Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 12 gennaio 2018, n. 658. In tema di industrial design

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3.1. Il motivo non merita accoglimento, pur dovendosi procedere, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c., alla correzione della motivazione della sentenza impugnata, nella parte riguardante la domanda d’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento.

Premesso infatti che l’omessa pronunzia da parte del giudice di merito in ordine ad una o piu’ domande proposte dalle parti integra un difetto di attivita’ da farsi valere in sede di legittimita’ non gia’ attraverso la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o, come nella specie, del vizio di motivazione, ma attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’articolo 112 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. 6, 12/01/2016, n. 329; Cass., Sez. lav., 13/06/2014, n. 13482; Cass., Sez. 5, 18/05/2012, n. 7871), si osserva che il rapporto di consequenzialita’ logica e giuridica intercorrente tra la domanda di accertamento della concorrenza sleale e quella di condanna della convenuta al risarcimento dei danni, rendendo l’accoglimento di quest’ultima incompatibile con il rigetto della prima, consente di ravvisare nella decisione adottata al riguardo in primo grado e confermata in appello un’ipotesi di assorbimento c.d. improprio, la quale esclude la configurabilita’ sia del vizio di omessa pronuncia, dovendosi ritenere che la predetta domanda sia stata implicitamente rigettata, che del vizio di omessa motivazione, consistendo quest’ultima per l’appunto nell’affermazione dell’assorbimento improprio della relativa questione (cfr. Cass., Sez. 1, 27/12/2013, n. 28663; Cass., Sez. 5, 16/05/2012, n. 7663).

L’autonomia della domanda proposta ai sensi dell’articolo 2041 cod. civ. rispetto a quelle di accertamento della concorrenza sleale e di risarcimento dei danni impone invece di escludere che il rigetto di queste ultime abbia determinato l’assorbimento della prima; peraltro, non potendo la stessa trovare fondamento nei medesimi fatti dedotti a sostegno delle altre domande, la sua proposizione avrebbe richiesto l’allegazione della vicenda che avrebbe determinato l’ingiustificata locupletazione della convenuta a danno dell’attrice, la cui mancata individuazione, comportando la genericita’ e quindi l’inammissibilita’ della domanda, escludeva il dovere di adottare una decisione al riguardo (cfr. Cass., Sez. 1, 31/12/2013, n. 28812; 31/03/2010, n. 7951; Cass., Sez. 3, 20/03/2006, n. 6094).

4. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, che si liquidano come dal dispositivo. La mancata costituzione dell’intimato esclude invece la necessita’ di provvedere al regolamento delle spese processuali nei rapporti con lo stesso.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

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