’omessa e insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nell’escludere la configurabilita’ delle statuine come creazioni artistiche, la sentenza impugnata non ha considerato che si trattava di vere e proprie opere della scultura, in quanto le forme non svolgevano una funzione estetico-strumentale, ma esclusivamente decorativo-ornamentale. Il carattere seriale della produzione non escludeva il valore artistico della creazione, da accertarsi in riferimento alla produzione del primo esemplare originale, indipendentemente dalla sua riproducibilita’ in serie, ormai tecnicamente possibile per ogni creazione artistica, e comunque oggetto di una facolta’ esclusiva riservata all’autore. L’originalita’ delle statuine, caratterizzate da una forma e da peculiarita’ somatiche, di postura, abbigliamento ed accessori non rinvenibili in prodotti similari della tradizione presepiale, in quanto riconducibili alla personalita’ artistica dell’autore, era stata peraltro riconosciuta da una nota pubblicazione del settore, e non risultava esclusa dalla semplicita’ dell’idea, per la cui tutela poteva considerarsi sufficiente anche una modesta creativita’, inserendosi l’opera in un genere assai diffuso. Nella valutazione di tali caratteri, la sentenza impugnata non ha considerato che oggetto della protezione non e’ l’idea in se’, ma la forma espressiva in cui e’ tradotta, ed ha pertanto trascurato le particolarita’ della rappresentazione, unica nel suo genere, ed il contesto storico-culturale dell’epoca in cui le opere erano state realizzate, attribuendo rilievo preminente all’identita’ dei soggetti rappresentati ed omettendo di rilevare che l’onere di fornire la prova della mancanza di creativita’ incombeva alla convenuta.

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